Da oggi gli Stati Uniti rientrano ufficialmente a fare parte dell’Accordo di Parigi sul clima, dopo lo stop deciso da Donald Trump: sono infatti trascorsi 30 giorni dalla firma del provvedimento da parte del presidente Joe Biden, durante il suo primo giorno di lavoro alla Casa Bianca. Il patto internazionale, inaugurato nel 2015, è stato firmato da oltre 200 Paesi e gli Stati Uniti sono stati l’unico Paese a decidere di uscirne.
Il ritorno USA all’interno dell’Accordo sarà sancito da una serie di eventi virtuali a cui parteciperanno John Kerry, inviato di Biden per le questioni climatiche, gli ambasciatori di Regno Unito e Italia, il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, e l’inviato dell’ONU per il clima, Michael Bloomberg.
Nelle scorse settimane il presidente Biden ha annunciato un piano che ha come obiettivo una drastica riduzione delle emissioni entro il 2050 e all’elaborazione di nuovi regolamenti e incentivi che accelerino la transizione dai combustibili fossili all’uso di energie pulite.
“E’ una bella giornata nella nostra lotta contro la crisi climatica con gli Stati Uniti che sono di nuovo parte dell’Accordo di Parigi. Il lavoro per ridurre le nostre emissioni è già iniziato, e non perderemo tempo nell’impegnarci subito con i nostri partner nel mondo,” ha affermato il segretario di Stato Antony Blinken.
Cos’è l’Accordo di Parigi?
L’Accordo di Parigi è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici, adottato alla conferenza di Parigi sul clima (COP21) nel dicembre 2015. L’UE e i suoi Stati membri sono tra le 190 parti dell’accordo di Parigi. L’UE ha formalmente ratificato l’accordo il 5 ottobre 2016, consentendo in tal modo la sua entrata in vigore il 4 novembre 2016. Affinché l’accordo entrasse in vigore, almeno 55 paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni globali hanno dovuto depositare i loro strumenti di ratifica.
Accordo di Parigi sul Clima: quali sono i punti principali?
Tenendo a mente gli obiettivi futuri, facciamo però un passo indietro: cosa era stato deciso il 12 dicembre del 2015, quando ben 195 Paesi hanno adottato un’intesa per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2ºC? Ecco i punti principali dell’accordo.
Mitigazione – I governi hanno concordato di:
- mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine
- puntare a limitare l’aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici
- fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo
- conseguire rapide riduzioni successivamente secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo.
Quale contributo agli obiettivi dell’accordo, i Paesi hanno presentato piani generali nazionali per l’azione per il clima (contributi determinati a livello nazionale, NDC). Questi non sono ancora sufficienti per conseguire gli obiettivi concordati in merito alle temperature, ma l’accordo traccia la strada da seguire per le azioni successive.
Trasparenza ed esame della situazione a livello mondiale – I governi hanno concordato di:
- riunirsi ogni 5 anni per valutare i progressi collettivi verso gli obiettivi a lungo termine e informare le parti affinché aggiornino e migliorino i loro contributi determinati a livello nazionale
- riferire agli altri Stati membri e all’opinione pubblica cosa stanno facendo per realizzare l’azione per il clima
- segnalare i progressi compiuti verso gli impegni assunti con l’accordo attraverso un solido sistema basato sulla trasparenza e la responsabilità.
Adeguamento – I governi hanno concordato di:
- rafforzare la capacità delle società di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici
- fornire ai paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale continuo e più consistente all’adattamento.
Perdite e danni – L’accordo, inoltre, riconosce:
- l’importanza di scongiurare, minimizzare e affrontare le perdite e i danni associati agli effetti negativi dei cambiamenti climatici
- la necessità di cooperare e migliorare la comprensione, gli interventi e il sostegno in diversi campi, come i sistemi di allarme rapido, la preparazione alle emergenze e l’assicurazione contro i rischi.
Ruolo delle città, delle regioni e degli enti locali – L’accordo riconosce il ruolo dei soggetti interessati che non sono parti dell’accordo nell’affrontare i cambiamenti climatici, comprese le città, altri enti a livello subnazionale, la società civile, il settore privato e altri ancora. Essi sono invitati a:
- intensificare i loro sforzi e sostenere le iniziative volte a ridurre le emissioni
- costruire resilienza e ridurre la vulnerabilità agli effetti negativi dei cambiamenti climatici
- mantenere e promuovere la cooperazione regionale e internazionale.
Supporto – L’Accordo prevede che:
- L’UE e altri paesi sviluppati continueranno a sostenere l’azione per il clima per ridurre le emissioni e migliorare la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo.
- Gli altri paesi sono incoraggiati a fornire o continuare a fornire tale sostegno volontariamente.
- I paesi sviluppati intendono mantenere il loro obiettivo complessivo attuale di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 e di estendere tale periodo fino al 2025. Dopo questo periodo verrà stabilito un nuovo obiettivo più consistente.