“Purtroppo, anche il 13 gennaio deve essere ricordato come l’anniversario di violenti terremoti italiani. Sono addirittura di due: il più antico è quello di Foligno del 1832, l’altro è quello della Marsica del 1915“: a ricordarlo è l’ing. Alessandro Martelli, luminare di fama internazionale ed esperto di sistemi antisismici, già direttore ENEA, instancabile sostenitore dell’importanza della prevenzione.
Il terremoto di Foligno del 13 gennaio 1832
Il terremoto di Foligno del 13 gennaio 1832, spiega Martelli, “(di intensità del IX÷X grado MCS e di magnitudo momento stimata MW = 6,3) si verificò alle 14:00 e durò (secondo i racconti del tempo) ben 1 minuto. Esso fu avvertito distintamente in tutto il Centro Italia (da Roma ed Ancona fino a Lucca, Firenze e Ferrara). Si presume che l’epicentro sia stato a metà strada tra Cannara e Budino. Si trattò della più violenta di una serie di scosse (di durata molto più breve) iniziata il 27 ottobre 1831, con un primo evento che aveva causato danni, anche importanti, pure a Foligno. A questo evento ne era seguito un altro, il 6 novembre, durante il quale si erano aperte alcune fenditure nel terreno ed erano risultati lesionati, più o meno gravemente, vari edifici, soprattutto a Foligno, a Bevagna ed a Spello. Poi, fino al 13 gennaio 1832, si erano verificate, ad intervalli regolari, molte altre scosse più lievi.
Il terremoto di Foligno del 13 gennaio 1832 fu talmente violento da distruggere la quasi totalità delle abitazioni di molte città della valle umbra nord. In particolare, provocò enormi danni al patrimonio storico-artistico e molti crolli anche di strutture private, in una vasta area intorno a Foligno. Inoltre, si registrarono danni significativi ad Assisi, vi furono crolli anche a Perugia (ad esempio, nel Palazzo Apostolico), molti danni a Spello, crolli e gravi danni a Trevi (ad esempio nella Chiesa della Maria delle Lacrime) ed in altri centri (soprattutto a Bastia, a Bettona, a Bevagna, a Butine, a Budino, a Cannara, a Ripa ed a Ripabianca).
Alla scossa principale del 13 gennaio seguirono numerosissime repliche, che resero difficile la ricostruzione immediata e che non cessarono fino al 19 aprile (le ultime due forti, però, si verificarono durante la notte fra il 12 ed il 13 marzo). Infatti, dopo nemmeno un’ora dalla scossa principale delle 13:30, ci fu una forte replica, risentita soprattutto a Bevagna ed a Foligno. Durante la notte successiva, poi (secondo i racconti), si contarono circa 130 repliche. Anche nei giorni successivi le scosse continuarono: prima delle due citate del 13 marzo, ve ne furono di particolarmente forti il 22 gennaio, durante la notte tra il 24 ed il 25 gennaio, il 27 gennaio ed il 10 febbraio. Alcune di tali repliche peggiorarono fortemente le condizioni degli edifici già danneggiati.
La sola scossa principale del 13 gennaio 1832 causò almeno 40 vittime, ma si presume che, nel corso dell’intera sequenza sismica, siano decedute molte più persone (anche indirettamente, poiché le condizioni degli sfollati costretti all’addiaccio erano aggravate dal freddo dell’inverno)”.
Il terremoto della Marsica del 13 gennaio 1915
Il terremoto della Marsica del 13 gennaio 1915 “(noto anche come terremoto di Avezzano) avvenne pochi mesi prima dell’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale. Per la sua forza distruttiva ed il numero di vittime da esso causato, è classificato tra i principali sismi avvenuti in Italia: infatti, fu di intensità dell’XI grado MCS e di magnitudo momento stimata MW = 7,0. Si verificò alle 7:53 del mattino, con epicentro nella Piana del Fucino, in Abruzzo, senza esser stato preceduto da alcun evento premonitore tale da creare un particolare allarme. Il terremoto devastò la regione storico-geografica della Marsica e le aree laziali limitrofe (come la Valle del Liri e il Cicolano), cancellando interi paesi, radendo al suolo completamente la città di Avezzano (dove restò intatta una sola abitazione, Casa Palazzi) e causando più di 30.500 morti, in diverse province del Centro Italia. Nella sola Avezzano crollarono edifici e monumenti (come il castello Orsini-Colonna, la collegiata di San Bartolomeo, il teatro Ruggeri, il palazzo Torlonia ed il convitto femminile “Clotilde di Savoia”) e perirono quasi 11.000 persone (compreso il sindaco) su 13.000 abitanti. Il terremoto colpì (con intensità maggiore od uguale al VII grado MCS), oltre al Lazio, anche le Marche e parte della Campania. Fu avvertito dalla Pianura Padana alla Basilicata, mentre a Roma i suoi effetti furono classificati di intensità tra il VI ed il VII grado MCS.
Nonostante la scossa del 13 gennaio 1915 avesse procurato danni pure nella capitale, il governo Salandra tardò molto a comprendere quanto vasta fosse l’area colpita e quanto drammatica fosse la situazione: l’allarme fu lanciato solo dodici ore dopo. I primi soccorsi, peraltro inadeguati, raggiunsero le aree colpite solo all’alba del 14 gennaio, anche a causa dell’impraticabilità della linea ferroviaria e delle strade, a causa di frane e di macerie indotte dal sisma.
Tra le emergenze causate dal terremoto vi fu il problema degli orfani: la maggior parte di loro fu affidata all’Opera Nazionale di Patronato “Regina Elena”. Per ospitare i terremotati, poi, furono realizzate strutture conosciute come “casette asismiche”: in parte esse sono tuttora esistenti, a memoria dell’evento,” ha spiegato Martelli.
Prevenzione dai rischi naturali, la petizione
“Come solito, dopo aver ricordato l’anniversario dei due terremoti succitati, chiedo nuovamente (a chi non lo avesse ancora fatto), di firmare la mia petizione al Governo, ai Governatori Regionali ed ai Segretari dei partiti politici perché siano finalmente attivate corrette politiche di prevenzione dai rischi naturali e di farla firmare ad altri:
Come ho già sottolineato più volte, quanto più elevato sarà il numero dei firmatari, tanto maggiore sarà la probabilità che i destinatari della petizione vi prestino attenzione, quando sarò finalmente riuscito a farla giungere in Parlamento”, ha concluso l’ing. Martelli.