Tumori urologici, la nuova chirurgia è conservativa: nel 40% dei casi l’organo malato non si asporta più

L’obiettivo principale è contrastare al meglio la malattia, salvaguardando nello stesso tempo quelle funzioni fisiologiche che più fortemente coinvolgono la qualità della vita del paziente
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La chirurgia urologica in oncologia sta portando ottimi risultati dal punto di vista dell’efficacia e della sicurezza. Ogni anno in Italia circa il 40% dei pazienti con patologia oncologica urologica che fino a qualche anno fa si doveva sottoporre ad interventi che comportavano l’asportazione di un organo (prostata, rene o vescica), oggi può giovarsi di una terapia conservativa volta alla preservazione d’organo. È la cosiddetta chirurgia conservativa, quell’insieme di trattamenti, prevalentemente gestiti con i robot, che puntano a salvare l’organo o la ghiandola colpita dalla neoplasia, invece che asportarlo. L’obiettivo principale è contrastare al meglio la malattia, salvaguardando nello stesso tempo quelle funzioni fisiologiche che più fortemente coinvolgono la qualità della vita del paziente: dalla continenza alle capacità di erezione ed eiaculazione.

Oggi i tumori della prostata, dei reni e della vescica prevedono valide alternative alla chirurgia radicale di tipo conservativo. Dalla terapia focale agli ultrasuoni per la prostata, alla terapia ‘trimodale‘ (chemioterapia, radioterapia e resezione endoscopica) dedicata alla vescica, si passa poi al grande ruolo della robotica e al suo veloce sviluppo degli ultimi 10 anni.

Se ne parla oggi al 93° Congresso Nazionale della SIU, la Società Italiana di Urologia, in corso a Roma sia in presenza che virtuale. Per quanto riguarda, ad esempio, il tumore della prostata un trattamento mirato, affermano gli esperti, che non ne comporti l’asportazione è la terapia focale con utilizzo di ultrasuoni ad alta intensità: “Sembra avere risultati oncologici soddisfacenti, senza portare a una compromissione funzionale – fa notare Francesco Porpiglia, Ordinario di Urologia dell’Università degli Studi di Torino e Responsabile dell’Ufficio Scientifico della SIU -. Viene effettuato mediante una sonda ecografica transrettale dedicata, in grado di emettere speciali ultrasuoni che provocano la morte delle cellule tumorali. La degenza postoperatoria è di 24-48 ore e gli effetti collaterali in termini di sintomatologia irritativa o ostruttiva (getto debole o urgenza minzionale) sono minimi. Nessun problema si riscontra sull’erezione e sull’eiaculazione. A 5 anni di follow-up la sopravvivenza cancro specifica può raggiungere il 99%”. Stessa “filosofia” medica anche per quanto riguarda il tumore del rene e quello della vescica.

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