Svelati i meccanismi molecolari della stimolazione elettrica transcranica che aiutano a ridurre l’accumulo di proteine alla base delle malattie neurodegenerative. A rivelarlo è lo studio “Direct current stimulation enhances neuronal alpha-synuclein degradation in vitro”, appena pubblicato su Scientific Reports, realizzato da Gessica Sala, tecnologa presso NeuroMi – Milan Center for Neuroscience, diretto da Carlo Ferrarese.
Attraverso un modello neuronale umano, lo studio ha dimostrato che la stimolazione a corrente diretta continua (DCS) è in grado di interferire sullo stato di aggregazione e sulla degradazione della proteina alfa-sinucleina, il cui accumulo è associato alla degenerazione neuronale nei pazienti affetti da malattia di Parkinson.
Oltre ai ricercatori di Milano-Bicocca, hanno collaborato allo studio i neurologi Tommaso Bocci e Alberto Priori, entrambi del Centro “Aldo Ravelli” per le Neurotecnologie e le Terapie Neurologiche Sperimentali, Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano-ASST Santi Paolo e Carlo, Milano, esperti in tecniche di neurostimolazione applicate a diverse patologie neurologiche tra cui la malattia di Parkinson, e Marta Parazzini, ingegnere dell’Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell’Informazione e delle Telecomunicazioni (CNR di Milano).
Da anni la Stimolazione transcranica a Corrente Diretta (“transcranial Direct Current Stimulation”, tDCS) è impiegata come tecnica non invasiva e sicura per modulare l’eccitabilità neuronale in pazienti affetti da diverse patologie tra cui l’ictus, le malattie psichiatriche ed i disturbi del movimento, inclusa la malattia di Parkinson. In particolare, nei pazienti con malattia di Parkinson la tDCS viene proposta come valida opzione terapeutica, in aggiunta a quella farmacologica, in quanto è provata la sua efficacia clinica nel migliorare la sintomatologia motoria e non motoria tipica della patologia.
Sebbene i dati di letteratura sui benefici clinici della tDCS siano abbondanti, i suoi meccanismi di azione restano in gran parte da chiarire. Inoltre, ad oggi questa tecnica è in uso come trattamento sintomatico e resta del tutto inesplorato il suo eventuale potenziale neuroprotettivo, cioè la sua capacità di modificare e rallentare il decorso di malattia.
Questa ricerca ha permesso di ideare un modello sperimentale utile per lo studio in vitro degli effetti biologici della stimolazione con corrente elettrica continua e, soprattutto, di evidenziare che gli effetti clinici della tDCS osservabili nei pazienti sono in grado di contrastare direttamente il principale meccanismo patogenetico della malattia di Parkinson, ovvero l’aggregazione ed il successivo accumulo intra-cellulare di alfa-sinucleina.
«Le conoscenze derivanti da questo studio – ha detto Gessica Sala, prima autrice della ricerca – gettano le basi per proseguire nell’identificazione dei meccanismi intracellulari associati alla tDCS, non solo in relazione all’effetto su alfa-sinucleina, ma anche su altre proteine tendenti all’aggregazione coinvolte nella patogenesi di altre importanti malattie neurodegenerative da accumulo proteico, quali la malattia di Alzheimer e la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)».
«Il miglioramento di queste conoscenze sarà utile per identificare e selezionare i pazienti affetti da malattia di Parkinson – ha aggiunto Tommaso Bocci – e possibilmente da altre malattie neurodegenerative che possano beneficiare del trattamento.