Era il 18 febbraio del 1930, quando l’astronomo americano Clyde Tombaugh osservò quello che è considerato uno dei corpi celesti più particolari del Sistema Solare e che fino al 2006 venne considerato il nono pianeta del sistema solare.
Da quell’anno, infatti, Plutone viene considerato una pianeta nano poiché non rispetta uno dei criteri che l’Unione astronomica internazionale reputa salienti per considerare un corpo celeste come un pianeta. Nonostante ciò, la sua scoperta e gli studi sulle sue peculiarità non smettono di appassionare astronomi professionisti e amatoriali da tutto il mondo.
La scoperta di Plutone
Già dal 1905 il mondo dell’astronomia notava in Urano anomali comportamenti, la sua orbita appariva disturbata da una forza gravitazionale che non sembrava essere quella di Nettuno.
Il miliardario di Boston, Percival Lowell, già fondatore e direttore dell’osservatorio di Flagstaff, Arizona, si convinse dell’esistenza di un “Pianeta X“, al di là di Nettuno, del quale delineò anche l’orbita ipotetica.
Per trovarlo, Lowell mise a punto l’astrografo, una macchina in grado di comparare lastre fotografiche di cielo a diverse ore, e vedere in questo modo se qualcosa cambiasse rispetto allo sfondo delle stelle fisse. L’astronomo, tuttavia morì nel 1916, prima di individuare l’oggetto della sua ricerca e lasciando il mistero irrisolto.
Le ricerche furono sospese per un decennio anche a causa della disputa legale sulle questioni ereditarie tra la vedova di Lowell e l’osservatorio.
Sulle ricerche di Lowell venne messo a lavorare il ventiquattrenne Clyde Tombaugh, un astronomo americano di origini contadine.
Tombaugh nacque nel 1906 in Illinois e la sua famiglia aveva una fattoria, egli si appassionò fin da giovanissimo all’astronomia, ma una tempesta disastrosa rovinò a tal punto i raccolti della sua famiglia da mettere fine alle sue speranze di entrare al college.
La sua passione, tuttavia, lo potrò a costruire un telescopio all’età di appena 20 anni, dopo essere rimasto insoddisfatto da quelli presenti in commercio.
Con il suo telescopio amatoriale, Clyde fece osservazioni dettagliate di Giove e Marte, che mandò al Lowell Observatory al fine di avere opinioni di astronomi professionisti.
Nel 1929, dopo aver fatto vedere al direttore gli schizzi che realizzava, riproducendo ciò che osservava con il telescopio, coronò il suo sogno entrando all’osservatorio di Flagstaff.
Per sei lunghi mesi il giovane Tombaugh lavorò alacremente sulle lastre fotografiche del cielo notturno e si dice che osservò 45.000 oggetti celesti.
Per confrontare le lastre fotografiche e studiare l’eventuale spostamento degli oggetti osservati, il giovane astronomo creò un’innovativa macchina simile a uno stereocomparatore.
Alla fine, questa grande fatica portò al risultato sperato: il 18 febbraio 1930 confrontando alcune immagini l’astronomo rilevò lo spostamento di un oggetto luminoso nel cielo, in una posizione compatibile con quella ipotizzata per il “Pianeta X” da Lowell.
Tombaugh stesso raccontò: “Improvvisamente mi balzò agli occhi un oggetto di quindicesima magnitudine. Eccolo, mi dissi. Un’emozione incredibile mi travolse: questa sarebbe stata una scoperta storica. Mi diressi subito nell’ufficio del direttore. Cercando di controllarmi, entrai nell’ufficio ostentando indifferenza. ‘Dr. Slipher, ho trovato il suo Pianeta X‘”.
Nelle lastre fotografiche e impressionate a 6 giorni di distanza, era possibile vedere un “puntino” di quindicesima magnitudine che cambiava posizione: era il nono pianeta del sistema solare. La notizia della scoperta, tuttavia, venne comunicata all’Harvard College Observatory il 13 marzo 1930, per farla coincidere con il giorno di nascita di Percival Lowell e omaggiare così colui che per primo aveva avuto l’intuizione.
Le tappe successive alla scoperta e il destino di Plutone
Il primo maggio del 1930 finalmente il nuovo pianeta riceve un nome: questo fu suggerito da una bambina inglese di 11 anni, Venetia Burney, dopo che lo staff dell’osservatorio aveva chiesto consigli praticamente a tutto il mondo.
Plutone venne ritenuto un nome adatto, perché lo scuro e distante pianeta non era poi così diverso dal dio greco del mondo sotterraneo. P e L, inoltre, le prime due lettere del nome, sono anche le iniziali di Percival Lowell.
