“Ho detto che se continuava cosi’ dopo dieci minuti sarebbe morto? Non ricordo bene l’esatta frase ma e’ stata mal interpretata. Dieci minuti perche’ io gli dovevo mettere comunque un po’ di timore a questo signore che continuava a dire di no, rifiutandosi di indossare la maschera. Non e’ che dopo dieci minuti e’ morto. Gli ho detto cosi’ per rinforzare quella che era in quel momento la mia disperazione da medico emergentista. Come sempre dice il nostro direttore, il nostro lavoro si basa non sui minuti ma sui secondi”. Sono queste le dichiarazioni con cui Angelo Cefalo, medico del 118 di Taranto, ha chiarito nel corso di una conferenza stampa cui hanno partecipato anche il direttore generale dell’Asl Stefano Rossi e il direttore del 118 Mario Balzanelli, la sua posizione in merito al caso di Angelo Cortese, un paziente Covid di 78 anni, ex poliziotto, che era ricoverato all’ospedale Moscati dove e’ morto.
Ecco i fatti: la mattina del 3 novembre il medico avrebbe urlato al paziente la frase “Fra dieci minuti muori“, perchè l’uomo si rifiutava di indossare la maschera Cpap. Nella stessa giornata l’anziano e’ deceduto e sua figlia Angela, avvocato di Martina Franca, ha denunciato l’accaduto sostenendo di aver subito una sorta di aggressione verbale da parte del medico con il quale aveva parlato al telefono.
“Se un padre – ha osservato il dottor Cefalo – vede suo figlio uscire di corsa dalla macchina e andare per strada, finche’ con calma gli dice di non scendere e di rimanere in macchina, il bambino e’ stato gia’ investito. Il padre, invece, grida: stai qua, non uscire dalla macchina. Questo e’ stato l’urlo del dottor Cefalo nei confronti di una persona che in quel momento non voleva indossare quella maschera salva-vita. Il paziente aveva una saturazione bassissima, una concentrazione di ossigeno al limite“. Non “e’ servito – ha aggiunto il medico – nemmeno chiamare l’anestesista per provare a convincerlo: lo specialista infatti gli ha parlato dei suoi nipoti e gli ha chiesto di sacrificarsi in quel momento, mettendo la maschera, proprio per poterli rivedere. Non c’e’ stato verso”.
Secondo il dottor Cefalo “non e’ facile gestire, come ha detto il direttore della Pneumologia, il caso di un paziente che sta rispondendo male alle terapie e all’aggressione virale. L’unica speranza che gli potevamo dare per tentare di salvargli la vita era la maschera: il paziente purtroppo non l’ha messa”. “La mia – ha insistito il medico – e’ stata una reazione istintiva nei confronti di un paziente che ancora una volta diceva di no. A quel punto gli ho chiesto il permesso di rispondere al suo telefonino che squillava e rispondere alla figlia per dirle che la situazione era davvero critica. Tutto inutile. Purtroppo il paziente dopo circa 2 ore non ce l’ha fatta”. “Ho conservato come in una cassaforte – ha concluso il dottor Cefalo – i messaggi su whatsapp con la figlia, perche’ le ho dato la mia disponibilita’ per spiegarle cosa fosse accaduto e un conforto psicologico per la perdita del padre. Quella che e’ una sconfitta della famiglia e’ in primis una nostra sconfitta”.