“Volge al termine il mese di Novembre. Mese della prevenzione e della lotta al diabete. Ma cos’è il diabete? Quali sono i rischi per la salute associati al diabete? C’è relazione tra diabete e COVID-19?“: un approfondimento sul tema è stato pubblicato sulla pagina Facebook “Pillole di Ottimismo“, nata dalla collaborazione di numerosi esperti e con la direzione scientifica del virologo Guido Silvestri, della Emory University di Atlanta.
A firmare l’approfondimento sono Alessandra Petrelli, MD PhD, Project Leader, San Raffaele Diabetes Research Institute, Raniero Chimienti, PhD, postdoc, San Raffaele Diabetes Research Institute, e Riccardo Bonfanti MD, Responsabile U.F. di Diabetologia Pediatrica, Ospedale San Raffaele.
Di seguito il post integrale:
“Il diabete è una malattia caratterizzata da elevati livelli di zuccheri nel sangue (iperglicemia) dovuti all’assenza o alla ridotta funzione di un ormone chiamato insulina, prodotto dalle cellule beta che si trovano nel pancreas. L’insulina viene rilasciata in risposta all’aumento dei livelli di glucosio nel sangue che segue il pasto. Il diabete è una patologia estremamente diffusa se si pensa che il 5,3% dei nostri concittadini ne soffre (con punte del 6.1% al sud) e che oltre 3 milioni di persone nello stivale ne sono affette (https://www.istat.it/it/archivio/202600). Questa patologia è ugualmente diffusa anche a livello mondiale, e non solo nei paesi più sviluppati. Infatti, l’International Diabetes Federation (IDF) ha recentemente stimato che più di 450 milioni di persone nel mondo soffrono di diabete, di cui quasi l’80% vive in paesi a basso/medio reddito (https://www.idf.org/…/what-is-diabetes/facts-figures.html).
UN NOME, TANTE MALATTIE
Il diabete è una malattia eterogenea. Infatti, dietro la parola diabete (di cui tutti, o quasi, conoscono il significato) si celano malattie con meccanismi sottostanti estremamente diversi, di cui molti, purtroppo, ignorano il significato. Infatti, nonostante i diversi fenotipi clinici e cause eziopatogeniche, è possibile identificare due forme principali di diabete: il diabete di tipo I ed il diabete di tipo II.
Il diabete di tipo I (DT1) è una forma ad esordio tipicamente giovanile ed è una patologia autoimmune. Questo significa che il malfunzionamento del sistema immunitario determina la distruzione selettiva delle cellule beta del pancreas. L’insulina funziona come una chiave che permette l’ingresso del glucosio nelle cellule del nostro corpo. Nel caso del DT1 la chiave manca completamente in quanto le cellule beta che la producono sono state distrutte dal sistema immunitario. La conseguenza è che il glucosio non può entrare nelle cellule per fornire l’energia necessaria al metabolismo cellulare. Pertanto, l’assenza di insulina determina iperglicemia. Per cui questi pazienti, per vivere, hanno bisogno di iniettarsi insulina, che è un farmaco salvavita.
Il diabete di tipo II (DT2) è una forma più tipica dell’adulto, spesso, ma non sempre, associata a scorretta alimentazione, sovrappeso/obesità, scarsa attività fisica. Anche il DT2 è caratterizzato da iperglicemia, ma questo avviene in un contesto di insulino-resistenza, ossia di bassa risposta delle cellule del nostro organismo all’azione dell’insulina. Per cui, nel caso del DT2, la chiave (insulina) è presente, ma è sbagliata! O meglio, è una chiave che non funziona bene, per cui l’effetto finale è che il glucosio fa ugualmente fatica ad entrare nelle cellule per fornire energia. Pertanto, il malfunzionamento dell’insulina determina iperglicemia. Questi pazienti, che almeno nelle prime fasi di malattia non sono completamente privi di insulina, assumono farmaci per bocca che migliorano la performance dell’insulina, una sorta di “adattatori” che permettono alla chiave di introdursi meglio nella serratura.
