La sottostima del rischio vulcanico ai Campi Flegrei e al Somma-Vesuvio in tempi di riposo eruttivo: L’esempio della seconda ondata di Covid

La prevenzione, la preparazione, la mitigazione e la risposta sono le misure tempestive che un Governo e i suoi esperti devono valutare con anticipo per determinare se un fenomeno naturale incombente si possa sviluppare in un’esperienza sopportabile di un evento localizzato oppure in un disastro catastrofico a larga scala
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Gli apparati vulcanici attivi del Somma-Vesuvio (SV) e dei Campi Flegrei (CF) si trovano nella parte meridionale della Piana Campana, un’area vulcano-sedimentaria lunga circa 50 km e larga 20 km, limitata a nord, est e sud dalla catena appenninica e ad ovest dal Golfo di Napoli [7]. La maggior parte della Piana meridionale è interessata da attività vulcanica, di età inferiore a 39.000 anni, quando si verificò, la maggiore eruzione nell’area, nota come Ignimbrite Campana (IC), l’ultima di una serie di almeno 6 eventi erutttivi ignimbritici fissurali, verificatisi nell’intervallo cronologico 300.000 – 39.000 anni [5,12].

L’attività dell’edificio più antico, il Somma, è iniziata dopo 39.000 anni, come indicato dalle sue colate laviche basaltiche a leucite, che, sovrapposte ai prodotti dell’IC (3], hanno formato, nell’arco di almeno 10.000 anni, lo strato-vulcano con altezza di circa 2.000 m. Il Somma, fu poi demolito, con formazione di una caldera sommitale, da almeno otto eruzioni pliniane e sub-pliniane (con indice di esplosività vulcanica – VEI, 4-5), fino a che, successivamente all’eruzione del 472 AD, all’interno della caldera del Somma, si è formato il cono del Vesuvio [11]. Erroneamente, quindi, l’eruzione del 79 AD, che distrusse Pompei, viene attribuita al “Vesuvio”, il quale, al momento dell’eruzione che distrusse Pompei, semplicemente non esisteva. L’ultimo evento eruttivo a carattere sub-pliniano è stata l’eruzione del 1631, che demolì il cono vesuviano di almeno 400 m. Il ciclo eruttivo del 1631 si è concluso con l’eruzione interpliniana del 1944 [10].

Il campo vulcanico dei Campi Flegrei (CF) è l’espressione degli ultimi 15.000 anni di attività. La formazione della caldera dei CF è dovuta all’eruzione di circa 15.000 anni (nota come eruzione del Tufo Giallo Napoletano [14]. A questa eruzione, ha fatto seguito un’intensa attività post-calderica, con l’ultima piccola eruzione nel 1538 AD, alla quale si deve la formazione del Monte Nuovo. Il campo vulcanico dei CF si compone di 35 piccoli centri eruttivi-coni vulcanici, all’interno di un’area calderica del diametro di circa 16 km, centrata nella zona di Pozzuoli.

E’ noto che il rischio vulcanico associato ai due apparati vulcanici è essenzialmente dovuto all’azione distruttiva, in aree prossimali ai centri eruttivi, dei flussi piroclastici. Per questo tipo di rischio, l’unica difesa per la popolazione residente all’interno di una zona calderica (CF) o alla base e lungo le pendici di un vulcano (SV), prevista dai Piani della Protezione Civile, è l‘evacuazione della popolazione dell’area a maggior rischio, delimitata dalle cosiddette Zone Rosse, al manifestarsi di segnali precursori di un’eruzione. Considerata l’importanza fondamentale di questo problema, viene discussa criticamente, la delimitazione delle Zone Rosse nei due distretti vulcanici così come previsto dal Dipartimento della Protezione Civile Italiana (DPC) e dai suoi “esperti”.

Le tragedie verificatesi in tempi recenti e passati in aree interessate da rischio vulcanico, mettono in evidenza che le decisioni dei Tecnici/Scienziati della DPC, dovrebbero essere assunte sulla base di evidenze scientifiche desunte dal comportamento passato dei vulcani, e non sulla base di “convenienze/opportunità” dettate dalle scelte politiche. La natura rispetta solo i propri parametri e non ha la “tessera” di alcun partito politico. A riprova di ciò basterebbe riguardarsi l’esilarante sketch di Crozza in occasione dell’alluvione di Genova, nel quale il comico concludeva dicendo: “…certo che la Natura è proprio una “stronza” ad ostinarsi a non seguire quanto previsto dal modello matematico….”.

