Sono circa 900 milioni gli ultrasessantenni nel mondo, circa il 12% dell’intera popolazione, con una previsione di 2,4 miliardi nel 2050. Già oggi molti di loro soffrono di patologie cronico-degenerative, di cui la malattia di Alzheimer rappresenta una delle forme più gravi e invalidanti. La situazione è ancora più critica in Italia, il Paese più longevo d’Europa, con circa il 22% di popolazione ‘over 60’ e una stima di circa 600mila persone che convivono con l’Alzheimer. Ad oggi non si hanno a disposizione trattamenti farmacologici efficaci per bloccare la malattia, ma dalla ricerca arrivano delle speranze concrete.
In particolare – riferisce una nota – i risultati dello studio LipiDiDiet a 36 mesi condotto da un consorzio indipendente e pubblicato recentemente su ‘Alzheimer’s & Dementia’, hanno mostrato che un trattamento nutrizionale specifico con Souvenaid*, un alimento a fini medici speciali contenente una combinazione di principi attivi brevettati, è in grado di apportare benefici significativi alle performance cognitive e funzionali nei pazienti affetti da declino cognitivo lieve. I risultati indicano anche che i benefici aumentano con l’utilizzo continuativo e a lungo termine e sono migliori nei pazienti con una diagnosi precoce.
“Il contesto attuale, caratterizzato dal protrarsi della pandemia, ci costringe, con ancora maggiore urgenza, a intervenire per supportare le persone anziane colpite da demenza. Covid-19, con il suo devastante impatto, non solo clinico, ma anche sociale, ha reso ancora più fragili i pazienti già fragili ed è per questo che bisogna rivolgere a loro una particolare attenzione“, afferma Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di psicogeriatria, direttore scientifico del gruppo di ricerca Geriatrica di Brescia, professore emerito di Neuropsicofarmacolgia all’università di Roma Tor Vergata.
“Un recente report dell’Istituto superiore di sanità – ricorda Trabucchi – ha infatti evidenziato come un’alta percentuale dei decessi per Covid-19 (circa il 20%) si è verificato proprio tra le persone con demenza, probabilmente per effetto della difficoltà ad aderire alle norme igienico-sanitarie e di salvaguardia individuale e della comune presenza di patologie croniche concomitanti. Inoltre, circa il 20% delle persone con demenza vive in strutture residenziali dove la circolazione del virus è più sostenuta“, sottolinea.
Purtroppo ad oggi non esistono terapie farmacologiche per la cura della malattia di Alzheimer, ma alcune speranze concrete arrivano dalla ricerca. In particolare lo studio LipiDiDiet, durato 3 anni, condotto su 311 pazienti affetti da declino cognitivo lieve (Mci), è stato il primo trial clinico volto a documentare l’efficacia di un trattamento nutrizionale specifico rispetto agli indicatori principali della malattia inclusa la capacità dei pazienti di continuare a svolgere attività della vita quotidiana. Il trattamento nutrizionale testato contiene una miscela brevettata di nutrienti attivi sul sistema nervoso centrale tra cui acidi grassi omega-3, colina, uridina monofostato, fosfolipidi, antiossidanti e vitamine del gruppo B (Fortasyn Connect).
“I risultati dello studio sono interessanti per vari motivi – commenta Alessandro Padovani, docente di Neurologia, direttore Clinica neurologica, Università di Brescia, e Uo Neurologia 2 agli Spedali Civili di Brescia – Primo tra tutti: confermano il ruolo chiave di un intervento in fase prodromica, cioè nella fase del declino cognitivo lieve. E’ importante sottolineare che non tutti coloro che ricevono una diagnosi di Mci svilupperanno malattie come l’Alzheimer, ma intervenendo tempestivamente si può prevenire l’aggravamento della condizione e contrastarne la progressione. I risultati dello studio LipiDiDiet ci confermano appunto che un trattamento nutrizionale come quello con Souvenaid, avviato tempestivamente e prolungato nel tempo, ha benefici importanti e misurabili“.
I risultati dello studio LipiDiDiet, confermando l’importanza di un intervento tempestivo, portano in primo piano il tema della diagnosi precoce. “L’identificazione dei primissimi sintomi del declino cognitivo lieve non è certamente semplice, ma fondamentale, e bisogna imparare a prestare attenzione ai piccoli segnali che tendono a ripetersi costantemente e poco alla volta progrediscono e interessano sempre di più vari campi di attività e domini cognitivi“, spiega Angelo Bianchetti, responsabile del Dipartimento medico riabilitativo dell’Istituto clinico S.Anna di Brescia, segretario scientifico dell’Associazione italiana di psicogeriatria e docente alla Scuola di specializzazione in Geriatria e Gerontologia dell’Università di Brescia.
“Spesso i familiari riferiscono che l’individuo ripete più volte la stessa domanda – riferisce l’esperto – oppure smarrisce gli oggetti più frequentemente e presenta difficoltà ad apprendere compiti o informazioni nuove. Altri segnali che devono insospettire sono il senso di disorientamento che può subentrare in alcune situazioni e un certo declino nelle capacità di risoluzione dei problemi e nelle capacità decisionali; il linguaggio può impoverirsi e si manifestano difficoltà nel ricordare i nomi delle persone. Quando tali episodi iniziano a reiterarsi nel tempo, o tendono ad aggravarsi, è bene rivolgersi a uno specialista. In questo contesto un trattamento nutrizionale rappresenta, in assenza di terapie farmacologiche risolutive, una risorsa preziosissima“.
“Siamo felici che i risultati a 3 anni dello studio LipiDiDiet confermino l’efficacia e il valore di Souvenaid, prodotto sviluppato in oltre 15 anni di rigorosa ricerca pre-clinica e clinica – conclude Fabio Battaini, direttore medico di Nutricia Italia – Alla base del nostro lavoro quotidiano ci sono innovazione e studi clinici di alta qualità, svolti con l’obiettivo di mettere a disposizione di pazienti soluzioni nutrizionali di provata efficacia“.