Il devastante terremoto di magnitudo 7.0 della scala Richter che alle 12:51 ha colpito il mare Egeo, ha causato un maremoto che ha fatto subito scattare l’allerta tsunami. “All’inizio non si mai abbastanza bene cosa potrà succedere – spiega Alessandro Amato, sismologo dell’Ingv – . L’allerta viene stabilita sui parametri del terremoto, quindi si lancia la prima allerta senza sapere se lo tsunami si sia generato o meno. Nel caso di oggi è stata emanata 8 minuti dopo l’evento sismico e abbiamo inviato il primo messaggio di allerta alla Protezione Civile. Per l’Italia il codice era verde”. L’allerta tsunami rossa prevede la possibilità di onde superiori al metro, quella arancio, invece, viene emanata in caso di onde inferiori ad un metro, mentre quella verde è riferita ad onde di bassissima entità. “Abbiamo dunque emanato l’allerta rossa per la zona intorno all’epicentro – precisa ancora l’esperto –, quella arancio per una zona più ampia, e infine quella verde per tutto il resto del Mediterraneo, Italia inclusa”.
Tutto ciò, dunque, viene valutato nei primissimi minuti successivi al terremoto. In seguito “si osservano i dati del mare – spiega Amato -, e questa operazione viene avviata nell’immediato, ma dato che i mareografi (strumento che registra le variazioni del livello del mare e ne stabilisce il valore medio in un determinato luogo e in un determinato periodo, ndr) sono distribuiti uno ogni 100 – 200 km, abbiamo dovuto attendere oltre un’ora per avere una conferma strumentale che effettivamente lo tsunami si fosse generato. Intanto, dalle notizie che arrivavano e da foto e video che già circolavano, ci siamo resi conto che c’erano state diverse inondazioni e il mare si era ritirato in più punti. Quando abbiamo visto che nel primo punto di osservazione, a Syros, c’era una piccola anomalia del livello del mare abbiamo capito che lo tsunami si era generato. Per quanto ne sapevamo, dunque, poteva esserci qualcosa di più forte altrove, con correnti anche superiori al metro”.
“Il problema di queste onde – precisa il sismologo – non è tanto l’altezza, ma è l’invasione delle coste: in alcuni punti il mare è entrato anche per due o trecento metri. Il primo messaggio di conferma, dunque, lo abbiamo avuto e diffuso un’ora e un quarto dopo il terremoto. Poi un altro un’ora dopo, quando avevamo il quadro completo dei dati dei mareografi della zona turca”.
Allo stato attuale, la situazione qual è? E’ ancora preoccupante? “Non abbiamo ancora chiuso l’allerta perché si attende che le oscillazioni del mare tornino com’erano prima, ma nel momento in cui tutto rientrerà nella norma chiuderemo l’allerta, con molta probabilità entro stasera”. “Un alto rischio per l’Italia oggi non c’è stato – precisa l’esperto -, ma sarebbe bastata una magnitudo più alta per emanare un’allerta di livello arancione per il nostro Paese, più che altro per cautela perché questo tipo di maremoti sono pericolosi, sebbene non siano alti. Sulle coste il rischio c’è. Abbiamo visto video con persone in spiaggia intente a riprendere con gli smartphone, e in questi casi il pericolo c’è ed è concreto“, conclude Alessandro Amato.
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