Astrazeneca ha annunciato l’aggiornamento a 4 anni dei risultati dello studio di Fase III PACIFIC che confermano il beneficio di sopravvivenza globale (OS) e sopravvivenza libera da progressione (PFS) prolungato e clinicamente significativo nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile trattati con durvalumab, che non siano precedentemente andati incontro a progressione a seguito della chemio-radioterapia concomitante (cCRT).
Oggi un paziente su tre con NSCLC riceve la diagnosi di carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III, un setting dove la maggior parte delle volte il tumore non è più resecabile (non può essere rimosso chirurgicamente). Prima dell’approvazione di durvalumab in questo setting, per decenni la chemio-radioterapia (CRT) è stata l’unica opzione di trattamento disponibile per questi pazienti.
I risultati aggiornati delle analisi post-hoc hanno mostrato un tasso di sopravvivenza globale (OS) stimato a quattro anni del 49,6% per durvalumab rispetto al 36,3% per il placebo dopo CRT. L’OS mediana è stata di 47,5 mesi per durvalumab rispetto a 29,1 per il placebo. Con un trattamento della durata massima di un anno, circa il 35,3% dei pazienti trattati con durvalumab non è andato in progressione dopo quattro anni, rispetto al 19,5% dei pazienti trattati con placebo. Questi dati consolidano quanto già pubblicato sul The New England Journal of Medicine nel 2018 in cui si dimostrava già un vantaggio significativo per durvalumab nell’endpoint primario dell’OS.
“In passato solo il 15-30% dei pazienti con tumore polmonare localmente avanzato e non candidabile a chirurgia sopravviveva a cinque anni e nella maggior parte di questi la malattia progrediva allo stadio metastatico” ha commentato Silvia Novello, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e Presidente WALCE-Women Against Lung Cancer. “L’aggiornamento dei dati dello studio PACIFIC presentati nell’ambito del Congresso ESMO dimostra che il 49,6% dei pazienti trattati con durvalumab a quattro anni sia ancora vivo e che il 35% non sia andato incontro a progressione, confermando la possibilità di perseguire un intento curativo in questo setting di malattia”.
“Lo stadio III del carcinoma polmonare non a piccole cellule è un setting complesso, il cui trattamento non può prescindere dal coinvolgimento di un team multidisciplinare che comprenda almeno oncologo, chirurgo e radioterapista per l’adeguata identificazione e la corretta gestione dei pazienti affetti da questa malattia”, ha aggiunto Umberto Ricardi, Direttore del Dipartimento di Oncologia e della Struttura Complessa Universitaria di Radioterapia della Città della Salute e della Scienza di Torino.” I dati a quattro anni dello studio PACIFIC confermano ulteriormente l’importanza di una forte collaborazione tra le varie figure di specialisti per offrire a tutti i pazienti la possibilità di un trattamento ad intento curativo”.
Durvalumab è approvato in Italia per il trattamento con intento curativo del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio III non resecabile e ha ricevuto l’approvazione europea per il trattamento di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC).