“La fase di maltempo che ha imperversato sull’intera Penisola italiana durante l’intero ponte dell’Immacolata ha causato diffuse situazioni di risaputo rischio idraulico ed idrogeologico. Spesso però non viene considerato parimenti alla sua importanza il rischio valanghe che imperversa durante le stagioni invernali sulle nostre nevose montagne, le più antropizzate a livello globale. A partire dalla stagione invernale 1985-86 gli incidenti complessivi sono stati oltre 1550 con circa 684 deceduti. Il periodo antecedente la stagione 1999/2000 registra 445 incidenti e 273 deceduti. Il successivo periodo, esteso sino alla stagione 2017/18 annovera ben 1.095 incidenti, con 401 deceduti. Le variazioni percentuali segnalano che nell’ultimo ventennio, gli incidenti sono più che raddoppiati mentre le perdite di vita umana risultano incrementate del 50%. Significativo anche l’aumento dei feriti, che a loro volta sono cresciuti di circa 2,5 volte”: è quanto ha dichiarato Massimiliano Fazzini geologo dell’Università di Camerino, climatologo, esperto di fenomeni nevosi e Coordinatore del Gruppo Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale.
L’invito in tal senso è a non sfidare la montagna innevata almeno per altre 36-48 ore, dopodiché un graduale assestamento del manto nevoso determinerà condizioni più favorevoli alla pratica della attività ludiche in ambiente innevato per la gioia dei fruitori deli nostri splendidi rilievi, in un contesto sicuramente meno pericoloso, sempre nel rispetto delle normative in atto dettate dalla pandemia in corso”.