Il tempo di intervento, in materia di tumori, ha un ruolo chiave. mediamente del 10%. Lo rivela un lavoro pubblicato su The British Medical Journal e condotto da Timothy Hanna della Queen’s University a Kingston, in Canada, i cui risultati appaiono ancora piu’ dirimenti oggi, e cioe’ nella attuale era Covid che sta comportando ritardi anche nelle cure dei pazienti oncologici. Gli esperti hanno eseguito una revisione di dati gia’ pubblicati sull’argomento fino all’aprile 2020 per un totale di oltre un milione e 200 mila pazienti oncologici, in particolare su tutta una serie di tumori (ad esempio colon, seno, testa-collo, leucemie etc) che nell’insieme costituiscono quasi la meta’ di tutte le neoplasie che si diagnosticano a livello globale.
Secondo i risultati ottenuti, per i trattamenti chirurgici si registra un aumento del rischio di morte del 6-8% ogni 4 settimane di ritardo nell’intervento, per la radioterapia o terapie come la chemio un simile ritardo si associa a un aumento del 9% e 13% del rischio di morte. Inoltre i ricercatori hanno calcolato che ritardi fino a 8-12 settimane aumentano ulteriormente il rischio di morte: ad esempio un ritardo di otto settimane nella chirurgia per cancro al seno aumenterebbe del 17% il rischio di morire della paziente, uno di 12 settimane aumenta il rischio del 26%. Nel corso di un anno un ritardo di 12 settimane nella chirurgia per tutte le pazienti con cancro del seno (scenario non impensabile in un anno come l’attuale, marcato dal Covid) potrebbe portare a qualcosa come 1.400 decessi in piu’ in Gran Bretagna per questo tumore, 6.100 in piu’ in USA, 700 in piu’ in Canada, 500 in Australia. Lo studio lancia dunque l’allarme sulle possibili ricadute dell’emergenza Covid in termini di vite umane, anche se non direttamente legate all’infezione in se’.