“Se a gennaio vogliamo ripartire con le normali attività, compresa la scuola, dobbiamo sacrificarci“. Al Natale “speravamo tutti di arrivarci in una situazione migliore, si è deciso di aspettare fino all’ultimo, sperando di poterlo evitare. Ma, nonostante un miglioramento ci sia stato, non vediamo un calo evidente di contagi e morti, il cui numero resta molto alto. Se proiettiamo questi dati sui prossimi giorni, sappiamo che avremo un aumento della circolazione del virus e dobbiamo impedirlo“. Luca Richeldi, presidente della Società italiana di pneumologia, primario al Policlinico Gemelli di Roma e componente del Comitato tecnico scientifico, in un’intervista alla ‘Stampa’ spiega come si è arrivati al decreto di Natale, che ha imposto altre rigide restrizioni per gli italiani durante le feste di Natale.
“Avremo un Natale sereno, in famiglia, anche se ristretta. Abbiamo comunque una curva epidemica in discesa e stiamo meglio di altri Paesi, come la Germania. Poi sta arrivando il vaccino. La strategia dei colori è stata unica in Europa e si è rivelata un ottimo compromesso, tenendo conto delle esigenze economiche e della richiesta da parte delle Regioni di differenziare le misure”, dice Richeldi. Le restrizioni previste a Natale sono a suo avviso “sicuramente meglio di niente”. Le prossime “non sono due settimane qualsiasi. Ci si riunisce di più, ci si assembra nelle case, con un’esposizione maggiore delle persone vulnerabili, come gli anziani. Si rischia di spianare la strada al virus”.
Si è cercato, assicura l’esperto del Cts, “di definire regole e raccomandazioni ragionevoli, che gli italiani possano accettare e rispettare”. Molti “non hanno una giusta percezione della situazione, forse con il tempo è scattato un meccanismo di assuefazione al pericolo Covid. Come quando uno va a 150 km all’ora in autostrada, poi vede un incidente e istintivamente rallenta, ma passati 10 km riprende a correre, la paura svanisce e abbassiamo la guardia“. Quanto all’appuntamento con il 7 gennaio e il dopo Feste, “riprendere le lezioni in presenza è una priorità per tutti, credo che sia giusto puntare a ripartire, ma dovremo vedere quali saranno i dati. Se i numeri lo sconsiglieranno, saremo costretti ad aspettare: non avrebbe senso riaprire a tutti i costi e poi richiudere dopo due o tre settimane”.
Lo stesso discorso era stato fatto a novembre, quando si chiedevano agli italiani ulteriori sacrifici per arrivare ad un Natale sereno. Quel Natale sereno, ovviamente, non ci sarà, sarà anomalo, diverso da quello a cui siamo sempre stati abituati, caratterizzato da severe restrizioni. Ma come se non bastasse già questa beffa, la stessa situazione potrebbe ripetersi anche il 7 gennaio. Come a dire che il Governo e i suoi esperti non sono sicuri di come andranno le prossime settimane, se le misure effettivamente serviranno a ridurre i numeri dell’epidemia. Ma soprattutto, emerge la mancanza di programmazione e organizzazione, con l’apertura delle scuole messa per l’ennesima volta in dubbio e sull’altare sacrificale del Governo.