Chi desidera soggiornare nei luoghi che hanno ospitato una delle fiabe fantasy che sono state più determinanti nell’immaginario cinematografico dell’ultimo trentennio non può che visitare Rocca Calascio: uno dei set per le riprese di “Lady Hawke” ma anche de “Il Nome della Rosa” interpretato da Sean Connery nel 1986.
Il magnifico castello domina dai suoi oltre 1.500 metri di altitudine tutta la piana dell’abruzzese Campo Imperatore e tra gli spazi restaurati del borgo e della Rocca si respira la suggestione senza tempo delle arti antiche come la falconeria che viene ancora qui praticata.
Rocca Calascio: il castello
La Rocca si erge, infatti, ad un’altezza di 1520 metri sul livello del mare, dominando con una vista mozzafiato il versante sud del Gran Sasso d’Italia.
La struttura è realizzata interamente in pietra bianca a conci squadrati e si compone di un maschio centrale, di una cerchia muraria merlata in ciottoli e di quattro torri d’angolo a base circolare con una forte scarpatura.
La posizione dominante sul territorio rendeva Rocca Calascio un punto focale del sistema difensivo territoriale ed era utilizzato come sito d’osservazione militare e come punto di comunicazione con le altre torri e castelli vicini. Con queste si entrava in contatto mediante l’ausilio di torce durante la notte e di specchi nelle ore diurne grazie agli innumerevoli collegamenti ottici disseminati nel territorio fino al versante Adriatico.
La prima citazione del castello si ha in un documento del 1380 dove viene citata come torre di avvistamento isolata, tuttavia, la costruzione della torre è da collocarsi intorno all’anno 1000 d.C..
Ad Antonio Piccolomini si deve attribuire, invece, la realizzazione delle 4 torri attorno all’originario torrione di Rocca Calascio, che avvenne verso il 1480, insieme al muro di cinta intorno all’abitato e alla ricostruzione di gran parte dello stesso distrutto dal furioso terremoto del 1461.
Durante questo periodo la rocca vide svilupparsi il proprio peso economico, con la dominazione aragonese, infatti, fu istituita la “Dogana della mena delle pecore in Puglia” e la pastorizia transumante divenne la principale fonte di reddito del Regno. Si calcola che la Baronia nel 1470 possedesse oltre 90.000 pecore e fornisse ingenti quantità di pregiata “lana carapellese“a città come Firenze e L’Aquila.
A metà del XX secolo anche le ultime famiglie rimaste abbandonarono il borgo e la rocca rimase completamente disabitata.
Il castello è stato oggetto di una serie di restauri conservativi tra il 1986 ed il 1989 volti a consolidarne la struttura e a consentirne il recupero architettonico-funzionale rendendolo oggi fruibile gratuitamente ai visitatori e divenendo una delle principali attrazioni turistiche della zona.
I dintorni e il Borgo di Rocca Calascio
La chiesa, oggi adibita a semplice oratorio, probabilmente fu fondata su una preesistente edicola rinascimentale e presenta una struttura esterna a pianta ottagonale con un ambiente adibito a sacrestia collocato su una delle facciate; è inoltre sormontata da una cupola ad otto spicchi.
Quando il castello fu posto sotto il controllo dei capi di pecore coinvolti nella transumanza sulla direttrice del regio tratturo per Foggia, ai suoi piedi vide svilupparsi un piccolo borgo, a sua volta cinto da mura.
Il suo sviluppo rimase legato alle modeste dimensioni del castello, all’esiguo numero di uomini che riusciva ad ospitare, e alla necessità di salvaguardare una popolazione non eccessivamente ampia dagli assalti di invasori e pirati.
Il borgo è stato sottoposto negli anni a numerosi restauri conservativi, ma nel tempo hanno affiancato i restauri pubblici anche interventi di semplici appassionati della montagna abruzzese che hanno contribuito così al recupero del sito.