Accadde oggi, 40 anni fa il terremoto dell’Irpinia: i fatti e i numeri, tra Storia dimenticata e ferite ancora aperte

"I sindaci dell'Irpinia per l'emergenza del terremoto spesero poco e bene", disse Zamberletti: il problema furono le imprese del Nord che scesero solo per assorbire liquidità
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Era stata una mattinata dal clima mite, con una temperatura quasi primaverile e un sole insolitamente caldo per essere quasi fine novembre. Nessuno poteva sapere che alle 19.34 tutto sarebbe cambiato per sempre, con il terremoto dell’Irpinia. Cambiò persino il meteo, visto che dopo il terribile rombo della Terra una notte gelida si è abbattuta come un scure sui superstiti. E arrivò anche la prima neve, che cadde inesorabile sui paesi delle aree interne tra la Basilicata e le province dell’Avellinese e del Salernitano. Cambiò anche l’intero volto di una civiltà contadina antica di cui quella parte di Italia era orgogliosa. Il terremoto dell’Irpimia modificò la vocazione economica di quella porzione del Cratere che ospitò, negli anni a seguire, l’arrivo dei grandi nomi dell’industria del Nord, attirati dalle risorse a fondo perduto e dagli sgravi fiscali della legge 219/81, spesso per poi tornare a casa loro, lasciando un deserto di capannoni e di cassa integrazione.

C’e’ un luogo comune che sta diventando ingiusto e che rischia di compromettere il futuro. I sindaci dell’Irpinia per l’emergenza del terremoto spesero poco e bene. Lo dice la Commissione parlamentare d’inchiesta Scalfaro, ma questa frase e’ stata tenuta nel cassetto“, disse con foga all’AGI Giuseppe Zamberletti, in una delle sue ultime interviste, quando era arrivato a Sant’Angelo dei Lombardi nel giorno del trentaseiesimo anniversario del terremoto. Da commissario di governo per l’emergenza post sisma in Irpinia e Basilicata, da padre putativo di quello che e’ oggi la Protezione civile, arrivata ad essere quella macchina di soccorso che noi conosciamo proprio per le sue intuizioni, Zamberletti, rivendicando un metodo che ha consentito di gestire l’assegnazione di migliaia di case provvisorie agli sfollati, e, senza nascondere gli scandali e gli sprechi che ci furono, precisò: “Finirono nel calderone della ricostruzione post sismica anche situazioni che col terremoto non c’entravano nulla”.

In merito al settore industrializzazione, “l‘errore fu di non tramutare quei gemellaggi di solidarieta’ tra imprese del Nord e terremotati d’Irpinia e Basilicata in sinergie che potessero dare la spinta a far nascere un’imprenditoria locale, autoctona”. L’altro grande fronte delle polemiche, durato decenni, fu quello dei soccorsi. “Ho assistito a degli spettacoli che mai dimentichero’. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione poi dei sopravvissuti vivra’ nel mio animo. Sono arrivato in quei paesi subito dopo la notizia che mi e’ giunta a Roma della catastrofe. Ebbene, a distanza di 48 ore non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari”, disse due giorni dopo la catastrofe il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, agli italiani, parlando in televisione a reti unificate

Numeri e cifre della scossa di 40 anni fa

La sera del 23 novembre 1980 una lunga scossa di terremoto si portò dietro morte e distruzione nelle aree interne della Campania e della Basilicata. Alle 19:34:53 la terra tremò per 90 secondi, con ipocentro a 15 chilometri di profondità; la magnitudo registrata dai sismografi era di 6,9, e l’onda si propagò in un’area che si estendeva per 17mila chilometri quadrati, dall’Irpinia al Vulture. Tre ‘sub eventi’ nell’arco di meno un di un minuto, dirà poi la ricerca scientifica, ruppero in successione tre segmenti di faglia adiacenti. La scossa fu percepita da quasi tutta l’Italia peninsulare, ed ebbe i suoi massimi effetti distruttivi in 6 paesi: Conza della Campania, Lioni e Sant’Angelo dei Lombardi, nell’Irpinia; Castelnuovo di Conza, Laviano e Santomenna, nel Salernitano. Distruzioni estese, pari al 50% del costruito, in 9 comuni, 7 in provincia di Avellino e 2 in provincia di Potenza.

