L’altezza è il tratto distintivo delle giraffe, motivo per il quale gli scienziati sono rimasti sorpresi di trovare due giraffe nane su due lati diversi dell’Africa. La maggior parte delle giraffe cresce fino a 4,5-6 metri, ma nel 2018, gli scienziati che collaborano con la Giraffe Conservation Foundation hanno scoperto una giraffa di 2,6 metri in Namibia. 3 anni prima, avevano trovato anche una giraffa di 2,8 metri in una riserva naturale in Uganda. I loro risultati sono stati pubblicati di recente sulla rivista British Medical Journal.
In entrambi i casi, le giraffe hanno il classico collo lungo ma gambe corte e tozze. La displasia scheletrica, questo il nome della condizione che le riguarda, colpisce l’uomo e gli animali domestici, ma lo studio afferma che è stato raro vederla negli animali selvatici. Si tratta di un raro insieme di disordini genetici che causano nanismo e altri disturbi dello sviluppo. La displasia scheletrica colpisce lo sviluppo e la crescita di cartilagine, ossa e articolazioni, provocando anomalie nell’ossificazione, soprattutto nella testa, nella colonna vertebrale e nelle ossa di braccia e gambe.
“È difficile dire con certezza cosa potrebbe causare questi tipi di displasia scheletrica in queste due giraffe. Ci sono una serie di meccanismi molecolari che possono determinare la displasia scheletrica e come questi meccanismi si traducano nello sviluppo di una giraffa è un po’ un mistero. Potrebbero esserci diverse cause nelle due differenti giraffe”, afferma il biologo Michael Brown, autore principale dello studio. L’esperto sottolinea che queste due giraffe nane non sono collegate l’una all’altra perché fanno parte di popolazioni diverse composte da due specie distinte separate da oltre 3.000km.
I numeri del mammifero più alto del mondo sono diminuiti di circa il 40% negli ultimi 30 anni a circa 111.000, quindi tutte e 4 le specie sono classificate come “vulnerabili”. “È a causa della perdita di habitat, della frammentazione dell’habitat, dell’aumento della popolazione umana, della maggior coltivazione della terra. Combinati con un po’ di bracconaggio, cambiamento climatico”, spiega Fennessy. Ma gli sforzi di conservazione hanno contribuito a far ricrescere i numeri negli ultimi 10 anni.