Il vaccino con cellule di feti abortiti, il Covid, la politica e la fede: la fine della pandemia è davvero vicina?

Tra scienza, religione e politica non ci rimane altro che metterci l'anima in pace e attendere, tra sacrifici richiesti e altri necessari, l'arrivo del vaccino anti Covid
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L’attesa del vaccino anti Covid si fa sempre più trepidante. La speranza, per molti, è che con l’arrivo del tanto agognato farmaco si possa allentare la tensione, il rischio e dunque anche le misure utili a contenere i contagi. Ma sarà effettivamente così? Con l’avvio della vaccinazioni, che in Italia saranno su base volontaria e in una fase iniziale saranno dedicate alle fasce più a rischio, saremo davvero al sicuro? La risposta non è poi così semplice e soprattutto lineare.

Partiamo da qualcuno a cui nessuno pensa quando si parla di vaccini: chi ha già avuto il Covid è opportuno che si sottoponga a vaccinazione? “Io credo che non ci siano elementi per escludere da un programma vaccinale le persone che hanno già contratto la malattia e sono guarite“, ha dichiarato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli. “Non sappiamo ancora quanto dura la vaccinazione conferita dall’infezione – ha aggiunto Locatelli – quindi per quanto non siano la popolazione prioritaria, non vedo ragione per escluderli da un programma di vaccinazione”.

andrea crisantiAltro elemento da prendere in considerazione: quanto tempo dovremo aspettare, dal momento in cui arriveranno i vaccini, per poter iniziare a vedere la luce in fondo al tunnel e iniziare a tirare un sospiro di sollievo, come dei sopravvissuti che iniziano a ripopolare un mondo lasciato per mesi a sé stesso? Anche in questo caso per la risposta ci vengono in aiuto gli esperti. “Per il vaccino ci vorrà del tempo e prima di sapere se il 70% della popolazione italiana avrà effettivamente aderito – e penso che lo sapremo verso giugno, se tutto andrà bene – fino ad allora avremo il problema di come controllare l’epidemia. Questa è la vera sfida, non credo che la vaccinazione avrà un impatto prima di 6 o 7 mesi, se tutto va bene“, ha spiegato il direttore del laboratorio di microbiologia dell’Università di Padova, Andrea Crisanti. “L’aspetto più positivo – ha aggiunto – è stato vedere una mobilitazione di risorse, cioè di quattrini, di menti e di creatività, che ha trovato soluzioni sicuramente innovative. Non era mai accaduto che un vaccino venisse portato a questo stadio in meno di un anno, quindi penso che da questo punto di vista sia un grandissimo successo della ricerca e della capacità umana di rispondere a questa sfida incredibile”.

La ‘credibilità’ del vaccino, dalla fake delle cellule di feti abortiti al mercurio

Le fake news, tanto care al popolo del web e non solo, non potevano certo risparmiare i vaccini utili a frenare la pandemia di Covid-19. Se ne potrebbe fare un lungo elenco. I vescovi inglesi, ad esempio, hanno dovuto rassicurare i fedeli sul fatto che non si commette un peccato a vaccinarsi, nonostante il vaccino sia ottenuto utilizzando le cellule di un feto abortito. Già. Molti dei vaccini di nuova generazione, come anche farmaci innovativi come gli anticorpi monoclonali e numerose terapie anticancro, utilizzano linee di cellule modificate in modo da essere ‘immortali’ e perciò sempre disponibili in ogni laboratorio di ricerca.