Nel giugno del 1978, lo studio di Plutone si arricchì di una nuova scoperta: James Christy e Robert Harrington, dall’Osservatorio Navale americano Flagstaff Station, scoprirono una piccola protuberanza sul disco di Plutone che ricorreva periodicamente nelle lastre fotografiche che lo ritraevano.
Si trattava di un satellite a cui fu attribuito il nome di Caronte, ancora una volta ispirato dal traghettatore delle anime dei defunti nell’Ade del pantheon greco-romano.
La temporanea apparizione e sparizione della luna è dovuta alla rotazione del satellite e di Plutone attorno ai reciproci centri di gravità. Caronte, infatti ha dimensioni molto grandi rispetto ai satelliti prima osservati, il suo diametro misura circa la metà di quello di Plutone tanto che si ipotizzò, talvolta, durante gli studi che si potesse trattare di un sistema di pianeti binari.
Nel 1988 i ricercatori del Kuiper Airborne Observatory, che è in grado di effettuare operazioni di ricerca da 14 km di quota, osservando come la luce di una stella di fondo veniva oscurata dal passaggio di Plutone, scoprirono che il pianeta ha una sottile atmosfera, formata dalla sublimazione di ghiacci di metano, di azoto e di monossido di carbonio che lo ricoprono.
Nell’ottobre del 2005 gli scienziati della Johns Hopkins University di Baltimora annunciarono la scoperta di due nuove lune a cui vennero attribuiti i nomi di Notte e Idra; mentre quelli scoperti nel 2011 e nel 2012 grazie alle osservazioni di Hubble sono stati chiamati Stige e Cerbero.
Tutti questi nomi sono stati scelti per la loro affinità con il regno dell’oltretomba greco: l’Idra di Lerna, infatti, è il serpente a 9 teste, mentre 3 sono le teste del guardiano dell’oltretomba il celebre cane policefalo a 3 teste Cerbero; Notte è un’antica divinità che dimorava nell’Ade; infine, Stige è uno dei cinque fiumi infernali.
La riclassificazione di Plutone a pianeta nano
La fascia di Kuiper è una regione del sistema solare che si estende dall’orbita di Nettuno fino a 50 UA (l’unità astronomica che rappresenta la distanza tra la terra e il Sole) dal Sole.
Si tratta di una fascia costituita da corpi minori nella quale, nel luglio 2005, Mike Brown del California Institute of Technology annunciò l’esistenza di Eris (la dea greca della discordia), un pianeta nano ghiacciato di dimensioni simili a quelle di Plutone, mettendo in dubbio così lo status di pianeta di Plutone. Eris, infatti, ha dimensioni leggermente minori di Plutone ma è dotato anch’esso di un piccolo satellite Disnomia.
Nel 2006 Plutone viene declassato; dopo essere stato considerato per decenni il nono pianeta del Sistema Solare e viene riclassificato come pianeta nano dall’Unione astronomica internazionale (Iau).
Le ragioni che hanno portato l’Iau a riclassificare Plutone sono da ricercare nelle caratteristiche che l’unione ha attribuito al termine “pianeta“. Per godere di questo status, un corpo celeste deve rispettare tre requisiti:
- Orbitare attorno al Sole.
- Avere una massa sufficiente da assumere una forma quasi sferica.
- Possedere dominanza orbitale, cioè non avere sula propria orbita altri corpi di dimensioni paragonabili alla propria che non siano suoi satelliti
Plutone non soddisfa quest’ultimo requisito, in quanto ha una massa pari a solo 0,07 volte quella degli altri oggetti della sua zona orbitale.
Si stima, inoltre che vi siano circa 35 mila oggetti nella fascia di Kuiper di circa un centinaio di chilometri di diametro e anche se Plutone appare più grande non è molto diverso da tutti gli altri se non per un particolare: quello di apparire molto più luminoso.
Plutone è dunque un pianeta nano composto principalmente da ghiaccio e roccia, che possiede una massa inferiore a quella della Luna e ha un’orbita eccentrica e inclinata rispetto al piano dell’ellittica.
Il 14 luglio del 2015, la sonda New Horizon ha inviato una enorme quantità di foto, informazioni e dati su Plutone, rivelando ghiaccio bollente, colline di ghiaccio d’acqua e montagne di ghiaccio di oltre 3.500 metri, mostrando come questo corpo celeste non somigli a nessun altro nel nostro Sistema Solare e meritandosi così a buon diritto la passione dei “plutoniani” di tutto il mondo.