Il Presidente INGV Carlo Doglioni: “attenzione all’eruzione dell’Etna, è un gigante buono ma può arrabbiarsi e diventare molto pericoloso”

Il Presidente dell'INGV Carlo Doglioni, appena riconfermato nel suo ruolo, intervistato ai microfoni di MeteoWeb illustra lo stato dell'arte dell'ente e della ricerca sismica e vulcanologica in Italia, con uno sguardo speciale per l'attività dell'Etna
MeteoWeb

Pochi giorni fa il Ministro dell’Università e della Ricerca (MUR), Cristina Messa, ha riconfermato il Prof. Carlo Doglioni Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) dopo apposita selezione pubblica del MUR. Doglioni guida l’INGV in modo brillante da ormai quasi cinque anni, e oggi ai microfoni di MeteoWeb illustra la situazione del prestigioso ente scientifico di cui ha l’onere della guida, rispondendo alle nostre domande con un focus particolare sull’attività eruttiva dell’Etna che nell’ultima settimana si è particolarmente intensificata dando sfogo a 5 violenti parossismi negli ultimi 7 giorni.

Carlo Doglioni, il 27 aprile 2016 è stato nominato Presidente dell’INGV, primo geologo della storia a guidare l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. A due mesi dal 5° anniversario della sua presidenza, e fresco di riconferma da parte del neo Ministro dell’Università e della Ricerca (MUR), Cristina Messa, che emozioni prova ripensando a quel giorno della primavera 2016?

carlo doglioni
Foto Ansa

“Ho provato il senso della grande responsabilità di guidare un istituto prestigioso e ricco di personale preparato, fortemente motivato a svolgere le proprie ricerche al servizio dei cittadini e della cultura. Oggi questa sensazione si è ancora più rafforzata, consapevole delle tante necessità ed emergenze che devono essere affrontate quotidianamente, avendo preso meglio le misure del funzionamento di un ente di ricerca”.

Negli ultimi anni s’è impegnato egregiamente per risanare il bilancio INGV: che tipo di difficoltà ha incontrato per raggiungere quest’obiettivo?

“Non ci sono state particolari difficoltà: abbiamo avuto l’aiuto straordinario dei nostri ricercatori e amministrativi, sono state ridotte le spese superflue, e il Ministero dell’Università e della Ricerca, assieme al Governo, ci hanno costantemente sostenuti. L’obiettivo comune era ed è quello di un ente di ricerca che ha come scopo primario quello di progredire nella scienza ed essere il più possibile utile alla società civile che con le proprie tasse lo sostiene”.

L’INGV negli ultimi anni ha avuto una forte spinta alla progettualità scientifica: quali sono le attività che la rendono più orgoglioso?

carlo doglioni
Foto Ansa

“Sono partite tante iniziative nuove, come la rete idrogeochimica nazionale assieme all’ISPRA; sono stati messi a disposizione fondi per la ricerca libera; sono state stipulate convenzioni e aperte nuove sedi dell’INGV dentro varie università italiane; è aumentata la produttività scientifica e sono stati lanciati progetti istituzionali dei tre dipartimenti dell’ente, cioè Ambiente, Terremoti e Vulcani”.

Quali sono le nuove sfide dell’INGV per i prossimi anni?

“Abbiamo lanciato un grande progetto di ricerca decennale denominato “Pianeta Dinamico”: vogliamo ambiziosamente entrare nei segreti della Terra, ricostruirne meglio la struttura: geometria, cinematica e dinamica è il percorso analitico necessario per comprendere in maggior dettaglio come si creano e si dissipano i gradienti di pressione, e quindi anche di energia. L’INGV deve porsi degli obiettivi scientifici importanti per arricchire il patrimonio della cultura scientifica”.

Qual è lo “stato dell’arte” dell’osservazione e del monitoraggio dei fenomeni sismici e vulcanici in Italia?

carlo doglioni
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“L’INGV ha installato reti sismiche e geodetiche, oltre a monitoraggi geochimici. In Italia abbiamo circa 500 stazioni sismiche, ma pochissime in zone marine. Come esempio, il Giappone ne ha 5000, con una estesa rete anche nei mari, e molte stazioni sono installate in pozzi e sono quindi in grado di auscultare la Terra con meno rumore ambientale. Dobbiamo quindi aumentare il numero e la qualità delle stazioni sismiche e accelerometriche e geodetiche. I vulcani italiani sono tra i meglio sorvegliati al mondo, ma c’è ancora molto da fare, da migliorarsi, da aggiornarsi ogni giorno”.

Quali sono le principali criticità che la preoccupano, da Presidente INGV, per quanto riguarda i rischi sismici e vulcanici dell’Italia?

Le linee rosse rappresentano i confini delle placche, i punti rossi sono i terremoti con magnitudo superiore a 5 verificatisi dal 1966, quelli gialli sono gli epicentri dei sismi del 2009 e del 2016. Le frecce indicano il movimento delle placche in rapporto all’Eurasia: quella dell’Adriatico ruota attorno al polo rappresentato dalla stella

“Conosciamo ancora troppo poco il funzionamento della Terra, dei suoi meccanismi, e abbiamo un catalogo storico troppo breve rispetto ai tempi della geologia. Per questo non abbiamo ancora gli strumenti adatti per difenderci adeguatamente e per poter prevedere con sufficiente anticipo gli eventi catastrofici. Quindi dobbiamo investire in ricerca e monitoraggio per lo studio della Terra e degli eventi naturali. Studiamo più gli esopianeti a molti anni luce dalla Terra, che non il nostro pianeta. Quindi, per accrescere la nostra resilienza ai rischi naturali è opportuno assumere ricercatori, incrementare le infrastrutture scientifiche e iniziare una vera e capillare opera di prevenzione strutturale, che deve passare per una rivoluzione culturale nei cittadini che diventino realmente consapevoli che terremoti, eruzioni, maremoti e frane ci saranno sempre anche in futuro e che dobbiamo prepararci in tempo, prima che accadano”.

L’Etna ha ricominciato ad eruttare con spettacolari parossismi a distanza ultra ravvicinata: si tratta di fenomeni molto violenti e spettacolari, ma al tempo stesso innocui per la popolazione (il disagio più grande è la ricaduta di cenere al suolo nelle zone sottovento). L’INGV si conferma un’eccellenza scientifica per come sta gestendo la situazione con l’Osservatorio Etneo: quali potranno essere gli sviluppi?

carlo doglioni
Foto Ansa

“Stiamo monitorando l’evoluzione dell’eruzione in corso: dipenderà molto dai volumi di lava che si sono accumulati nella camera magmatica e che stanno risalendo in superficie. Dobbiamo avere la massima attenzione perché le eruzioni possono evolvere con colate che possono arrivare alle infrastrutture sui fianchi dell’Etna come avvenne nel 2001, oppure a eruzioni che si avvicinano agli insediamenti abitativi come nel 1991 e 1993. L’Etna in genere riversa i suoi prodotti nella Valle del Bove, nel suo fianco orientale, verso lo Ionio. Talora però le lave si riversano sul fianco meridionale, con bocche e fessure che si sviluppano anche a quote minori dei crateri sommitali, come sul fianco meridionale quando vi fu la più imponente eruzione nel 1669 che distrusse vari villaggi e arrivò fino a Catania. L’Etna è un gigante buono che però può arrabbiarsi e diventare molto pericoloso”.

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