Tumori: “Vaccinazione anti-influenza solo per il 19% dei pazienti: l’immunizzazione sia estesa a tutti i malati, è un presidio contro il Covid”
“Va somministrata anche a familiari e caregiver. Necessario aumentare le coperture tra il personale sanitario, solo uno su quattro aderisce alle campagne”
Troppo poche persone colpite da cancro si vaccinano contro l’influenza. E, negli ultimi 10 anni, questa percentuale è in costante diminuzione. Nelle stagioni 2006/2007 e 2007/2008, la percentuale di pazienti oncologici vaccinati (tra i 18 e i 64 anni) era, rispettivamente, pari al 26% e 21%. Nelle campagne vaccinali del 2016/2017 e 2017/2018, la copertura è scesa al 19%. La contemporanea circolazione del virus influenzale e di Covid-19, caratterizzati da una sintomatologia respiratoria in parte sovrapponibile, pone gravi problematiche gestionali cliniche e organizzative, che possono mettere ancor più sotto pressione il sistema sanitario. Per questo l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) raccomanda che i malati oncologici, i familiari, i caregiver e le persone che vivono a stretto contatto con chi è colpito da neoplasia si vaccinino contro l’influenza stagionale. È quanto si legge nelle “Raccomandazioni per la Vaccinazione Anti-Influenzale e Anti-Pneumococcica in Oncologia”,redatte da AIOM e aggiornate in relazione alla pandemia da Covid-19. Il documento è presentato oggi in una conferenza stampa virtuale, alla vigilia del XXII Congresso Nazionale della Società Scientifica. In particolare, l’immunizzazione, anche contro lo pneumococco, è fortemente consigliata al paziente in corso di trattamento attivo (con chemioterapia o terapie biologiche). L’immunizzazione va poi proposta, come al resto della popolazione non oncologica, ai pazienti liberi da patologia dopo cinque anni dal completamento di un trattamento oncologico attivo e a chi è stato sottoposto a chirurgia curativa, che non richieda un successivo trattamento medico.
“La vaccinazione anti-influenzale quest’anno è davvero fondamentale, non solo per i pazienti oncologici – sottolineano Giordano Beretta (Presidente AIOM) e Saverio Cinieri (Presidente Eletto AIOM) -. Vaccinarsi significa ridurre il rischio di complicanze legate all’influenza, come le polmoniti batteriche, o di peggioramento di altre malattie pregresse o in corso. Inoltre, rafforza le protezioni in caso di contagio da Covid-19. Un organismo debilitato dall’influenza rischia conseguenze più serie, se dovesse contrarre nello stesso momento, o in seguito, anche il coronavirus. È quanto è avvenuto durante la fase iniziale della pandemia in Cina, dove le persone che presentavano una co-infezione sono andate incontro a una malattia più grave. Studi clinici, inoltre, hanno dimostrato come la vaccinazione anti-influenzale abbia un impatto sulla riduzione della mortalità da coronavirus soprattutto nei pazienti più fragili. E nei più giovani rende meno grave la patologia. Anche in Italia si sono verificati meno decessi, proprio dove i tassi di vaccinazione sono stati più elevati. In base a queste evidenze scientifiche, come AIOM raccomandiamo con ancora più forza ai sanitari e alle associazioni dei pazienti uno sforzo comune, per ottenere una copertura vaccinale il più possibile capillare”. AIOM è stata la prima società scientifica al mondo, nel 2014, a stilare le Raccomandazioni per la vaccinazione antinfluenzale nei pazienti oncologici. Sono circa 3,6 milioni i cittadini in Italia vivi dopo la diagnosi di cancro, con un incremento del 37% rispetto a 10 anni fa.
