Il terremoto del 1980 in Campania e Basilicata e le iniziative del Progetto Finalizzato Geodinamica

Massimiliano Stucchi riassume "le principali attività di monitoraggio e rilievo e alcuni delle iniziative più importanti svolte a favore delle Amministrazioni pubbliche"
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“Quando il terremoto del 23 novembre 1980 colpì Campania e Basilicata, le ricerche sui terremoti e i loro effetti si svolgevano in svariate sedi che associavano una notevole vivacità a una sostanziale frammentarietà. Accanto ai Dipartimenti Universitari, infatti, operavano Osservatori (Oss. Vesuviano a Napoli e Oss. Geofisico a Trieste), alcuni Istituti del CNR, un debole Istituto Nazionale di Geofisica, un debole Servizio Sismico Nazionale e le iniziative congiunte CNEN (Comitato Nazionale Energia Nucleare, progenitore dell’ENEA) – ENEL, nominalmente dedicate al nucleare”. Lo riporta un articolo a cura di Massimiliano Stucchi (INGV-BO), già dirigente di ricerca presso CNR e INGV, pubblicato su INGVterremoti, che riportiamo integralmente qui di seguito.

Dal 1976 il Progetto Finalizzato Geodinamica (PFG) del CNR, che si stava avviando verso la conclusione della sua attività quinquennale, coordinava e finanziava – per la prima volta – ricerche in quasi tutti i settori di interesse: sismologia, geologia, vulcanologia, ingegneria sismica, ecc. Appena iniziato il PFG era stato impegnato a seguito dei terremoti del Friuli del 1976; a questi erano seguiti terremoti importanti in Italia (Golfo di Patti, 1978Norcia, 1979) e all’estero (fra i più vicini Romania, 1977; Montenegro, 1979). La struttura del PFG, inizialmente articolata in 5 Sottoprogetti, si era andata modificando negli anni con l’aggiunta di Gruppi di Lavoro i cui coordinatori, assieme ai responsabili dei Sottoprogetti, costituivano il nucleo dirigente/operativo, detto “Giunta Allargata”.

Una parte di questo nucleo si riunì già il 25 novembre presso l’Osservatorio Vesuviano e iniziò a tracciare le linee di intervento, disponibili qui. L’Osservatorio Vesuviano (OV), all’epoca operante presso la sede storica sul vulcano, divenne punto focale di coordinamento e gestione delle attività”.

Stucchi riassume, “in modo sintetico per necessità, le principali attività di monitoraggio e rilievo e alcune delle iniziative più importanti svolte a favore delle Amministrazioni pubbliche. La rassegna non ha la pretesa di essere esaustiva, e mi scuso per le omissioni. Per quanto riguarda la bibliografia, necessariamente ridotta, faccio riferimento in particolare alle pubblicazioni più vicine temporalmente al terremoto. Una rassegna dettagliata è disponibile in un lavoro di G. Valensise (1993)”.

Sismologia strumentale

Figura 3 – Localizzazione delle repliche nei primi mesi del 1981 (da GDL Sismometria, 1981).

“Nell’ambito del Sottoprogetto 1 “Reti sismiche”, uno degli obiettivi era di potenziare la Rete Sismica Nazionale, inizialmente costituita da poche stazioni sismiche gestite da ING. Il PFG promosse la costituzione di una sorta di federazione delle stazioni afferenti alle reti sismiche regionali, coordinata da una Giunta; le stazioni sismiche – il cui numero a fine 1979 era arrivato a 55 dalle 20 iniziali – inviavano periodicamente i dati al centro di coordinamento presso l’ING, che curava la pubblicazione di un bollettino quindicinale. I parametri del terremoto del 23 novembre 1980 vennero localizzati mediante i dati di 11 stazioni permanenti (Gruppo di Lavoro Sismometria, 1981; Del Pezzo et al., 1983).

