Il SARS-CoV-2 è una malattia stagionale: 2 indicatori e 2 fattori fondamentali legati a meteo, clima e ambiente

Covid: ecco perché "Dopo i drammatici picchi di contagio e decessi dei mesi iniziali dell’epidemia, a partire da maggio il decorso della malattia è stato estremamente più mite"
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Uno studio pubblicato sull’International Journal of Environmental research and Public Health a cura, tra gli altri, dell’Istituto di ricerca su innovazione e servizi per lo sviluppo del Consiglio nazionale delle ricerche, ha analizzato in maniera sistematica e quantitativa, da aprile ad agosto 2020, il rapporto tra terapie intensive e casi attivi e quello tra decessi e casi attivi. Due indicatori significativi nello studio dell’aggressività della malattia. Entrambi questi rapporti si rivelano massimi all’inizio di aprile mentre all’inizio di agosto raggiungono valori quasi 20 volte minori rispetto al mese primaverile.

Covid-19: l’effetto stagionale

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Foto Getty Images

Esiste un effetto stagionale estremamente significativo nella diffusione e gravità del Covid-19 in Italia: lo ha dimostrato è un lavoro che si basa su una analisi quantitativa dei dati, firmato tra gli altri da Antonio Coviello e dall’associato Renato Somma dell’Istituto di ricerca su innovazione e servizi per lo sviluppo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iriss).
Dopo i drammatici picchi di contagio e decessi dei mesi iniziali dell’epidemia, a partire da maggio il decorso della malattia è stato estremamente più mite. Questa osservazione – che insieme al calo drastico dei contagi nei mesi estivi di giugno e luglio ha dato adito ad accese dispute, tra chi sosteneva la necessità di mantenere alto il livello di precauzione e chi, al contrario, sosteneva il depotenziamento del virus – è stata per la prima volta quantificata statisticamente a livello nazionale”, osserva Coviello. “Lo studio ha analizzato in maniera sistematica, da aprile ad agosto 2020, il rapporto tra terapie intensive e casi attivi e quello tra decessi e casi attivi. Due indicatori estremamente significativi nello studio dell’aggressività della malattia. Entrambi questi rapporti calano bruscamente a partire da maggio e, all’inizio di agosto, raggiungono valori quasi 20 volte minori rispetto al picco di inizio aprile”.
L’articolo, dal titolo “The evolution of COVID-19 in Italy after the spring of 2020: an unpredicted summer respite followed by a second wave”, è pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, in collaborazione con Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), Facoltà di Medicina dell’Università di Napoli Federico II, Dipartimento Ambiente della Regione Puglia e New York University, ed è firmato anche da Giuseppe De Natale, Vito Marchitelli, Lorenzo De Natale, Claudia Troise, Karen Holmberg.
Questi rapporti, sebbene influenzati dal continuo aumento dei tamponi, a un’analisi statistica accurata risultano comunque significativamente minori nei mesi estivi in cui, oltre a essere drasticamente diminuiti i contagi, anche il decorso della malattia è stato molto più mite”, prosegue Somma. “Questo effetto è in totale contrapposizione con quanto prevedevano, a maggio, i gruppi internazionali di epidemiologia che arrivavano ad ipotizzare migliaia di decessi giornalieri ed oltre 150.000 pazienti bisognosi di terapie intensive entro luglio, dopo le riaperture totali effettuate in Italia dall’inizio di giugno”.
Il calo estivo è attribuito, nello studio, a due fattori fondamentali:
L’effetto fortemente sterilizzante dei raggi solari ultravioletti sul virus e la nota stagionalità della risposta immunitaria, che in estate è più efficace e meno infiammatoria. Nella fase grave, Covid-19 si comporta essenzialmente come una malattia auto-immune, in cui i danni maggiori agli organi bersaglio, in primis i polmoni, sono generati dalla risposta infiammatoria del sistema immunitario nota come tempesta di citochine”, spiega Lorenzo De Natale dell’Università di Napoli. “La marcata stagionalità della pandemia, dimostrata per l’Italia, sembra comune agli altri paesi europei e potrebbe spiegare la letalità molto bassa riscontrata in paesi caldi e soleggiati, anche in presenza di condizioni igieniche e sistemi sanitari peggiori che nei paesi nord-occidentali”.
Infine, il lavoro analizza i trend di contagi in Italia nel periodo da fine agosto a fine ottobre, “confermando l’effetto di mitigazione estivo con l’osservazione che da settembre, assieme ai contagi, sono risaliti anche i rapporti tra terapie intensive e casi attivi e tra decessi e casi attivi, nonostante il numero di tamponi costantemente in crescita”, conclude Coviello: “Poiché andiamo incontro all’inverno, bisogna utilizzare adeguate misure di contenimento finché la vaccinazione non eliminerà il problema”.

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