Martedì 23 febbraio, l’Etna ha prodotto la quinta eruzione del mese, generando una nube di cenere ad oltre 10km di altezza. La nube eruttiva del 22-23 febbraio è la più grande emissione misurata nell’attività recente del vulcano: il satellite Sentinel-5 di Copernicus ha misurato circa 20 kilotoni di anidride solforosa (SO?).
Oltre alle grandi emissioni, un altro evento che ha stupito è il fatto che la nube si sia spostata verso nord-ovest, andando a interessare una fascia della Sicilia fino a Palermo, per poi deviare verso nord-est, coprendo tutto il Tirreno occidentale, parte della Sardegna e della Corsica e del Centro-Nord dell’Italia (vedi foto della gallery scorrevole in alto). Al tramonto, la nube è stata visibile anche da Roma, osservando l’orizzonte sul mar Tirreno. Questo evento è insolito, in quanto in genere, dopo le eruzioni, la nube di cenere dell’Etna si spinge verso sud-est, verso il Mar Ionio, sospinta dai venti nordoccidentali solitamente dominanti e comunque prevalenti nel nostro emisfero. Meno anomala, infatti, la direzione presa dalla nuvola nera dopo l’eruzione del 18 febbraio scorso, quando la cenere è arrivata addirittura in Libia. Dopo le eruzioni dell’Etna, nella storia, è molto più frequente che la cenere del vulcano siciliano arrivi in Grecia, in Turchia, a Creta o nel nord Africa centro-orientale, rispetto al Tirreno o al Nord Italia.
Considerato che, secondo gli esperti dell’INGV, l’energia accumulata sotto il vulcano è enorme e quindi i parossismi degli ultimi giorni continueranno ancora, e che l’alta pressione ci accompagnerà ancora per qualche giorno, è altamente probabile che in caso di nuove eruzioni, la nube di cenere vada ad interessare nuovamente le stesse aree del Tirreno e del Centro-Nord.