Presentato ieri sulla rivista Astrophysical Journal Letter Supplement (APJS) un primo, dettagliato ed esteso catalogo di brillamenti solari, violente esplosioni di radiazione elettromagnetica che hanno luogo nella corona solare (la parte più esterna dell’atmosfera della nostra stella), osservati nella frequenza gamma dal Large Area Telescope (LAT), uno dei due rivelatori installati a bordo del Fermi Gamma-ray Space Telescope della NASA, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2018. Lo studio di questi eventi, condotto dalla collaborazione internazionale responsabile di Fermi-LAT, a cui l’Italia partecipa attraverso i contributi forniti dall’Istituto nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), fa chiarezza sui fenomeni responsabili dell’emissione di fotoni ad alta energia che contraddistinguono i brillamenti. Un risultato che potrebbe avere importanti implicazioni nell’ambito dello Space Weather, disciplina che si occupa di indagare i fenomeni solari al fine di prevenire i possibili danni provocati da questi ultimi ai sistemi tecnologici utilizzati nello spazio o a terra nei settori delle telecomunicazioni e dei trasporti.
La grande sensibilità di Fermi-LAT – spiega l’INFN – ha reso possibile osservare ben 45 brillamenti solari verificatisi nel periodo di massima attività dell’ultimo ciclo solare. Un catalogo che ha aumentato di 10 volte il numero degli eventi fino a oggi noti, permettendo di individuare meccanismi differenti di emissione di fotoni solari ad alta energia: fenomeni prodotti dall’accelerazione di elettroni e ioni che si possono tuttavia manifestare con caratteristiche diverse. Oltre all’emissione da parte del Sole di lampi di raggi gamma della durata di qualche minuto, in coincidenza con brillamenti rivelati nei raggi X da altri satelliti, il telescopio spaziale ha infatti registrato eventi di sorprendente estensione e durata, fino a 20 ore, che non sembrano avere una controparte in altre lunghezze d’onda.
La campagna di osservazione di Fermi ha inoltre consentito di localizzare per la prima volta, all’interno del disco solare, le aree in cui avvengono i brillamenti di più alta energia, individuando in esse comportamenti legati alle due tipologie di eventi classificati e consolidando le ipotesi sulle modalità di accelerazione delle particelle responsabili dell’emissione gamma. “Nei casi in cui siamo riusciti ad ottenere una localizzazione – sottolinea la Pesce-Rollins -, abbiamo visto che la zona di origine delle emissioni dei brillamenti estesi si sposta in funzione del tempo. Un aspetto che non si presenta invece negli eventi di breve durata, in cui la localizzazione dell’emissione corrisponde alla posizione di provenienza delle radiazioni nei raggi X, dovute all’accelerazione degli elettroni. Questo risultato suggerisce che per i brillamenti solari gamma ci sono almeno due meccanismi diversi di accelerazione degli ioni: uno responsabile della componente impulsiva, cioè breve, e uno della componente a lunga durata, che è in grado di spostare la posizione dell’emissione sul disco in funzione del tempo”.
“Questo incredibile risultato – sottolinea Elisabetta Cavazzuti, Responsabile del programma Fermi per l’ASI – corona un lungo lavoro guidato dal team italiano all’interno della collaborazione internazionale Fermi-LAT e conferma l’importanza di monitorare il cielo continuamente per molti anni con strumenti sensibili e affidabili quali il Large Area Telescope a bordo di Fermi. A differenza degli eventi astronomici unici e più clamorosi che portano grande enfasi mediatica, un catalogo è un lavoro apparentemente meno rilevante ma in realtà, basandosi su robuste analisi omogenee per i diversi eventi che lo compongono e richiedendo una solidità statistica, consente lo studio e il confronto sul lungo periodo diventando quindi una pietra importante nello studio dei fenomeni celesti”.