I flussi piroclastici associati a un futuro evento esplosivo, sia Flegreo che Vesuviano, rappresentano un grave rischio per la popolazione e le città situate alle pendici del SV o all’interno e all’esterno della caldera dei CF. Poiché le popolazioni sono esposte ad un rischio diverso per potenziale invasione di flussi piroclastici, le mappe del rischio dovrebbero dare un’idea generale delle aree che potrebbero essere invase da queste correnti piroclastiche, e, allo stesso tempo, dovrebbero dare una percezione di sicurezza anche alle persone che vivono al di fuori delle aree a rischio.

Le nostre ipotesi di delimitazione della Zona Rossa per il SV [8] sono discordanti rispetto alle Zone Rosse delimitate dagli “esperti” di cui si avvale il DPC dal 1995 al 2014. Basti osservare che l’ultima mappa elaborata dal DPC nel 2014 che delimita l’area potenzialmente interessata da invasione totale di flussi piroclastici, segue ancora una volta una geometria “politica”, in continuità con la precedente delimitazione del 2004. Allo stesso modo, le aree periferiche potenzialmente interessate da depositi da caduta, risultano ancora confinate entro limiti amministrativi comunali, così come lo prevedevano le precedenti mappe del DPC del 2004. Alla luce di tutto ciò sarebbe il caso di porre alcune domande agli “esperti” della DPC: (a) Se la Zona Rossa è l’area dalla quale dovrebbe essere evacuata preventivamente la popolazione (circa 700.000 persone) a rischio immediato per invasione da flussi piroclastici, perché non vengono rispettati criteri scientifici basati sull’estensione in sicurezza delle aree invase da flussi piroclastici durante le eruzioni pliniane e sub-pliniane del passato? (b) È mai possibile delimitare aree a rischio di invasione da flussi piroclastici e da caduta in funzione dei limiti amministrativi comunali?

Riteniamo, in definitiva, che per la salvaguardia della vita di centinaia di migliaia di cittadini dovrebbero essere apportate modifiche sostanziali rispetto all’attuale geometria “politica” utilizzata per la delimitazione della Zona Rossa del Vesuvio, che dovrebbe, al tempo stesso, essere molto più estesa verso ovest, fino a comprendere, gran parte del territorio comunale orientale di Napoli [1,13].

Per i CF, è stato evidenziato che l’apparato vulcanico è interessato da un continuo degassamento del magma, con fratturazioni nella zona di transizione fragile-duttile, determinato da un sistema magmatico-idrotermale [2,4,6,9]. Dovrebbero essere previsti piani di emergenza, per potenziali eruzioni con diversi indici di esplosività (VEI), così come accaduto in passato (es. eruzioni delle Pomici Principali di 13.000 anni fa di VEI 5, e di Agnano-Monte Spina di circa 4.000 anni fa di VEI 4-5). Per evitare confusione, sarebbe più appropriato creare distinte mappe di pericolosità per eruzioni con VEI diversi. Queste mappe separate potrebbero essere aggregate per produrre una valutazione generalizzata del rischio considerando tutte le possibilità, sempre basandosi, su quanto verificatosi nel passato geologico.

Una ulteriore importante problematica, legata al rischio vulcanico del SV e dei CF, si prefigura nel fuorviante messaggio dato alla popolazione, secondo il quale il DPC e suoi “esperti”, sarebbero in grado di prevedere un’eruzione con giorni, se non settimane in anticipo. Che ciò possa verificarsi è una possibilità, ma non viene spiegato che questa non è l’unica possibilità. E’ solo una ipotesi ottimistica, potendosi verificare anche una eruzione improvvisa con pochissimo “preavviso”. E’ evidente che, nel caso più pessimistico di un’eruzione improvvisa, con pochissimo “preavviso”, l’unico modo per sfuggire a una ecatombe è avere la disponibilità di ampie vie di fuga. A questo proposito il piano di evacuazione di emergenza é completamente insufficiente. Nella sostanza, si “prepara” l’emergenza prendendo in considerazione solamente l’ipotesi più ottimistica (segnali precursori che preannuncino l’eruzione con largo anticipo), scartando quella più pessimistica (eruzione improvvisa in tempi molto ristretti: 24-48 ore). Il tutto, dimenticando anche che è possibile una ulteriore “complicazione” insita in un falso allarme. Può, infatti, accadere che a fronte di segnali “precursori”, non si verifichi alcuna eruzione.

