Prosegue la descrizione delle attività del Progetto Finalizzato Geodinamica a seguito del terremoto dell’Irpinia del 1980 a cura di Massimiliano Stucchi (INGV-BO), già dirigente di ricerca presso CNR e INGV, pubblicato su INGVterremoti, che riportiamo integralmente qui di seguito. (Qui la prima parte)
“Le iniziative del PFG a valle del terremoto del 1980 si caratterizzarono da subito per il forte impegno applicativo e civile, anche sotto la spinta del richiamo del Presidente Pertini lanciato subito dopo la sua visita alle zone terremotate, il 26 novembre.
Il 10 dicembre 1980 Franco Barberi, direttore del PFG, e Giuseppe Grandori, responsabile del Sottoprogetto “Ingegneria Sismica”, furono invitati dal Presidente del Senato, Amintore Fanfani, a presentare – alla presenza del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera, di rappresentanti del Governo e delle Commissioni parlamentari – i problemi relativi alla “difesa dai terremoti”. Le relazioni vennero pubblicate dal Senato, mentre il documento presentato a nome del PFG è disponibile qui”.
Proposta di riclassificazione sismica
“La mappa dei Comuni classificati sismici nel 1980 era ferma alla situazione della Lelgge 64/1974, che prevedeva solo due categorie sismiche (Fig. 8; qui le due categorie non sono distinte), con l’aggiunta delle zone colpite dai terremoti del Friuli del 1976.
La sua estensione, almeno alle zone più pericolose, era uno degli obiettivi principali del PFG. In questa prospettiva nel 1979 erano state rilasciate le “mappe preliminari di scuotibilità del territorio nazionale”, elaborazioni probabilistiche che comprendevano anche la probabilità di superamento di determinati valori di Intensità in determinati intervalli di tempo (scuotibilità = probabilità di scuotimento era la traduzione del termine “shakeability”, in uso ai tempi a livello internazionale).
A seguito del terremoto di Norcia del 1979 la legge contenente i provvedimenti relativi alle zone colpite aveva incaricato il Ministero dei Lavori Pubblici di provvedere alla riclassificazione dell’area: nel luglio 1980 il PFG aveva presentato una proposta in tal senso, rimasta in stand-by.
Dopo il terremoto del 1980 questo elaborato venne esteso a tutto il territorio nazionale nel giro di un paio di settimane sotto forma di “Carta di pericolosità sismica d’Italia” (definizione impropria in quanto conteneva elementi preliminari di valutazione del rischio) finalizzata alla classificazione sismica del territorio (Petrini, 1981; Fig. 10).
Da questo elaborato venne estratta una proposta pratica con annessa lista dei Comuni da assegnare alla prima e seconda categoria (Fig. 11) che, pochi giorni dopo l’audizione di F. Barberi e G. Grandori al Senato, venne presentata nel corso di una conferenza stampa presso il Ministero dell’Istruzione.
Semplificando, la proposta prevedeva l’inserimento in seconda categoria di tutti i Comuni i cui indici di pericolosità e rischio prescelti avessero valori non inferiori a quelli dei Comuni già classificati; fra questi, la maggior parte dei Comuni più danneggiati dal terremoto del 1980 che non era classificata come sismica, mentre alcuni di essi erano stati declassificati pochi anni prima.
Venivano poi aggiunti alcuni Comuni sulla base di considerazioni sismotettoniche e venivano indicate le zone per le quali si suggeriva la necessità di approfondimento. Di fatto, per la prima volta si proponeva come base per la classificazione sismica l’uso di elaborati scientifici in sostituzione degli elenchi dei Comuni danneggiati dopo ciascun terremoto.
La proposta venne accolta “obtorto collo”, ovvero per causa di forza maggiore, dal Ministero che richiese e negoziò con il PFG l’istituzione di una terza categoria, limitata però – ancora una volta! – alle sole zone colpite dal terremoto del 1980. Seguirono passaggi alle Regioni e decreti parziali; la nuova mappa di classificazione vide il suo completamento solo nel 1984, con il passaggio da 1456 a 2992 Comuni classificati. Si dovettero poi attendere quasi vent’anni (2003) per completare la classificazione di tutto il territorio nazionale”.
Microzonazione sismica
“Subito dopo il terremoto si pose il problema della ricostruzione e, tra gli altri problemi, si ritenne necessario tenere conto delle differenze osservate nel danneggiamento degli edifici anche entro poche decine di metri. L’iniziativa del PFG in questo settore è descritto con chiarezza nella introduzione al volume (Siro ed., 1983) che riassume i risultati, scritta da Franco Barberi:
“Il PFG decise inizialmente un intervento su due Comuni ‘campione’…e offrì alle Amministrazioni un’opera di consulenza e assistenza […] offerta che risultava piuttosto astratta, data l’inesistenza della domanda. […] Fu allora deciso di tentare un’operazione completamente diversa, cioè una microzonazione sismica speditiva da realizzare con la massima urgenza sul numero massimo possibile di comuni dell’area terremotata”.
Seguendo un documento di indirizzo predisposto da Carlo Bosi e Ezio Faccioli (Fig. 14), vennero studiati una quarantina di abitati, da squadre composte da un geologo, un ingegnere e un sismologo. In genere vennero compilate tre mappe: geologica, dei danni e di microzonazione sismica (Siro, 1982). Contribuirono anche le Regioni Emilia-Romagna e Toscana.
