Premio Nobel, “usavo Houghton come ghost writer”: il racconto dello scienziato italiano

Abrignani ha condiviso con lui anche l'importante scoperta "del recettore del virus CD81, cioè della porta d'ingresso del virus nelle cellule umane. Pubblicammo su Science nel 1998"
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Uno siciliano, l’altro “british fino al midollo”. Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’università degli Studi di Milano, è una miniera di aneddoti su Michael Houghton, scienziato britannico oggi trapiantato in Canada, fresco di premio Nobel 2020 per la Medicina, condiviso con i due colleghi americani Harvey J. Alter e Charles M. Rice per la scoperta del virus dell’epatite C.

Sono amici fraterni – racconta all’Adnkronos Salute – hanno lavorato insieme a San Francisco alla Chiron, “una delle prime aziende biotech al mondo”, hanno condiviso il miraggio di un vaccino contro l’epatite C e firmato una ventina di studi insieme, di cui “uno solo io e lui su Nature nel 2005 in cui facevamo un report un po’ triste delle prospettive su un’iniezione scudo che non ci sarebbe mai stata”. Abrignani ha condiviso con lui anche l’importante scoperta “del recettore del virus CD81, cioè della porta d’ingresso del virus nelle cellule umane. Pubblicammo su Science nel 1998″. E’ questo uno dei lavori a firma di Abrignani più citati. Ma c’è di più nel rapporto che lo lega a Houghton: un enorme fattore umano. Tanto che lo scienziato italiano lo usava come ‘ghost writer’ per le lettere più difficili, quelle con cui doveva mandarle a dire a qualcuno in inglese.

Gli chiedevo aiuto non essendo madrelingua – ricorda – Una lettera di insulti senza insultare, era la richiesta. E lui era imbattibile. Attaccava con ‘Mi addolora il doverti dire che’, poi seguiva una caterva di insulti garbati e finiva dicendo che ‘la continuazione di questa collaborazione non sarebbe di nessun vantaggio per nessuno dei due’. Queste lettere le ho conservate e ogni volta che le rileggo sorrido”.

Dai racconti di Abrignani emergono sprazzi di vita da Nobel e la storia di un’amicizia. Quando lui, giovane ricercatore italiano di belle speranze, traslocò negli States in California, ancora senza residenza né carta di credito Usa, fu proprio Houghton a ‘garantire’ per lui per il contratto dell’energia elettrica. “Ci presentammo insieme alla compagnia dell’elettricità e Houghton firmò che se non pagavo rispondeva lui. Da allora ci scherzava sopra e mi chiedeva: hai pagato la bolletta?“. O ancora, lo scienziato italiano racconta di “quella volta che nel 2002 organizzammo un convegno insieme, Houghton, Rice (altro Nobel 2020 per la Medicina, ndr) e io”. Bravissimi scienziati, li definisce. E di Houghton in particolare, visto il rapporto, dice: “E’ una gran persona, ha dato un contributo immenso alla medicina del Novecento. Non si trattava di capire se gli avrebbero dato il Nobel, ma quando. Perciò gli ho scritto un messaggio oggi: ‘Alla fine lo hai preso’, era l’incipit“, non a caso.

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