Lo stato di squilibrio glicemico si associa allo sviluppo di una serie di complicanze che colpiscono diversi organi, in particolare occhi, reni, sistema cardiovascolare, sistema nervoso e, non ultime, complicanze di natura infettiva.
DIABETE E INFEZIONI: UNA “RELAZIONE” DI LUNGA DATA
Il rapporto tra le diverse forme di diabete e le infezioni è da tempo sotto la lente di ingrandimento di clinici e ricercatori. Il diabete è associato ad un aumentato rischio di contrarre infezioni in generale, ed in particolare del tratto urinario, delle vie respiratorie, delle ossa e della cute (Casqueiro et al., 2012). I pazienti diabetici presentano un elevato rischio di ospedalizzazione per cause infettive ed il rischio è ancora più elevato nel caso di scarso controllo glicemico (Carey et al., 2018; Critcheley et al, 2018). Gli studi, infatti, ci dicono chiaramente che, più che la condizione di diabete di per sé, è lo scarso controllo della glicemia a rappresentare un fattore predittivo di severità dell’infezione e rischio di morte (Pearson-Stuttard et al, 2016). Diversi studi hanno evidenziato una correlazione tra elevati livelli di emoglobina glicata (e cioè glicemia non controllata) e rischio di sviluppare infezioni che necessitino di ospedalizzazione (Burekovic et al., 2014; Critcheley et al, 2018). Ma cosa succede in caso di infezione da SARS-Cov-2?
COVID-19 E DIABETE: COSA C’E’ DA SAPERE
Con l’emergenza determinata dalla pandemia di SARS-Cov-2, i riflettori si sono accesi sui soggetti affetti da diabete, mettendo in evidenza sostanzialmente due aspetti: 1. I pazienti con DT1 e DT2 non sono più suscettibili ad infezioni da nuovo coronavirus rispetto alla popolazione generale (Fadini et al., 2020; Markus et al., 2020); 2. una volta contagiati, i pazienti con diabete hanno maggior rischio di complicazioni da COVID-19 (Fadini et al., 2020; Singh et al., 2020; Huang et al.; 2020). In un recente lavoro, infatti, il rapporto complessivo tra pazienti diabetici con decorso severo o esito infausto, rispetto a quelli che hanno avuto un decorso più favorevole, era pari a 2,26 (Fadini et al., 2020).
Si parla sempre di diabete, ma come abbiamo visto ci sono diverse forme di diabete. Chi è maggiormente colpito dal COVID-19?
Uno studio pubblicato su un’importante rivista scientifica, The Lancet Diabetes & Endocrinology, eliminando tutti i possibili elementi confondenti, quali sesso, età, regione geografica ed altri, ha evidenziato come la mortalità da COVID-19 in ospedale fosse 3,5 volte più alta nei pazienti con DT1 rispetto alla popolazione generale e 2,0 volte più alta nei pazienti con DT2 (Barron et al., 2020). Un secondo lavoro, pubblicato sulla stessa rivista, ha identificato un’associazione indipendente tra rischio di morte da COVID-19 e scarso controllo della glicemia, la presenza di complicanze cardiovascolari e renali e l’indice di massa corporea (Holman et al., 2020). Uno studio italiano ha confermato la presenza di una forte associazione tra elevati livelli di glucosio e mortalità, non solo nei pazienti con diabete, ma anche nei pazienti COVID-19 che non avevano diagnosi di diabete (Lampasona et al., 2020). È importante notare che, nonostante il DT1 sia una patologia che coinvolge soggetti più giovani e, quindi, a minor rischio di sviluppare complicanze severe da COVID-19, lo studio inglese di Holman et al. mostra che pazienti con DT1 di età avanzata, con livelli elevati di HbA1c, affetti da comorbidità (quali ipertensione arteriosa, disfunzione renale e pregresse malattie cardiovascolari), sono a maggior rischio di prognosi infausta. Pertanto, i dati attualmente disponibili indicano che, anche per l’infezione da COVID-19, il diabete scompensato (sia di tipo 1 che di tipo 2) è un fattore di rischio per una peggiore prognosi di COVID-19.
IN CHE MODO IL DIABETE CONDIZIONA IL COVID-19?
