In Italia circa 4 milioni di donne e 1 milione di uomini soffrono di osteoporosi, condizione caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione della micro-architettura del tessuto scheletrico, che diventa più fragile e, quindi, più esposto a rischio di fratture spontanee o in conseguenza di traumi minimi. Diffusissima nella popolazione anziana, l’osteoporosi colpisce perlopiù le donne, soprattutto dopo la menopausa. Ma non è detto, può arrivare anche prima di questa fase della vita.
«Manifestazione tipica dell’osteoporosi sono le fratture da fragilità ossea, che possono verificarsi anche in assenza di traumi o in seguito a traumi banali – spiega il Professor Maurizio Rossini, Direttore della UOC di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e Presidente della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS) – In Italia, ogni anno, i pronto soccorso ne vedono circa 600mila casi, ma, se consideriamo tutte le tipologie di fratture da fragilità, comprese quelle che non afferiscono agli ospedali, come molte di quelle vertebrali, se ne stimano oltre un milione l’anno. Numeri che comportano anche un importante aumento dei costi dal punto di vista sanitario e sociale, stimati in quasi 9 miliardi di euro l’anno. Cifra destinata a sfiorare i 12 miliardi l’anno di spesa nel 2030, se non interveniamo tempestivamente: infatti il progressivo invecchiamento della popolazione farà sì che questa malattia abbia una prevalenza maggiore. Questo vuol dire – prosegue Rossini – che dobbiamo impegnarci molto sul piano della prevenzione, andando ad analizzare con attenzione quelli che riconosciamo come fattori di rischio importanti per l’osteoporosi, specie in questo periodo di emergenza COVID-19, nel quale si spera di non dover ricorrere all’ospedale o a RSA in seguito a fratture da fragilità».
Quali esami fare? «Abbiamo innanzitutto la densitometria ossea per misurare la densità minerale delle nostre ossa. Se vi è un deficit minerale o si è già incorsi in fratture da fragilità, la prevenzione non farmacologica potrebbe non bastare e potrebbe essere necessario ricorrere a farmaci che rallentano la perdita di massa ossea o consentono un suo recupero, anche in poco tempo. Presto avremo altre molecole, ancora più efficaci. C’è, quindi, la possibilità di fare un trattamento oltre che preventivo anche terapeutico nell’osteoporosi», conclude Rossini.
«Sul lato prevenzione – conclude Manzini – la terapia di primo livello, cioè quella con i bisfosfonati, viene suggerita anche come prevenzione per l’osteoporosi quando si assume cortisone per la terapia di altre malattie. Tra i nostri pazienti in reumatologia, ad esempio, abbiamo tantissimi soggetti che assumono cortisone a lungo termine e questo comporta nel tempo una perdita di massa ossea progressiva. Va da sé che ancora una volta la prevenzione è fondamentale. Tra i nostri alleati, poi, vi sono la vitamina D e un apporto di calcio adeguato».