La conquista del Passaggio a Nord-Ovest di Roald Amundsen

Nel 1906 l'esploratore norvegese Roald Amundsen conquistò l'iconico Passaggio a Nord-Ovest che ancora ai nostri giorni rimane una delle massime imprese di navigazione che si possano compiere
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Da quando fu scoperta l’America, non un solo esploratore europeo non ha sognato di trovare il cosiddetto Passaggio a Nord-Ovest, la rotta commerciale che avrebbe messo in contatto l’Europa con l’Estremo oriente e che avrebbe risparmiato 4.000 chilometri di navigazione.
Si tratta ancora oggi della massima impresa della navigazione che mette a dura prova anche le più moderne tecnologie e i più esperti tra i marinai, rimanendo uno dei più mitici traguardi delle esplorazioni di tutti i tempi.

A riuscire nell’impresa tanto agognata fu per primo Roald Amundsen, l’esploratore norvegese che riuscì con la sua spedizione, nel 1906, a tracciare la prima rotta a Nord-Ovest, segnando così un momento cardine per la storia dell’umanità ma solo la prima delle sue grandi conquiste esplorative.

Cos’è il Passaggio a Nord-Ovest

Con Passaggio a Nord-Ovest si indica la rotta navale più diretta che collega l’Oceano Pacifico con l’Oceano Atlantico, che si trova a Nord delle coste canadesi e che passa attraverso l’arcipelago artico del Canada e il Mar Glaciale Artico.

Questo è ciò che per certo sappiamo ora, ma per secoli si era solo ipotizzato. In seguito alla scoperta del continente americano e alla colonizzazione che ne seguì, a partire dal XVI secolo furono molti gli europei che cercarono di capire se la terra fosse circumnavigabile e  presto il desiderio di trovare questa rotta fu uno dei motori di gran parte delle esplorazioni che interessarono entrambe le coste del Nord America.
A partire dal 1539, quando Hernán Cortés incaricò Francisco de Ulloa di navigare lungo l’odierna Baja California alla ricerca dello Stretto di Anián, passando per l’esploratore inglese John Davis, per Henry Hudson, fino a John Franklin.

La rotta che avrebbe risparmiato dall’Europa all’Estremo Oriente oltre 4000 chilometri rispetto ad altre rotte come, per esempio, quella del Canale di Panama, fu percorsa per la prima volta da Roald Amundsen, tuttavia, non era pratica da un punto di vista commerciale, perché richiedeva molto tempo e perché in alcuni punti le acque risultavano troppo poco profonde.

Ancora oggi il Passaggio a Nord-Ovest è il soggetto di una disputa territoriale tra Canada e Stati Uniti. Gli USA considerano il passaggio a nord-ovest come acque internazionali, mentre il Canada le considera acque territoriali canadesi.

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Chi era Roald Amundsen

Roald Engelbregt Gravning Amundsen nacque nel 1872 vicino alla cittadina di Sarpsborg nella zona sud-orientale della Norvegia.
Amundsen abbandonò la prevista carriera di medico e decise, invece, di dedicare la propria vita alla ricerca e all’esplorazione polare.

Fu da subito un marinaio abile e qualificato, lavorò a bordo di un mercantile nell’Artico, prima di imbarcarsi in qualità di comandante in seconda sulla Belgica, l’imbarcazione che negli anni compresi tra il 1897 e il 1899 fu la prima a svernare nell’Antartico.

Incoraggiato dal successo dell’impresa del Passaggio a Nord-Ovest, riuscita nel 1906, ricolse le proprie attenzioni al Polo Sud tentando di battere Robert Falcon Scott che si stava dirigendo verso l’Antartico a capo di una grande spedizione.

Amundsen piantò il suo campo base nella Baia delle Balene, punto più vicino al Polo Sud rispetto alla rotta di Shackleton seguita da Scott, e il 19 ottobre 1911 Amundsen lasciò il campo base con i suoi quattro compagni, quattro slitte e 52 cani. Due mesi dopo, nella data del 14 dicembre 1911 la bandiera norvegese sventolava al Polo Sud.

Per un esploratore che aveva vinto ogni sfida non rimaneva che una missione quella di esplorare il Mar Glaciale Artico dall’alto.

Nell’audace tentativo di sorvolare il Polo Nord, Amundsen salpò a bordo di due idrovolanti l’N24 e l’N25 che tuttavia si schiantarono sul ghiaccio.

Miracolosamente l’equipaggio riuscì a riparare uno dei due mezzi e fare ritorno alle isole Svalbard.

