Kim Jong-un, riapparso in pubblico dopo 25 giorni di assenza, ha ordinato misure più severe per il contenimento della pandemia di Coronavirus, “a fronte di una crisi sanitaria mondiale in costante peggioramento“.
Il leader nordcoreano ha parlato in occasione dell’ultima riunione del Politburo, l’Ufficio Politico del Partito dei Lavoratori da lui guidato, sottolineando “la necessità di mantenere un alto grado di allerta e intensificare ulteriormente il lavoro anti-epidemico” sulla pandemia, anche se Pyongyang continua a negare la presenza di contagi accertati nel Paese.
L’agenzia di stampa nordcoreana Kcna riporta che nell’incontro dei vertici del Partito dei Lavoratori si è poi discusso di un “grave crimine” commesso dai funzionari del partito dell’Università di Medicina di Pyongyang, che sono stati “fortemente criticati“: non vengono forniti ulteriori dettagli, ma è stato spiegato che il reato sarebbe stato “coperto, tramato e promosso” da membri del Comitato Centrale del Partito dei Lavoratori e da altre agenzie governative.
In Corea del Nord sono state testate oltre 12.000 persone e ufficialmente non ci sono casi confermati: 6.173 persone, otto dei quali stranieri, sono stati definiti casi sospetti e 174 sono stati posti in quarantena alla fine di ottobre.