Le relazioni venivano consegnate, non appena ultimate, alle Amministrazioni e all’Ufficio del Commissario Straordinario. Circa il loro successo F. Barberi scrive: “In alcuni casi sono risultati certamente preziosi, in altri sono stati ignorati, sostituiti da altri commissionati dalle Amministrazioni Locali, qualche volta anche perché – spiace dirlo – le raccomandazioni urtavano contro specifici interessi di proprietà del suolo”.
Va infine ricordato che il PFG predispose e diffuse un notevole numero di fascicoli dal titolo “Ricostruire, come, dove?” destinati alle popolazioni, contenenti una parte generale e una relativa ai diversi Comuni, che vennero anche illustrati in numerose assemblee pubbliche in loco.
Il fascicolo con i risultati relativi a Laviano, Santomenna e Castelnuovo di Conza è disponibile qui“.
Conclusione
“L’intervento della comunità scientifica coordinata dal PFG a seguito del terremoto riguardò diversi settori e vide la partecipazione di alcune centinaia di ricercatori, fortemente colpiti da quello che è stato il più forte terremoto italiano dopo il 1915 e da scene di distruzione (Fig. 16) che ho rivisto, solo in minima parte, in occasione dei terremoti del 2016.
Buona parte dei ricercatori era spinta da un forte impegno sociale che permise di superare difficoltà logistiche e operative difficilmente immaginabili oggi. Va ricordato, tra l’altro, che all’epoca non esistevano computer portatili, telefoni cellulari ecc., e che le comunicazioni avvenivano quasi esclusivamente per telefono (solo in qualche caso via telex).
Questa comunità sentì forte anche il bisogno di confrontarsi: due mesi dopo il terremoto, il 27 e il 28 gennaio 1981, si tenne a Roma un Convegno Straordinario del PFG dal titolo “Il terremoto del 23 novembre 1980 e le prospettive della ricerca per la difesa dai terremoti in Italia”, cui seguì nel maggio 1981 il Convegno annuale del Progetto, tenutosi a Udine.
Per la prima volta si pervenne a stime di massima sul fabbisogno necessario per adeguare sismicamente gli edifici allora esistenti, per una cifra di 40.000 miliardi di lire, cifra riproposta in seguito dopo ogni terremoto distruttivo con gli opportuni adeguamenti; il problema maggiore, all’epoca, sembrava essere rappresentato dalla scarsità di competenze sul territorio. Il volume “Consolidamento degli edifici in muratura lesionati dai terremoti”, curato da D. Benedetti (1980), divenne rapidamente un best seller.
Nei documenti del PFG si ritrovano le tracce di quell’impegno che fu forte, soprattutto, nella struttura dirigente. Il documento predisposto per l’audizione in Senato citata più sopra “Difendersi dai terremoti: la lezione dell’Irpinia”, sorprende ancora oggi per l’ampiezza di vedute e può costituire oggi un interessante termine di raffronto per valutare i progressi compiuti in questi 40 anni. Si ritrovano inoltre proposte per il miglioramento della rete scientifica, già avanzate in bozza poco prima del terremoto (Giunta Allargata del PFG, 1980), a partire dalla necessità di superare la situazione commissariale dell’ING e di dare forme stabili di coordinamento alle iniziative dedicate alla “difesa dai terremoti” (termine introdotto proprio dal PFG) che sfociarono poi nella istituzione del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT). Anche la Commissione Grandi Rischi sarebbe stata istituita di lì a poco.
Dieci anni più tardi, il Convegno “Irpinia dieci anni dopo” (Sorrento, 19-24 Novembre 1990) vide realizzati diversi degli obiettivi descritti; vide inoltre, accanto a una quota importante di ricercatori “reduci” dall’esperienza del terremoto del 1980, una nuova generazione di ricercatori che, supportata anche da uno sviluppo tecnologico quasi impensabile nel 1980, si affacciava sulla scena portando nuove idee e nuove metodologie”, conclude Stucchi.
Bibliografia
Benedetti, D., ed. (1980). Consolidamento degli edifici in muratura lesionati dai terremoti. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 367, 180 pp. + 40.
Giunta Allargata del PFG (a cura di), 1980. Bozza di proposte relative alla riorganizzazione delle attività di ricerca e degli enti coinvolti nella difesa dai terremoti. 28 pp. + 5 allegati.
Gruppo di lavoro “Scuotibilità” (1979). Carte preliminari di scuotibilità del territorio nazionale, Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 227, 25 pp.
Petrini, V. (1981). Pericolosità sismica e politica di difesa dai terremoti in Italia. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 442, 17 pp.
Progetto Finalizzato Geodinamica (1980). Proposta di riclassificazione sismica del territorio nazionale. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 361, 84 pp.
Siro(vich) L., 1982. Microzonations in the emergency: a short technical report. Eur. Cong. Earthq. Eng., Athens 1982. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 503, 53-63.
Siro(vich) L., ed., 1983. Indagini di microzonazione sismica. Pubbl. Prog. Final. Geodin. n. 492, 220 pp. + carte.