Il terremoto registrato nel veronese questo pomeriggio potrebbe essere collegato con quello di Milano del 17 dicembre, di magnitudo 3.8, e con quello di Scoglitti (Ragusa) del 22 dicembre, di magnitudo 4.4. Per capirlo è sufficiente analizzare la sismicità dell’area in cui si sono verificati i terremoti in questione. Partiamo da quello di Verona di oggi. Inizialmente si era pensato potesse essere collegato all’altro forte sisma della giornata, ovvero quello avvenuto in Croazia, ma l’Ingv ha chiarito che potrebbe non esservi alcun nesso.
Sono state in tutto tre le scosse registrate dai sismografi dell’Ingv in Veneto: la prima alle 14.02 con magnitudo 3.4 della Scala Richter, la seconda alle 14.44 con magnitudo 2.8 Richter, e una terza, la più forte di magnitudo 4.4 avvertita chiaramente nell’intera area Veneto-Lombarda, sempre col medesimo epicentro a Salizzole a 22 chilometri a sud di Verona. La profondità dell’ipocentro si colloca per le tre scosse a una profondità di 12 chilometri. Al momento non si hanno notizie di danni a persone o cose. La scossa più forte è stata registrata alle ore 15.37 dai sismografi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Quella interessata è un’area sismogenetica del tutto distante e distinta da quella croata, sia pure inserita nel più generale contesto tettonico di frizione tra la placca africana e quella euroasiatica, di cui i fondali del mare Adriatico sono estrema propaggine che si scontra con l’arco subalpino e alpino nord orientale. Le tre scosse veronesi, fortunatamente, hanno sviluppato una magnitudo lineare estremamente meno intensa rispetto al sisma registrato a sud di Zagabria in Croazia. Il quale, raggiungendo una magnitudo lineare stimata al 6.4, è paragonabile al sisma che colpì nel 1976 il Friuli Venezia Giulia, con epicentro Gemona e Tarcento e superiore di un decimo di grado alla scossa principale che colpì l’Aquila nel 2009.
L’area della Bassa Veronese non è classificata dalla mappa del rischio sismico italiano tra le più critiche, tuttavia storicamente, i geologi e gli storici identificano proprio in quell’area l’epicentro dell’apocalittico terremoto del 1117, testimoniato da innumerevoli cronache del tempo. Il sisma medievale fu in grado di distruggere il 90% degli edifici della città di Verona e il 50% dell’edificato nell’urbe patavina. Pare abbia pure generato un maremoto a seguito del quale Metamauco, insediamento veneziano più antico oggi Malamocco, fu sommersa e abbandonata progressivamente a vantaggio delle insulae che attualmente costituiscono la città storica di Venezia. Tornando allo sciame sismico odierno, Trenitalia fa sapere di avere, in via precauzionale e per verifiche, sospeso il traffico ferroviario nell’area interessata
“Non mi sembra plausibile ma non mi sento di escluderlo totalmente“, ha dichiarato il sismologo dell’Ingv Alessandro Amato in merito ad una possibile connessione tra le scosse di Verona e quelle croate. “E’ difficile ma è un po’ troppo presto per dirlo. Le due zone, entrambe sismiche, sono molto lontane, circa 200-250 chilometri, e quindi quella di oggi potrebbe essere solo una coincidenza temporale“. “A Verona c’è stato un terremoto molto forte nel 1117” il 3 gennaio “con una magnitudo stimata di circa 6.5 ma, come è facile capire, abbiamo a disposizione solo i dati dell’epoca“. Nonostante la coincidenza temporale, secondo Amato, è improbabile stabilire una connessione: “Se dovessi ipotizzare un collegamento ora non saprei come spiegarlo“. Spesso questo tipo di eventi avvengono “in qualche decina di chilometri su sistemi di faglie continue. Qua siamo in zone completamente diverse anche se legate alla placca adriatica“. Per dimostrare una relazione quindi “ci deve essere un modello” e studi “più approfonditi“.
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Ad avallare la tesi che tra le due scosse non vi sia connessione anche il parere del sismologo Giuliano Panza, che ai microfoni di MeteoWeb ha spiegato come sia molto sia molto più probabile una connessione tra il terremoto in Veneto e quello di Milano del 17 dicembre, e persino con quello di Siracusa del 22. Le prove stanno nell’algoritmo CN, ovvero una sorta di esperimento previsionale dei terremoti in corso ormai dal 1954. Guardando l’immagine a destra è possibile vedere come sia l’area del terremoto di oggi, sia quella di Milano e di Siracusa facciano parte dell’Adria Region, ovvero l’area segnalata in blu. Area, quest’ultima, che secondo il monitoraggio CN risulta essere in fase di allerta da mesi. “L’algoritmo CN – è spiegato sul sito web – è applicato in Italia utilizzando la regionalizzazione basata sul modello sismotettonico proposto da Peresan et al. (1999). La previsione in avanti viene regolarmente eseguita ogni due mesi, utilizzando il catalogo UCI2001 (Peresan et al., 2002), che viene aggiornato utilizzando le determinazioni preliminari NEIC degli epicentri (Peresan & Rotwain, 1998) dal 1986. Le soglie M0 per la selezione di i Forti Terremoti sono fissati, in base al loro periodo medio di ritorno, a M0 = 5,4 per la regione settentrionale e a M0 = 5,6 per le regioni centro-meridionali. Dettagli sull’applicazione della CN in Italia possono essere trovati in Peresan et al., (1999).
Sono stati condotti esperimenti di simulazione retrospettiva della previsione considerando l’intervallo di tempo in cui il catalogo è sufficientemente completo per l’applicazione dell’algoritmo CN (ovvero gennaio 1954 – dicembre 1997, per le regioni centro-meridionali, e gennaio 1964 – dicembre. 1997, per la regione del Nord). I risultati delle previsioni future vengono regolarmente forniti dal gennaio 1998″.
Il monitoraggio CN funziona dunque grazie ad un algoritmo che ‘lavora’ e processa dati in base alla sismicità locale. Si tratta di una sorta di black box (la classica scatola nera), nel quali confluiscono dati di terremoti e dal quale escono previsioni, che fino a questo momento si sono rivelate attendibili. La criticità per l’Adria Region è stata segnalata sia a luglio che a settembre 2020 da CN (http://www.mitp.ru/en/cn/CN-
Scosse di assestamento e altri falsi miti
In questi giorni, da quando i terremoti stanno interessando più punti d’Italia e di nazioni limitrofe, molti media hanno ripreso a parlare di ‘scosse di assestamento’. In merito il prof. Panza ha precisato più volte, sulle pagine del nostro giornale, che si tratta di un’espressione formalmente scorretta. L’esperto aveva formulato per la Treccani la definizione della voce “Terremoti. Previsione dei terremoti”, nella quale si legge: “In realtà, i terremoti dipendono dalle variazioni del campo degli sforzi, ma tale dipendenza è complessa, come è dimostrato dal fatto che le repliche (spesso erroneamente indicate come scosse di assestamento) avvengono sovente lungo piani dove gli sforzi dovrebbero essere ridotti dopo l’evento principale”. Per approfondire: