Il 5 settembre scorso la Commissione per la Nomenclatura della Meteoritical Society ha ufficializzato nome e tipologia della meteorite ritrovata il giorno di Capodanno 2020 grazie ai calcoli della rete PRISMA (Prima Rete Italiana per la Sorveglianza sistematica di Meteore e dell’Atmosfera), una collaborazione promossa e coordinata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
Il nome “CAVEZZO” fa riferimento al luogo dove sono stati ritrovati i frammenti, in provincia di Modena.
La classificazione: si tratta di una Condrite L5, cioè con basso contenuto di ferro, che presenta però delle caratteristiche peculiari tali da essere considerata anomala. È finora unica nel suo genere tra le oltre 64.000 meteoriti catalogate.
«La particolarità di questa meteorite è dovuta a vari fattori tra cui la forte dicotomia fra la composizione dei silicati e la esigua quantità di metallo nonché la rilevante presenza di clinopirosseni. Ma la caratteristica più sorprendente è la marcata differenza minero-petrografica che si riscontra nei due frammenti rinvenuti» sottolinea Giovanni Pratesi, geologo dell’Università di Firenze, responsabile delle analisi di laboratorio effettuate sui campioni di “Cavezzo”.
«Cavezzo è la prima meteorite italiana tra le appena venti al mondo recuperate grazie a precisi calcoli effettuati da un sistema di sorveglianza dedicato. Questo già di per sé rende il ritrovamento un evento di eccezionale importanza scientifica» dice Daniele Gardiol, dell’INAF di Torino e Coordinatore nazionale della rete PRISMA. «Sapere che si tratta inoltre di una meteorite molto rara ci riempie ancora di più di orgoglio e soddisfazione».
I calcoli per il ritrovamento della meteorite e i risultati delle analisi di laboratorio sono oggetto di due articoli in corso di pubblicazione su riviste scientifiche specializzate di rilevanza internazionale.
LA RETE PRISMA
Il progetto PRISMA (Prima Rete Italiana per la Sorveglianza sistematica di Meteore e Atmosfera), promosso dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), è basato su una rete di videocamere all-sky, installate in diverse località del territorio italiano, da dedicare all’osservazione di meteore brillanti – i cosiddetti “bolidi” – con il fine di determinare le orbite degli oggetti che le provocano e delimitare con un buon grado di approssimazione le aree dell’eventuale caduta di meteoriti, che può essere associata a questi eventi.
La cosiddetta “prima luce”, cioè il debutto operativo del progetto, è avvenuto all’inizio del mese di marzo 2017. Attualmente sono installate e in funzione oltre quaranta videocamere su tutto il territorio nazionale, acquistate da diversi enti (tra cui alcune grazie al sostegno della Fondazione CRT che supporta il progetto nel suo complesso), tutte con le stesse caratteristiche in modo da rendere scientificamente confrontabili i dati da esse acquisiti. Fanno parte della rete oltre 60 enti e associazioni pubbliche e private di varia tipologia (osservatori astronomici professionali e amatoriali, dipartimenti universitari, istituti scolastici, associazioni culturali).
L’obiettivo finale del progetto è quello di creare una rete di stazioni osservative, con maglie che non superino i 100 km di ampiezza, che si estenda su tutta l’Italia e che coinvolga soggetti pubblici e privati impegnati nella ricerca scientifica, nella divulgazione della scienza, nell’insegnamento. La rete, seppure ancora in fase di ulteriore sviluppo, già si interconnette con un analogo programma internazionale già in funzione in alcuni paesi europei, tra cui Francia, Germania e Olanda.
LA METEORITE “CAVEZZO”
In Italia si ha notizia di una quarantina di ritrovamenti di meteoriti negli ultimi secoli, tutti casuali eccetto la meteorite “Cavezzo”, caduta il giorno di Capodanno del 2020 e ritrovata qualche giorno dopo proprio sulla base delle indicazioni fornite da PRISMA.
Si tratta infatti del primo esempio italiano (e uno dei pochissimi a livello internazionale) nel quale si è potuto prevedere la zona di caduta del corpo celeste e il ritrovamento dopo breve tempo rendendo possibile l’esame scientifico di una “meteorite fresca”, cioè caduta da poche ore e quindi pressoché incontaminata dall’ambiente terrestre. Gli studi, in corso presso l’Università di Firenze e il Laboratorio del Monte dei Cappuccini di Torino, condurranno in breve tempo alla pubblicazione di altri lavori scientifici oltre a quelli già inviati a riviste scientifiche internazionali.