Sulla scorta dell’esperienza del 1979 a seguito del terremoto di Norcia, anche nel 1980 diversi istituti collaborarono all’installazione, in modo coordinato, di 32 stazioni temporanee attorno alla zona epicentrale. Oltre all’OV parteciparono: OGS, Trieste; Istituto per la Geofisica della Litosfera, CNR, Milano; CNEN, Roma; ING, Roma; Università di Cosenza, Genova, Napoli e Bari. Per brevi periodi si aggiunsero stazioni dell’IPG (Parigi) e del Bullard Laboratory (Cambridge). Va anche segnalato che dal marzo 1978 al maggio 1980 aveva operato, sul margine settentrionale della regione epicentrale, una rete temporanea del CNEN, che avrebbe potuto fornire dati eccezionali sull’evento principale. Purtroppo il 23 novembre 1980 era in funzione una sola stazione. Con i dati delle varie stazioni fu possibile seguire in dettaglio l’evoluzione della sequenza sismica (Fig. 3).

Figura 4 – Accelerogrammi registrati dalla stazione di Sturno in provincia di Avellino (da Faccioli, 1981).

A parte poche stazioni che trasmettevano via radio all’Osservatorio Vesuviano, altre registravano in loco su carte fotosensibili e inviano le letture delle fasi per telefono: altre ancora registravano su nastri che venivano scaricati e portati a Napoli per la lettura ogni tre o quattro giorni. Il lavoro di chi gestiva i dati fu, per diversi mesi, massacrante.

Infine, va ricordato che era operativa anche la rete accelerometrica gestita da CNEN-ENEL: 15 stazioni sismiche entro il raggio di 80 km e 21 entro 140 km, ben distribuite sul territorio, registrarono il terremoto (Berardi et al. 1981; Faccioli, 1981, Del Pezzo et al., 1982; in Fig. 4 le registrazioni della stazione di Sturno, AV).

Anche se sfortunatamente nessuna stazione si trovava in zona epicentrale, questi dati rappresentarono per molto tempo il miglior dataset accelerometrico italiano e contribuirono in maniera decisiva alla comprensione della complessità di quel terremoto“.

Rilievo macrosismico

Figura 5 – Distribuzione delle località indagate, con il tracciamento preliminare delle isosisme (da Postpischl et al., 1982).

Le attività di rilievo macrosismico iniziarono nei giorni immediatamente successivi al terremoto, con base presso l’Osservatorio Vesuviano. Il rilievo, cui parteciparono una quarantina di operatori di diversi Istituti, fu svolto in due fasi: nella prima, durata 16 giorni, venne circoscritta in prima approssimazione l’area del VI grado MSK* con la raccolta di dati relativi a circa 300 località, compilati in apposte schede. La seconda fase vide la raccolta di dati attraverso principalmente i questionari: a) inviati da ING alle stazioni dei Carabinieri; b) inviati dal PFG ai docenti di scienze di scuole medie e superiori. In totale furono resi disponibili circa 1300 valori di intensità. In Fig. 5 è presentata l’estensione dei dati raccolti, con il contorno di isosisme secondo l’uso del tempo. L’isosisma è un’isolinea che racchiude un’area contenente le località di uguale grado di intensità, cioè quelle che hanno subìto lo stesso livello di danneggiamento.

Va segnalato che, pur nelle difficoltà che accompagnano sempre questo tipo di indagini nel dopo-terremoto, l’accesso ai centri abitati risultava più facile – anche se più pericoloso – di quanto avviene ai nostri giorni in quanto era possibile accedere anche alle località abbandonate, di solito presidiate da volontari comprensivi e collaborativi”.

Rilievi geologici

“I geologi del PFG organizzarono una intensa attività di campagna volta alla definizione del campo di fratture superficiali in area epicentrale, con l’obiettivo di verificare l’eventuale esistenza di relazioni con la geometria della struttura sismogenetica profonda. Nelle conclusioni dell’articolo di Carmignani et al. (1981) si legge “non sono state trovate testimonianze di riattivazione di faglie pre-esistenti, né sono stati rilevati indizi di nuova fagliazione”.  Simili conclusioni si ritrovano anche in Funiciello et al. (1982). Come è noto queste conclusioni verranno superate negli anni successivi dal lavoro di una nuova generazione di ricercatori, a partire dalla identificazione delle tracce della sorgente sismica nella zona di Piano di Pecore (questo argomento sarà trattato in un articolo nei prossimi giorni)”.

