Coronavirus, perché le scuole non sono hotspot di Covid-19: i dati dal mondo dimostrano che il rischio a scuola è basso

Nonostante le paure, le infezioni da Covid-19 non sono aumentate quando le scuole e gli asili nido hanno riaperto nel momento in cui sono stati alleggeriti i lockdown
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Ad oggi, nel pieno della seconda ondata di Covid-19, in Italia gli studenti delle scuole superiori e delle terze medie (nelle regioni rosse anche le seconde medie) devono seguire le lezioni online, con la didattica a distanza. Ma in alcune regioni le scuole sono totalmente chiuse, come in Campania, e altre singole città stanno prendendo provvedimenti simili, come Palermo. Altre regioni avevano tentato di chiudere le scuole ma le ordinanze sono state respinte, come nel caso della Puglia. Insomma, si discute ancora molto sul ruolo delle scuole nella diffusione dei contagi e in Italia, si procede spesso in ordine sparso.

Ora un articolo pubblicato sul sito di Nature fa luce proprio su questo tema. I dati raccolti in tutto il mondo suggeriscono sempre di più che le scuole non sono hotspot per le infezioni da coronavirus SARS-CoV-2. Nonostante le paure, le infezioni da Covid-19 non sono aumentate quando le scuole e gli asili nido hanno riaperto nel momento in cui sono stati alleggeriti i lockdown. E quando si verificano focolai, risultano prevalentemente in un piccolo numero di persone che si ammalano, riporta l’articolo.

coronavirus scuolaTuttavia, si legge ancora nell’articolo, la ricerca dimostra anche che i bambini possono contrarre il virus e diffondere particelle virali e che i bambini più grandi hanno più probabilità rispetto ai più piccoli di trasmettere la malattia agli altri. Secondo gli scienziati, i motivi di queste tendenze non sono ancora chiare, ma esse hanno implicazioni per insegnanti e bambini più grandi. Scuole e asili nido sembrano fornire un ambiente ideale per la trasmissione del coronavirus perché grandi gruppi si riuniscono al chiuso per estesi periodi di tempo, dice Walter Haas, epidemiologo del Robert Koch Institute di Berlino. Eppure, globalmente le infezioni da Covid-19 sono molto più basse tra i bambini che tra gli adulti, aggiunge: “Sembrano seguire la situazione piuttosto che guidarla”.

I dati dal mondo

I dati raccolti globalmente, dettaglia l’articolo, hanno dimostrato in precedenza che le scuole possono riaprire in sicurezza quando la trasmissione nella comunità è bassa. Ma anche nei posti in cui le infezioni sono in aumento nella comunità, i focolai nelle scuole sono rari, soprattutto quando si prendono precauzioni per ridurre la trasmissione. Nell’articolo di Nature, viene avanzato proprio l’esempio dell’Italia. A settembre, nel nostro Paese hanno riaperto oltre 65.000 scuole mentre i numeri dei casi aumentavano nella comunità ma solo 1.212 sedi hanno sperimentato focolai 4 settimane dopo. Nel 93% dei casi, è stata riportata una sola infezione e solo una scuola superiore ha avuto un cluster di oltre 10 persone contagiate.

Anche nello stato di Victoria (Australia), dove c’è stata una seconda ondata di Covid-19 a luglio, grandi focolai collegati a scuole e asili sono stati rari, sebbene le scuole fossero solo parzialmente aperte, specifica l’articolo. Due terzi delle 1.635 infezioni nelle scuole sono stati limitati ad un singolo caso e il 91% coinvolgeva meno di 10 persone. Negli Stati Uniti, la trasmissione nella comunità è rimasta alta in molti posti quando le scuole hanno iniziato a riaprire ad agosto e la proporzione delle infezioni dei bambini ha continuato a salire, dice Ashlesha Kaushik, pediatra a Sioux City (Iowa) e portavoce dell’American Academy of Pediatrics. Ma non è chiaro con quale frequenza i focolai che hanno origine nelle scuole contribuiscano alla trasmissione in comunità, perché anche altri fattori, come l’allentamento delle restrizioni su attività e assembramenti, hanno contribuito alla diffusione nella comunità. Anche l’aumento dei test nel corso della pandemia probabilmente ha aumentato il numero dei casi, dice Kaushik.

Anche i dati sui focolai a scuola in Inghilterra hanno dimostrato che gli adulti erano spesso i primi ad essere contagiati. La maggior parte dei 30 focolai a scuola confermati nel mese di giugno riguardava la trasmissione tra membri del personale e solo 2 riguardavano la diffusione da studente a studente, riporta l’articolo.

I bambini più piccoli trasmettono meno la malattia

I ricercatori sospettano che uno dei motivi per i quali le scuole non sono diventate hotspot di Covid-19 è che i bambini, soprattutto quelli al di sotto di 12-14 anni, sono meno suscettibili all’infezione rispetto agli adulti, continua l’articolo. E quando sono contagiati, i bambini piccoli, inclusa la fascia 0-5 anni, hanno meno probabilità di trasmettere il virus agli altri, dice Haas. In un’analisi delle scuole della Germania, il team di Haas ha scoperto che le infezioni erano meno comuni nei bambini di 6-10 anni rispetto ai bambini più grandi e agli adulti che lavorano nelle scuole. “Il potenziale di trasmissione aumenta” con l’età e gli adolescenti hanno le stesse probabilità degli adulti di trasmettere il virus, aggiunge l’epidemiologo. Adolescenti e insegnanti dovrebbero essere il focus delle misure di mitigazione, come la mascherina o il ritorno alle lezioni online quando la trasmissione nella comunità è alta, dice Haas.

E anche i dati provenienti da altri Paesi spingono in questa direzione. Negli Stati Uniti, il tasso di infezione è il doppio nei bambini di 12-17 anni rispetto ai bambini di 5-11 anni. Secondo i dati su 200.000 studenti delle scuole in 47 stati americani raccolti dall’economista Emily Oster della Brown University di Providence (Rhode Island), l’incidenza era più alta negli studenti delle scuole superiori, seguiti da quelli delle scuole medie e poi delle scuole elementari. Ma “in realtà non capiamo la storia naturale della trasmissione nei bambini, perché la mitighiamo”, dice la pediatra Fiona Russell dell’Università di Melbourne, coinvolta nello studio dei focolai nelle scuole di Victoria. I bambini non si trovano in un tipico ambiente scolastico, perché indossano le mascherine, sono distanziati e seguono tutte le altre regole anti-Covid, si legge ancora nell’articolo.

Un meccanismo misterioso

Non è ancora chiaro perché i bambini sembrano avere meno possibilità di diffondere l’infezione agli altri, precisa Haas. Una possibilità è che poiché hanno polmoni più piccoli, sono meno in grado di proiettare gli aerosol infettivi rispetto agli adulti. Haas afferma che questo si verifica nella tubercolosi. Ma nella tubercolosi, l’infezione si diffonde dalle lesioni nei polmoni, mentre le infezioni da SARS-CoV-2 sono diverse, perché il virus infetta le vie respiratorie superiori.

Un’altra possibilità è che i bambini tendono a trasmettere di meno il virus perché più comunemente sono asintomatici. “Non esiste la trasmissione zero o il rischio zero”, dice Russell. Ma il rischio di infezione a scuola è basso, soprattutto quando la trasmissione nella comunità è bassa, conclude.


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