In definitiva, riteniamo, che le valutazioni del rischio vulcanico da invasione da flussi piroclastici siano molto carenti per il SV, sul piano prudenziale a salvaguardia della vita di centinaia di migliaia di cittadini e alquanto sopravvalutate per i CF. Così ad esempio, per il SV, la carenza di previsione di un’ampia fascia di sicurezza nella mappa ufficiale del rischio da flussi piroclastici, sembra paradossale; ciò perché anche l’ultimo Piano (2014) del DPC, conferma sostanzialmente quanto previsto nel Piano precedente (2004)…. salvo poi collocare una struttura pubblica come l’Ospedale del Mare in piena Zona Rossa. Vale la pena ricordare che la posizione attuale dell’Ospedale, a 7 km di distanza dal cratere del Vesuvio, era originariamente prevista alla distanza di 12 km dal cratere, del tutto in sicurezza rispetto ai flussi piroclastici. Per scelta politica si decise di costruirlo nell’attuale posizione, preferendo ubicare nel sito originario a 12 km dal cratere, un Centro Commerciale.

In questo contesto, vale la pena di evidenziare una serie di ulteriori punti deboli nella gestione del rischio vulcanico al SV e CF, vale a dire la mancanza di una efficace informazione alla popolazione residente nelle aree a rischio vulcanico, in merito alle oggettive difficoltà nella “previsione” di eruzioni di apparati vulcanici complessi quali il SV e i CF, e nello stesso tempo la trasmissione alla popolazione a rischio di messaggi/segnali contraddittori. In tale ottica, la costruzione dell’Ospedale del Mare in piena Zona Rossa, costituisce un devastante messaggio contraddittorio e diseducativo da parte della politica e soprattutto dell’acquiescente componente scientifica, completamente prona alle decisioni politiche. Come possono essere credibili, rispetto all’opinione pubblica, politici e scienziati, che da un lato tentano di “giustificare” la costruzione del più grande Ospedale dell’Italia meridionale, in piena Zona Rossa e dall’altro, di convincere la popolazione a “ricollocarsi” in aree a minor rischio? Vogliamo ricordare che nella Zona Rossa, i vani abitativi, sono passati dai circa 450.000 degli anni 50 agli attuali circa 800.000 (molti dei quali frutto di abusivismo edilizio, di volta in volta “sanati” con salvifici condoni edilizi negli anni). Ma come si fa a disincentivare l’incremento abitativo (compreso quello abusivo) nella Zona Rossa, se poi sono le Istituzioni, con il silenzio/assenso degli scienziati, a costruirci dentro un’opera pubblica come l’Ospedale del Mare? Che in caso di emergenza eruzione, dovrebbe essere una struttura di primaria utilità per la popolazione disperatamente bisognosa di cure, non certo una struttura da evacuare.

In considerazione delle difficoltà nel prevedere un’eruzione, e dell’impossibilità di ricollocare, fuori dalla Zona Rossa, circa 700.000 persone che vivono a rischio immediato al suo interno, sarebbe fondamentale, quindi, programmare la costruzione di ampie vie di fuga, distribuite radialmente dal cratere verso le aree più esterne fino ad una distanza minima di 12 km, per consentire una rapida fuga (entro 24 ore) della popolazione verso la salvezza. Sotto questo profilo il SV, è un vulcano buono, che ci sta dando tutto il tempo per “provvedere” con opere accorte di prevenzione alla salvaguardia della popolazione. Ma tutti, tranquillamente, fanno finta di ignorare che il Vesuvio è un vulcano attivo e che prima o poi, smetterà di “fare il buono”, determinando una potenziale ecatombe con i suoi flussi piroclastici. Può sembrare paradossale, ma in una certa misura il problema della mancanza di consapevolezza del tempo che il “Vesuvio buono”, sta concedendo alle Autorità di provvedere ad azioni preparatorie sul territorio in caso di una improvvisa eruzione, è molto simile a quello che si sta attualmente verificando con l’emergenza Covid. Dopo l’emergenza primaverile, ci è stata concessa una pausa di 4-5 mesi, per prepararci adeguatamente alla preannunciata seconda ondata epidemica. Ma sembra proprio che la tregua concessaci sia stata completamente “sprecata” nell’illusione ottimistica che il peggio fosse ormai alle spalle. La seconda ondata di diffusione del Covid, si è ripresentata e ora ne paghiamo il conto. Riteniamo che allo stesso modo l’impreparazione di oggi sarà duramente pagata dalla popolazione, quando il Vesuvio smetterà di essere “buono”, riprendendo la pessima abitudine di riprendere la sua, fisiologica, attività eruttiva esplosiva…