L’anno successivo, nel 1926, insieme all’italiano Umberto Nobile, Amundsen condusse una spedizione a bordo del dirigibile Norge (Norvegia), passando sopra il Polo Nord, sorvolando su territori fino ad allora sconosciuti, tuttavia, per l’esploratore norvegese l’Antartico rimaneva il sogno e l’ossessione di una vita.

Quando Nobile, due anni dopo, nel 1928, allestì una seconda spedizione per l’Artico a bordo dell’Italia e la spedizione scomparve, Amundsen, forte della sua esperienza prese parte a una squadra di soccorso che riuscì a trovare in vita l’equipaggio.
Aiutò a mettere in salvo parte dei sopravvissuti, tra cui Nobile con il quale i rapporti erano tesi per via del merito rispetto alla precedente avventura aereonautica. Ma quando ritornò per porre in salvo il resto dell’equipaggio, l’idrovolante francese sul quale si trovava scomparve nel mare senza mai più essere ritrovato.
Si concludeva eroicamente la vita piena di eroiche prove di Roald Amundsen.

L’impresa di Amundsen e il Passaggio a Nord-Ovest con la nave Gjøa

Il Passaggio a Nord-Ovest sembrava destinato a diventare solo una chimera fino a quando non venne, infine, conquistato da Roald Amundsen nel 1906.

Le lunghe esperienze che Amundsen aveva ricavato dai suoi molti viaggi, gli consentirono di acquisire una sufficiente sicurezza nelle proprie possibilità di riuscire nell’impresa che aveva negato il successo ai navigatori per oltre 300 anni.

Amundsen acquistò un peschereccio per la pesca alle arringhe e lo convertì in una nave particolarmente solida del peso di 47 tonnellate, la Gjøa, decidendo di dotarla oltre che di vele (troppo lente per l’obbiettivo da raggiungere) di un motore a cherosene da 13 cavalli vapore.

La Gjøa era più piccola dei vascelli solitamente utilizzati da altre spedizioni artiche, ma Amundsen aveva intenzione di sopravvivere grazie alle provviste fornite dalle terre e dai mari che avrebbe attraversato durante il percorso, tuttavia era convinto che in questo modo si potesse sfamare solo un piccolo equipaggio; inoltre, la scarsa profondità dell’imbarcazione avrebbe aiutato ad attraversare i bassi fondali degli stretti artici.

Nell’estate del 1903 l’esploratore norvegese salpò appena in tempo per sfuggire ai creditori che cercavano di fermare la sua spedizione. Con la Gjøa lasciò il fiordo di Oslo, con il suo equipaggio di 6 uomini si preparò ad aprirsi la strada tra le acque ghiacciate del Passaggio a Nord-Ovest.

Amundsen si diresse verso il Mare del Labrador a ovest della Groenlandia, da qui attraversò la Baia di Baffin e imboccò gli stretti ghiacciai dell’arcipelago artico canadese. A ovest della Boothia il tempo avverso e il mare ghiacciato bloccarono la nave di Amundsen in un porto naturale presente sulla costa meridionale dell’Isola di Re Guglielmo.

Qui la spedizione rimase bloccata per circa due anni, durante i quali l’equipaggio effettuava misurazioni durante lunghi viaggi in slitta per determinare la posizione del Polo Nord Magnetico e apprendendo molti misteri su quei luoghi impervi e le tradizioni culturali degli Inuit.
Quando il Gjøa ripartì era il 13 agosto 1905 e navigò nel Mare dei Beaufort rimanendo nuovamente bloccato tra i ghiacci a nord dello Yukon.
La spedizione ebbe successo raggiunse finalmente Nome in Alaska il 31 agosto del 1906 la “Gjøa” percorse gli ultimi tratti del passaggio. Erano stati necessari ben tre anni per completare il viaggio.

Durante la navigazione Amundsen e i suoi uomini raccolsero una grande quantità di dati scientifici, i più importanti dei quali riguardavano il magnetismo terrestre, e registrarono le proprie osservazioni sull’esatta locazione del Polo Nord magnetico. Inoltre, lungo il Passaggio a Nord-Ovest misero insieme molto materiale etnografico sulla popolazione degli Inuit con cui Amundsen stesso ebbe un rapporto speciale.

Alla fine di questo periglioso viaggio l’esploratore entrò nella città di Circle in Alaska e inviò un telegramma che annunciava il successo dell’impresa.