In 490 comuni, il terremoto causò crolli, danni e gravi lesioni. In totale, in Irpinia furono 119 i comuni colpiti, facendone la provincia più devastata. A Napoli crollò solo un edificio nel quartiere di Poggioreale di 9 piani abitato da 20 famiglie e, un mese dopo, una porzione dell’Albergo dei poveri borbonico che i tecnici avevano già periziato come agibile. Le vittime di quella notte di scosse e paura furono 2.735, e i feriti 8.848. Un bilancio cui vanno aggiunti circa 394mila sfollati. Non esisteva all’epoca un unico centro di raccolta ed elaborazione dati neppure all’Ingv, ma solo una galassia di osservatori e stazioni Ingv, cui aggiungere i centri degli atenei, per cui non si riuscirono da subito a fornire notizie precise e tempestive. Due decreti legge, ad aprile e maggio del 1981, definirono l’area danneggiata, e poi la legge 219/81. Alla fine i comuni dichiarati disastrati furono 37, 314 i gravemente danneggiati e 336 danneggiati, per un totale di comuni interessati dal sisma pari a 687.

Per comprendere quale fosse il concreto fabbisogno finanziario, la legge 80 del 1984 pose come limite il 31 marzo 1984 per presentare le istanze di accesso ai benefici previsti gia’ nella legge 219, corredate da progetto tecnico e perizia giurata. Alla fine le risorse necessarie per l’edilizia privata ammontavano a 15.500 miliardi di lire, quelle per le opere pubbliche a 4.500 miliardi, per un totale di 20.000 miliardi di lire. Quattro anni dopo, al 30 novembre, il fabbisogno era piu’ che raddoppiato: per l’edilizia privata erano necessari 29.674 miliardi di lire, 12.000 miliardi di lire per le opere pubbliche, per un totale di 41.634 miliardi di lire. Il capitolo dello sviluppo legato all’articolo 32 di quella legge mostra cifre ancora piu’ grandi: per le infrastrutture servivano 800 miliardi di lire; 1.257 miliardi di lire erano i contributi da dare alle aziende che si andavano di insediare con i bonus previsti dalla legge nelle aree del cratere; per 206 km di infrastrutture stradali servivano altri 1.279 miliardi di lire; per 171 km di infrastrutture idriche da rifare o fare ex novo, 172 miliardi di lire; per 455 km di infrastrutture elettriche, 43,4 miliardi di lire; per altre infrastrutture 112 miliardi di lire.

Poi c’erano le concessioni in favore di imprese danneggiate, un contributo del 75% per la spesa necessaria a ripristinarle, con 1016 domande presentate, piu’ della meta’ delle quali, 579 per la precisione, ammesse a contributo; per questo servivano 1.670 miliardi di lire. L’ultima finanziaria che ha previsto fondi sulla legge 219/81 e’ quella del 1988 e metteva risorse per 29.450 miliardi di lire, cui si dovevano aggiungere 13.500 miliardi per Napoli, per una spesa totale di 42.950 miliardi. Di questi, alla provincia di Avellino erano destinati 6.400 miliardi. Complessivamente, la spesa dello Stato per la ricostruzione e’ arrivata a 57 miliardi di lire. I soccorsi impegnarono 50mila unita’ militari, e il numero dei volontari non e’ mai stato quantificato. Per sistemare i senza tetto, si utilizzarono 32mila roulotte; scuole ed edifici pubblici da cui si ricavarono 27mila posti letto; 2.018 prefabbricati leggeri e 626 containers. Dieci anni dopo, nella sola provincia di Avellino, oltre 2.500 container erano ancora abitati.

Papa Francesco: le ferite non sono ancora rimarginate

Rivolgo un pensiero speciale agli abitanti di Campania e Basilicata per il disastroso terremoto in Irpinia di 40 anni fa. Fu un evento drammatico, ma le ferite non sono ancora rimarginate: si è evidenziata la generosità e la solidarietà degli italiani“. Così Papa Francesco, durante l’Angelus di ieri, 22 novembre.

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