Henrietta Lacks

Le più celebri tra queste cellule appartengono a Henrietta Lacks, una donna americana morta per un tumore nel 1951, si chiamano HeLa e sono un riferimento mondiale nella ricerca sui tumori. La linea cellulare utilizzata nella ricerca su molti dei vaccini utili a combattere il Covid-19 si chiama HeK 293 (Human embrionic Kindney 293) ed è stata ottenuta negli anni ’70 a partire dalle cellule di un feto abortito. Queste linee cellulari, indispensabili alla ricerca sono utilizzate nella ricerca sui vaccini di nuova generazione, basati sul materiale genetico del virus, come quelli di Oxford e AstraZeneca, della Johnson & Johnson e dell’italiana ReiThera. Sono vaccini che si basano su un adenovirus reso inoffensivo dopo la privazione del gene che gli permette di replicarsi. “Quel gene è stato trasferito nella linea cellulare Hek 293 e si è integrato nelle cellule, rendendole immortali”, precisa Luigi Aurisicchio, amministratore delegato e direttore scientifico dell’azienda biotech Takis, che sta lavorando a un vaccino anti Covid-19. “Nella ricerca sul vaccino – precisa – il nuovo coronavirus viene amplificato su queste cellule e poi viene purificato: alla fine nel vaccino non c’è alcun residuo delle cellule”.

A ragion del vero, vi sono delle varianti, come ad esempio la possibilità di utilizzare un’altra linea cellulare chiamata Perc-6, derivata da cellule della retina ottenute da un feto abortito. “Si usano le cellule embrionali – osserva Aurisicchio – perché si amplificano più facilmente di un organismo adulto. La possibilità di utilizzarle ha rivoluzionato la medicina, fornendo farmaci biologici, anticorpi virus utilizzati come navetta per consegnare nelle cellule geni sani e correggere in questo modo difetti genetici”.

Ma non sono gli unici metodi esistenti per i vaccini. Oltre a questi vi sono metodi di nuova generazione tra i candidati vaccini anti Covid che continuano a seguire vie più tradizionali. Alcuni vaccini cinesi, ad esempio, sono basati sul virus stesso amplificato su cellule di scimmia che esprimono il recettore, ovvero la serratura molecolare alla quale si lega il virus per invadere la cellula; il virus viene dunque inattivato utilizzando agenti chimici che ne bloccano la capacità di infettare. “I primi vaccini degli anni ’60 erano ottenuti con questa tecnica, primo fra tutti quello antipolio“, precisa ancora l’esperto.

Vi sono poi altre tecnologie che si basano sulle proteine che sono sulla superficie del virus, come la Spike, l’arpione molecolare che il virus SarsCoV2 utilizza per agganciare le cellule. La proteina in questione viene fatta produrre a cellule di ovaio di criceto Cho (Chinese hamster ovary), di largo utilizzo nella ricerca sugli anticorpi monoclonali e farmaci anticancro. Le proteine così’ ottenute vengono purificate con adiuvanti, come alluminio e saponina per facilitare l’induzione della risposta immunitaria.

“Facciamo sacrifici ora: a gennaio arriva il vaccino”

A fronte della scienza, poi, c’è la politica. La politica che, in Italia, ci chiede sacrifici da mesi in attesa del vaccino. Ora, quella meta, sembra essere alle porte. “Rispetto alle misure che stiamo adottando si tratterà di fare altri sacrifici“, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ancora oggi. “Le stesse misure che abbiamo adottato non mi consentiranno di andare a trovare la mia famiglia. Però ricordiamoci cosa è successo quest’estate (che poi cosa sarà mai successo di così grave questa estate? Ovvero l’unico periodo in cui, nonostante le aumentate libertà, eravamo con un basso numero di contagi, ndr). Dobbiamo stare molto attenti in questa fase di discesa della curva – avverte Di Maio -. In Italia abbiamo 10 milioni di persone che si muovono. Questo è il momento cruciale, da gennaio arriva il vaccino”.

Da gennaio arriva il vaccino. E non abbiamo altra scelta che fidarci, a prescindere se decideremo di sottoporci a vaccinazione oppure no. Perché questa luce in fondo il tunnel la aspettiamo come i fedeli attendono il Messia. E dato che anche a Natale manca poco, tra scienza, religione e politica non ci rimane altro che metterci l’anima in pace e attendere, tra sacrifici richiesti e altri necessari.

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