Roald Amundsen e lo straordinario popolo degli Inuit

Il destino del Passaggio a Nord-Ovest

Nonostante l’impresa di Amundsen rimane ancora oggi una delle imprese mitologiche più celebri di tutti i tempi, l’esploratore norvegese aveva impiegato 3 anni e solo nel 1944, il passaggio fu completato in una sola stagione; quando la St. Roch, uno schooner della Reale Polizia a cavallo canadese riuscì a stabilire questo ulteriore traguardo.

Da quel momento la possibilità che finalmente il Passaggio a Nord-Ovest si potesse trasformare effettivamente in una rotta marina commerciale, moltiplicò gli sforzi e i tentativi di numerose spedizioni. Navi militari e imbarcazioni commerciali tentarono per decenni di renderlo un tratto più praticabile.

Nel 1969 ci provò la SS Manhattan, supportata dalla nave rompighiaccio canadese, la CCGS John A. MacDonald e dalla CCGS Louis S. St-Laurent. La Manhattan era una grande nave petroliera, appositamente rinforzata in modo che fosse in grado di resistere alla pressione dei ghiacci, ma nonostante la nave riuscì a compiere il viaggio dall’inizio alla fine, non si ottenne altro che confermare l’impraticabilità della rotta sia in termini di costi che in termini di tempi e questo spinse a preferire la costruzione del Trans-Alaska-Pipeline System (l’oleodotto che attraversa l’Alaska).

Nel corso del tempo furono numerose le imbarcazioni da diporto che riuscirono a compiere il tragitto con tempistiche sempre più rapide, e nel 1984 la nave passeggeri MS Explorer diventò la prima nave da crociera a compiere il Passaggio a Nord-Ovest, tuttavia il 2007 vedrà la sua fine con l’affondamento nell’Oceano Antartico.

Perché il Passaggio a Nord-Ovest è così difficile?

Il Passaggio a Nord-Ovest, nonostante la conquista di Amundsen non divenne mai una rotta utilizzata per il commercio a causa della sua complessità, nonostante o forse proprio a causa di questo il suo fascino rimane intatto e ammalia tutti i naviganti da ogni parte del mondo poiché il Passaggio a Nord-Ovest rappresenta una delle massime prove per la navigazione come la conquista dell’Everest lo è la sfida più ambita per ogni grande alpinista.

Il momento più indicato per tentare la perigliosa impresa ancora oggi è l’estate, quando i ghiacci si sciolgono e si apre una sorta di corridoio naturale.
Le temperature nonostante i mesi più caldi dell’anno rimangono ovviamente glaciali e arrivano anche sotto i -15°C e l’acqua raggiunge invece i -4°C.
Cadere nelle acque artiche può comportare la morte in pochi minuti, già dopo 5 si è va in ipotermia e questo ancora oggi che pure esistono le tute di sopravvivenza che vengono indossate costantemente da chi tenta l’avventura.

Un altro dei pericoli noti ma non per questo meno insidiosi sono gli iceberg che ingannano anche l’occhio più esperto, quello che può sembrare un piccolo isolotto di ghiaccio in realtà nasconde con buona probabilità una montagna di ghiaccio sottostante, proprio come indica il noto detto, si tratta della punta dell’iceberg.

Il rapporto in media è di 1 a 10, un isolotto di ghiaccio di appena 30 o 40 metri corrisponde a una montagna di ghiaccio sommerso delle proporzioni di 300 o 400 metri.

A complicare la navigazione c’è il sole di mezzanotte che comporta 24 ore di luce costante e che disorienta i ritmi sonno veglia, rendendo complesso il mantenimento della soglia di attenzione necessario per fronteggiare tutti i pericoli e gli imprevisti; inoltre, mette a dura prova la vista che richiede di passare tutti i lunghissimi giorni necessari al timone senza mai poter riposare gli occhi con il buio notturno.

Le carte nautiche esistono ma non sono fisse poiché il ghiaccio è sempre in movimento, i blocchi di ghiaccio viaggiano a una velocità che può anche arrivare a superare i 6 nodi e non esistono previsioni realistiche ma a supportare la navigazione c’è solo l’esperienza passata, senza nessun dato certo.

Credit: Phil Livermore (Università di Leeds)

Non ultimo elemento a complicare la navigazione vi è il fatto che la bussola non funziona nel tragitto del Passaggio a Nord-Ovest perché troppo vicino al Polo Nord magnetico e che neppure il GPS sia affidabile.
Non resta che navigare ad occhio, come fece Amundsen e ripercorrere il brivido eccitante di potersi affidare solo all’esperienza e all’intelligenza tutta umana in cui si nasconde il segreto del successo di questa impresa senza eguali.

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