L’impatto di malattie infettive di rilevanza pandemica, quali ad esempio quelle causate da H1N1 (Shoen et al, 2009), SARS-CoV (Yang et al, 2006) e MERS-CoV (Banik et al, 2016), hanno permesso di comprendere meglio la relazione di causa ed effetto tra diabete ed infezioni. L’iperglicemia ha un impatto diretto sulla corretta risposta immunitaria, con particolare effetto negativo sulla funzione del sistema immunitario innato (Jafar et al., 2016).
Per cui, è facile intuire che pazienti con diabete scompensato hanno un sistema immunitario innato compromesso. Il diabete, inoltre, esita in uno stato pro-infiammatorio caratterizzato da rilascio di citochine (i mediatori chimici della risposta immunitaria) incontrollato o esagerato (Guo et al.; 2020), per cui questo può spiegare la maggiore suscettibilità di un paziente diabetico allo sviluppo di “tempeste citochiniche” che evolvono in un quadro di grave insufficienza respiratoria e multiorgano. Inoltre, i pazienti diabetici sono a maggior rischio di eventi tromboembolici per un aumentato stato di ipercoagulabilità (Dunn and Grant, 2005), ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo di un’infezione da SARS-Cov-2 severa (Hussain et al., 2020). Infine, la modulazione delle cellule natural killer e la produzione di citochine (come l’IFN-?) aumentano la permeabilità vascolare e interstiziale ai prodotti pro-infiammatori che, insieme alle specie reattive dell’ossigeno (ROS), portano allo sviluppo di fibrosi polmonare, danno acuto dei polmoni e sindrome da distress respiratorio (Lim et al., 2020).
CONCLUSIONI
I dati ad oggi disponibili ci dicono che avere il diabete di per sé non conferisce aumentato rischio di contrarre l’infezione. Il maggior rischio di complicanze severe da COVID-19 è legato allo scarso controllo della glicemia. Quindi, un paziente che si cura bene non ha più rischio infettivo e non ha più rischio di prognosi infausta da COVID-19. Le persone a rischio maggiore sono quelle che hanno glicemie peggiori. Purtroppo, solo una frazione di pazienti con DT1 e DT2 riesce a raggiungere il target glicemico. È questo il problema. Per cui, per la prevenzione di un’evoluzione severa dell’infezione da SARS-Cov-2, è necessario essere aggressivi con il controllo metabolico. In questo contesto, ci preme ricordare ai pazienti diabetici che seguono questa pagina la necessità di osservare le indicazioni del diabetologo al fine di ottenere dei livelli di glicemia ottimali. È una questione di sopravvivenza.
Una nota positiva viene dal mondo dei vaccini: i pazienti diabetici sviluppano una risposta anticorpale al SARS-Cov-2 paragonabile a quella dei soggetti non diabetici (Lampasona et al, 2020). E’ presumibile, pertanto, prevedere che i livelli di efficacia dei vaccini descritti nella popolazione generale (70-95%) saranno equivalenti anche per i pazienti diabetici.
BIBLIOGRAFIA
Casqueiro et al., 2012 :
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22701840/
Carey et al, 2018
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29330152/
Critcheley et al, 2018:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30104296/
Pearson-Stuttard et al, 2016 :
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26656292/
Burekovic et al., 2014 :
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25195343/
Fadini et al., 2020 :
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32222956/
Singh et al., 2020 :
https://www.sciencedirect.com/…/abs/pii/S1871402120300631
Markus et al., 2020 : https://www.cell.com/med/fulltext/S2666-6340%2820%2930020-9
Huang et al.; 2020 :
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7162793/
Barron et al., 2020 :
https://www.thelancet.com/…/PIIS2213-8587(20…/fulltext
Holman et al., 2020 :
https://www.thelancet.com/…/PIIS2213-8587(20…/fulltext
Lampasona et al, 2020
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33029657/
Shoen et al, 2009 :
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6852716/
Yang et al, 2006 :
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16759303/
Banik et al, 2016 :
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7090713/
Hussain et al., 2020 :
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7144611/#b0010
Lim et al., 2020
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33188364/“.