Eruzioni vulcaniche e radiazione solare: quando le nubi di cenere e gas raffreddano il clima della Terra

Il biossido di zolfo contenuto nella nube di cenere creata dalle eruzioni vulcaniche può produrre un effetto di raffreddamento: ecco gli esempi più importanti della storia
MeteoWeb

Da inizio dicembre, l’Etna è in attività e da inizio febbraio, sta producendo spettacolari parossismi con enormi fontane di lave e grandi colonne eruttive. E considerando che l’energia accumulata dal vulcano è tanta, è probabile che questa attività continui ancora a lungo. Ma quale effetto hanno le eruzioni vulcaniche sul clima?

Le eruzioni vulcaniche possono influenzare il clima in due modi principali. In primo luogo, rilasciano anidride carbonica, che contribuisce al riscaldamento dell’atmosfera ma l’effetto è molto piccolo. Si ritiene che le emissioni dei vulcani dal 1750 siano almeno 100 volte più piccole rispetto a quelle della combustione dei combustibili fossili. In secondo luogo, il biossido di zolfo contenuto nella nube di cenere può produrre un effetto di raffreddamento. Il biossido di zolfo viene velocemente convertito in aerosol e poi insieme alla cenere vulcanica forma una parziale barriera per la radiazione solare. Le caratteristiche della nube di cenere determinano ampiamente se un’eruzione vulcanica influenza il clima o no.

Foto di Davide Carbone

Un fattore importante è l’altezza nell’atmosfera. Se un’eruzione vulcanica è abbastanza grande da raggiungere la stratosfera, sopra gli 8km nelle regioni polari e sopra i 15km nelle regioni tropicali, l’assenza di meteo a queste latitudini significa che le particelle di aerosol immesse possono persistere per anni, riflettendo la luce solare verso lo spazio e raffreddando il pianeta. Le grandi eruzioni alterano l’equilibrio radiativo della Terra perché le nubi di aerosol vulcanici assorbono la radiazione terrestre e disperdono una notevole quantità della radiazione solare in arrivo: è un effetto noto come “forcing radiativo” che può durare 2-3 anni dopo un’eruzione vulcanica. Un altro importante fattore della possibile influenza delle eruzioni vulcaniche sul clima è la quantità del biossido di zolfo contenuto nella nube vulcanica e le quantità possono essere enormi. Quando ha raggiunto la stratosfera, i veloci venti possono diffondere velocemente la nube di cenere nel mondo, dando un impatto globale ad un’eruzione locale.

Diversi esempi dimostrano una chiara correlazione tra le eruzioni storiche e i conseguenti anni di freddo.

Laki

Gli USA orientali registrarono la temperatura media invernale più bassa di sempre nel 1783-84, circa 4,8°C al di sotto della media di 225 anni. Anche l’Europa sperimentò un inverno incredibilmente rigido. Benjamin Franklin suggerì che quelle condizioni fredde fossero il risultato del blocco della luce solare da parte di polvere e gas creati dall’eruzione del Laki in Islanda nel 1783. L’eruzione del Laki fu la più grande effusione di lava basaltica in epoca storica. L’ipotesi di Franklin è coerente con la moderna teoria scientifica, che suggerisce che grandi volumi di biossido di zolfo sono i principali responsabili del raffreddamento globale.

Tambora

30 anni dopo, nel 1815, l’eruzione del Monte Tambora, in Indonesia, produsse una primavera e un’estate estremamente fredde nel 1816, che divenne noto come “l’anno senza estate”. Si ritiene che l’eruzione del Tambora sia la più grande degli ultimi 10.000 anni. New England ed Europa furono colpite in maniera eccezionalmente dura. A giugno, luglio e agosto, si verificarono nevicate e gelate, con gravissimi effetti sulle coltivazioni. La distruzione dei raccolti di masi costrinse gli agricoltori a macellare gli animali. Il ghiaccio marino si estese fino alle rotte di navigazione nell’Atlantico e i ghiacciai alpini avanzarono lungo le pendici delle montagne fino a quote eccezionalmente basse.

Krakatau

L’eruzione del vulcano Krakatau, in Indonesia, nell’agosto del 1883 generò 20 volte il volume di tefra rilasciato dall’eruzione del Monte Sant’Elena nel 1980. Quella del Krakatau fu la seconda più grande eruzione della storia, superata solo dall’eruzione del Tambora nel 1815. Per mesi dopo l’eruzione del Krakatau, il mondo sperimentò un freddo eccezionale, tramonti spettacolari e crepuscoli prolungati a causa della diffusione degli aerosol in tutta la stratosfera.

Monte Pinatubo e Monte Hudson

Eruzione Monte Pinatubo

L’eruzione del Monte Pinatubo nel giugno 1991 alle Filippine produsse una nube di cenere che si estese per 35km nell’atmosfera, raffreddando parti del mondo fino a 0,4°C per due anni dopo l’eruzione.

Un mese dopo l’eruzione del Pinatubo, eruttò anche il Monte Hudson nel Cile meridionale. L’eruzione del Pinatubo provocò la più grande nube di ossido di zolfo del secolo. I combinati pennacchi di aerosol del Pinatubo e del Monte Hudons si diffusero in tutto il mondo nell’arco di qualche mese. I dati raccolti dopo queste eruzioni dimostrano che le temperature globali medie sono diminuite di circa 1°C nei due anni successivi.

Ma non solo le grandi eruzioni influenzano il clima. Studi recenti suggeriscono che anche le piccole eruzioni potrebbero aver contribuito a rallentare l’aumento delle temperature in superficie negli ultimi 20 anni circa rispetto agli anni precedenti.

Piogge tropicali

Le eruzioni vulcaniche possono influenzare più della temperatura. Studi recenti suggeriscono che le eruzioni possono influenzare la posizione della Zona di convergenza intertropicale, un’enorme fascia di bassa pressione che è la principale fonte di pioggia per gran parte dell’Africa. Questo ha implicazioni per il meteo dell’Oceano Atlantico. Se l’eruzione si verifica prevalentemente in un emisfero, allora ci si aspetta che la Zona di convergenza intertropicale si allontani dall’emisfero. Gli impatti potrebbero anche raggiungere l’Oceano Pacifico e influenzare gli eventi di El Niño. I vulcani potrebbero favorire condizioni di El Niño per un anno o due, forse seguito da una tendenza verso La Niña.

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