Rilievo dei danni

Figura 6 – Mappa delle località oggetto del rilievo completo dei danni alle abitazioni (da Braga et al., 1982).

L’attività iniziale della comunità ingegneristica fu rivolta principalmente all’analisi del danneggiamento. Una indagine di grande portata fu condotta su 41 centri abitati, non tutti appartenenti alle zone di massimo danneggiamento (Fig. 6), utilizzando una scheda messa a punto dal PFG. L’indagine, che interessò circa 36.000 edifici, fu condotta in poco più di un mese da ingegneri e architetti di corpi militari e terminò entro la fine del 1980. I dati raccolti contribuirono alla determinazione di matrici di probabilità di danno e alla definizione di suggerimenti per l’aggiornamento della scala macrosismica MSK (Braga et al., 1982), in parte utilizzati in seguito per la formulazione della scala EM-92**. In particolare vennero rideterminati i valori di intensità relativi alle 41 località, valori che in parte risultarono diversi (in generale inferiori, ma non sempre) da quelli assegnati dal rilievo macrosismico di cui sopra”, conclude l’articolo di Massimiliano Stucchi.

La scala Medvedev-Sponheuer-Karnik, nota anche come MSK, era una scala di intensità macrosismica usata al tempo, ma oggi poco usata.

** La scala EM-92 è la prima versione della scala macrosismica europea, aggiornata poi nel 1998 (EMS-98).

Bibliografia

Berardi, R., A. Berenzi, and F. Capozza (1981). Terremoto campano-lucano del 23 Novembre 1980. Registrazioni accelerometriche della scossa principale e loro elaborazioni, Tech. Rept. CNEN-ENEL, Rome, Italy.

Braga, F., Dolce M. e Liberatore D. (1982). A statistical study on damaged buildings and an ensuing review of the MSK-76 scale. Eur. Cong. Earthq. Eng., Athens 1982. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 503, 65-84.

Carmignani, L., G. Cello, Cerrina Feroni A., Funiciello R., Kaelin O., Meccheri M., Patacca E., Pertusati P., Plesi G., Salvini F., Scandone P., Tortorici L. e Turco E. (1981). Analisi del campo di fratturazione superficiale indotto dal terremoto campano-lucano del 23.11.1980. Rend. Soc. Geol. It., 4, 451-465.

Del Pezzo, E., Iannaccone G., Martini M. e Scarpa R. (1983). The 23 November 1980 Southern Italy earthquake. Bull. Seism. Soc. Am., 73, 1, 187-200.

Faccioli, E. (1981). “Engineering Seismology Aspects of the M-6.5, Southern Italy Earthquake of November 23, 1980: A Preliminary Review” (1981). International Conferences on Recent Advances in Geotechnical. Earthquake Engineering and Soil Dynamics, 16. 1215-1222.

Funiciello, R., Luongo G. e Scandone P. (1982). Eur. Cong. Earthq. Eng., Athens 1982. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 503, 7-14.

Gruppo di Lavoro “Sismometria terremoto del 23.11.1980” (1981). Il terremoto campano-lucano del 23.11.1980: elaborazione dei dati sismometrici. Rend. Soc. Geol. It., 4, 427-450.

Postpischl, D., Branno A., Esposito E., Ferrari G., Marturano A., Porfido S., Rinaldis V. e Stucchi M. (1982). Southern Italy November 23, 1980 earthquake: Macroseismic Survey. Eur. Cong. Earthq. Eng., Athens 1982. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 503, 25-51.

Valensise, G. (1993). Summary of contributions on the 23 November 1980, Irpinia earthquake. Special issue on the meeting “Irpinia dieci anni dopo”, Sorrento, 19-24 November 1990, edited by E. Boschi, D. Pantosti, D. Slejko, M. Stucchi and G. Valensise, Annali di Geofisica, 36, 1, 345-351.

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