Cosa è accaduto subito dopo il Big Bang? La risposta arriva dalle viscere della Terra e racconta i primi minuti di vita dell’universo. A fornirla, misure accurate della reazione nucleare che conduce alla produzione di elio leggero. Una reazione chiave del processo di produzione degli elementi chimici più leggeri, molto importante nei primi momenti di vita del nostro universo, è quella per cui da un protone e un nucleo di deuterio (un isotopo dell’idrogeno) si ottiene l’elio-3 (un isotopo dell’elio), in simboli: D(p,?)3He.
Questa reazione è stata indagata, con precisione e accuratezza mai raggiunte prima, dall’esperimento Luna (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics) ai laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Grazie alle misure di Luna è stato possibile affinare i calcoli della nucleosintesi primordiale, avvenuta pochi minuti dopo il Big Bang, ricavando informazioni sulla densità della materia barionica, ovvero la materia ordinaria di cui è composto tutto ciò che conosciamo.
I risultati della misura di Luna, insieme a una discussione delle loro conseguenze cosmologiche, sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
Durante la loro vita le stelle convertono gli elementi chimici leggeri in elementi più pesanti, tramite processi di fusione nucleare. Protoni e neutroni, però, che costituiscono i primi mattoni per la costruzione di tutti gli elementi chimici, si formano entro pochi secondi dal Big Bang. Dopo circa 3 minuti dal Big Bang, la temperatura scende a un miliardo di gradi e il deuterio può finalmente essere prodotto dalla fusione di protoni e neutroni senza essere immediatamente disintegrato dall’interazione con fotoni di alta energia. Inizia così la sintesi degli elementi più leggeri, nota come “nucleosintesi primordiale”.
Nei laboratori sotterranei del Gran Sasso, dove 1400 mt di roccia proteggono le sale sperimentali dalle radiazioni esterne, l’esperimento Luna è in grado di ricreare i processi che sono avvenuti durante la nucleosintesi primordiale e che tutt’ora avvengono nelle stelle, e di riportare con il suo acceleratore di particelle l’orologio indietro nel tempo fino a pochi minuti dopo la nascita dell’Universo.
L’abbondanza di deuterio primordiale è strettamente legata alla densità di materia barionica. La misura della sezione d’urto della reazione D(p,?)3He, effettuata da LUNA con una precisione del 3% alle energie di interesse, ha permesso di conoscere meglio il processo che distrugge deuterio e di migliorare la stima della sua abbondanza primordiale, grazie al codice PArthENoPE, che simula il processo di nucleosintesi primordiale. La densità di materia barionica ottenuta attraverso il risultato di LUNA è in ottimo accordo con il valore ricavato dallo studio della radiazione cosmica di fondo, il residuo “fossile” del Big Bang.
L’esperimento Luna proseguirà la sua attività scientifica nel prossimo decennio con il progetto Luna-MV, focalizzato sullo studio di processi chiave per la composizione chimica dell’Universo e la nucleosintesi degli elementi più pesanti.
Il Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova e la sezione locale dell’Infn, da sempre protagonisti nel progetto Luna, hanno avuto un ruolo chiave in questa misura, sia negli aspetti più tecnici e sperimentali, sia nella complessa analisi dei dati. Il gruppo di ricerca dell’Università di Genova è composto da Pietro Corvisiero, Federico Ferraro, Paolo Prati; quello dell’Infn da Francesca Cavanna e Sandra Zavatarelli.
Luna è una collaborazione scientifica internazionale composta da circa 50 ricercatori italiani, tedeschi, britannici e ungheresi. In particolare, collaborano all’esperimento: i laboratori nazionali del Gran Sasso, le sezioni Infn e le università di Bari, Genova, Milano Statale, Napoli Federico II, Padova, Roma Sapienza, Torino e l’Osservatorio di Teramo dell’INAF Istituto Nazionale di Astrofisica per l’Italia; l’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf per la Germania, la School of Physics and Astronomy dell’Università di Edimburgo per il Regno Unito e il MTA-ATOMKI di Debrecen e il Konkoli Observatory di Budapest per l’Ungheria. A questo esperimento hanno partecipato anche il gruppo di fisica astroparticellare e cosmologia teorica dell’Università Federico II di Napoli e quello di fisica nucleare teorica dell’Università di Pisa.