Per convincere i politici ad avere una visione per decisioni benefiche a lunga distanza, non privilegiando solo la ricerca del consenso elettorale immediato, sarebbe necessaria una campagna mediatica di scienziati, dello stesso tipo di quella condotta dalla scrittrice Matilde Serao alla fine dell’800 per convincere i politici del suo tempo a “sventrare” Napoli, con la costruzione di grandi arterie stradali, abbattendo edifici della vecchia Napoli, sovraffollata. Tale operazione era ritenuta necessaria per migliorare le pessime condizioni igieniche della città, dove erano frequenti i casi di colera e altre epidemie. Alla fine la campagna della Serao ebbe successo, con l’operazione nota come “Risanamento di Napoli” (anche se il modo in cui fu realizzata, con connessi scandali speculativi, non incontrò l’accordo della stessa Serao). Lo stesso concetto di “risanamento” (sperabilmente, non accompagnato dalle stesse speculazioni dell’inizio 900…) dovrebbe essere messo in atto per le Zone Rosse del SV e dei CF.

Diventerà mai realtà, il sogno di vedere i politici con il forte sostegno dei vulcanologi, prendere decisioni volte alla salvaguardia della vita di centinaia di migliaia di persone che vivono a rischio nei Campi Flegrei e nell’area del Somma-Vesuvio, pianificando e costruendo ampie vie di fuga per consentire alle persone di evacuare dalle Zone Rosse in meno di 24 ore? Solo il tempo, gli eventi naturali, fisiologici, dei vulcani che non hanno tessera di partito, e scienziati, con un’etica professionale meno acquiescente ai voleri della politica, saranno in grado di dircelo!

Bibliografia

1.Alberico I. et al., 2011. Nat. Hazards Earth Syst. Sci. 11, 1057-1070. 2. Bodnar R.J. et al., A., 2007. Geology 35, 791-794. 3. Brocchini D. et al., 2001. Mineral. Petrol. 73, 67-91. 4. Cannatelli C. et al., 2020. In: “Vesuvius, Campi Flegrei, and Campania volcanism” (De Vivo B. et al., Eds), Elsevier, Chapt 15, 407-433. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-816454-9.00015-8. 5. De Vivo B. et al., 2001. Mineral. Petrol. 73, 47-65. 3-31. 6. De Vivo B. and Lima A., 2006. In: “Volcanism in the Campania Plain: Vesuvius, Campi Flegrei and Ignimbrites” (De Vivo B., Edt). Developments in Volcanology, vol. 9. Elsevier, pp. 289-317. 7. De Vivo B. et al., 2020. In: “Vesuvius, Campi Flegrei, and Campania volcanism” (De Vivo B. et al., Eds), Elsevier, Chapt 1, 1-8. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-816454-9.00011-0. 8. De Vivo B. and Rolandi G., 2020. In: “Vesuvius, Campi Flegrei, and Campania volcanism” (De Vivo B. et al., Eds), Elsevier, Chapt 17, p. 471-493. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-816454-9.00017-1. 9. Lima A. et al., 2009. Earth Sci. Rev. 97, 44-58. 10. Pesce A. e Rolandi G., 1994. Comune di S. Sebastiano al Vesuvio, Ed. Giglio. 11. Rolandi G. et al., 1998. J. Volcanol. Geotherm. Res. 82, 19-52. 12. Rolandi G. et al., 2003. Mineral. Petrol. 79, 13. Rolandi G., 2010. J. Volcanol. Geotherm. Res. 129, 291-319. 14. Rolandi G. et al., 2020. In: “Vesuvius, Campi Flegrei, and Campania volcanism” (De Vivo B. et al., Eds), Elsevier, Chapt 11, 273-291. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-816454-9.00017-1.

A cura di

Benedetto De Vivo, Professore Straordinario presso l’Università Telematica Pegaso, Napoli; Adjunct Prof.: presso Virginia Tech, Department of Geosciences, Blacksburg 24061, VA, USA; Nanjing University, Nanjing, Cina; Hubei Polytechnic University, Huangshi, Cina. Già Prof. Ordinario di Geochimica Ambientale presso l’Università di Napoli Federico II. 2019 Gold Medal Award dell’Association of Applied Geochemistry; 2020 International Research Award as Innovative Researcher in Applied Geochemistry (by RULA AWARDS & IJRULA); In Lista di University Manchester, UK, tra i Top Italian Scientists (nella Disciplina Natural & Environmental Sciences), 2019, e di

Giuseppe Rolandi, già Prof. Ordinario di Vulcanologia presso l’Università di Napoli Federico II

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