“Storicamente il vaccino antinfluenzale è sempre stato quello maggiormente rifiutato dalla popolazione e, paradossalmente, proprio da coloro che invece dovrebbero promuoverlo – afferma Paolo Pedrazzoli, Direttore Struttura Complessa di Oncologia Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo di Pavia -. Infatti, solo il 15-20% degli operatori sanitari si vaccina ogni anno contro l’influenza. Poiché la percentuale di cittadini protetta dal virus a seguito della vaccinazione è compresa tra il 55 e il 75%, con i valori più bassi proprio nei pazienti sottoposti a cure oncologiche, è importante che si immunizzi il numero maggiore di persone, perché anche con un’efficacia più bassa si ottiene una diminuzione della circolazione del virus, soprattutto nei contesti familiari o di comunità con maggior possibilità di contatto con persone fragili. Occuparsi di loro significa aumentare significativamente la percentuale di copertura vaccinale a livello nazionale, con un possibile impatto epidemiologico positivo. Nei reparti di oncologia, vanno poi attivate rigide misure preventive nel caso di pazienti ospedalizzati che manifestino sintomi simil-influenzali”.
Si calcola che ogni anno in Italia siano colpiti dall’influenza stagionale fino a 6 milioni di persone. “Nei giovani e in chi non soffre di altre patologie, ha un decorso benigno e si manifesta solo con sintomi lievi alle vie respiratorie – sottolinea Fausto Baldanti, Direttore Unità di Virologia Molecolare dell’Ospedale San Matteo di Pavia -. Esistono però alcune situazioni, in cui l’andamento clinico della malattia può essere molto più grave e portare a complicanze anche mortali. È il caso dei pazienti fragili o immunodepressi, come quelli oncologici. Un vero e proprio esercito di persone, alle quali raccomandiamo la somministrazione del vaccino quadrivalente inattivato. Se non è disponibile, suggeriamo di utilizzare il trivalente piuttosto che ritardare l’immunizzazione. Sempre nelle ‘Raccomandazioni’, viene sottolineato come il vaccino pneumococcico coniugato (PCV) riduca il rischio di polmonite nel paziente oncologico. Questo beneficio risulta maggiore in chi ha ricevuto anche la vaccinazione anti-influenzale. Il PCV può, quindi, essere somministrato in combinazione con il vaccino anti-influenzale e non è necessario ripeterlo ogni anno”.
“L’indicazione alla vaccinazione è supportata da solide evidenze scientifiche ed è considerata sicura anche durante la chemioterapia – continua Saverio Cinieri -. Suggeriamo di non vaccinare il paziente proprio nei giorni immediatamente successivi al ciclo di chemioterapia. I limiti possono essere costituiti da risposta anticorpale attesa inferiore e, dunque, da un’efficacia protettiva inferiore rispetto al paziente sano. Un tema molto dibattuto di recente è il ruolo della vaccinazione antinfluenzale in pazienti con tumori solidi in trattamento con immunoterapia. Il quesito è stato approfondito nello studio INVIDIa (INfluenza Vaccine Indication During therapy with Immune checkpoint inhibitors: a transversal challenge), pubblicato sulla rivista ‘Immunotherapy’. È uno studio retrospettivo, multicentrico in 21 centri italiani, che ha esaminato 300 pazienti di cui 79 sottoposti a vaccinazione antinfluenzale (trivalente o quadrivalente), confrontati con i rimanenti 221 non vaccinati. Tra le varie informazioni raccolte, è emerso un messaggio significativo: gli anziani vaccinati vivono più a lungo dei non vaccinati e si è osservata una maggiore sopravvivenza in pazienti affetti da cancro al polmone, a prescindere dallo sviluppo di sintomi influenzali”.
“La pandemia ha dimostrato l’importanza dei vaccini – conclude Saverio Cinieri -. Negli ultimi anni questi fondamentali presidi sanitari salva-vita sono stati vittime di fake news, di campagne denigratorie o, più semplicemente, di un’ingiustificata diffidenza. Nonostante i numerosi annunci, siamo ancora in attesa di un vaccino efficace contro il Covid-19 e, al momento, non sappiamo ancora quando arriverà. Possiamo però proteggerci dall’influenza stagionale, aderendo alle campagne di immunizzazione”.