Un nuovo metodo di produzione del grafene adattabile alle esigenze industriali e un nuovo dispositivo ad alta efficienza per le telecomunicazioni a banda larga sono stati messi a punto da un team di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia: le innovazioni sono state sviluppate dai ricercatori italiani nell’ambito dell’iniziativa europea Graphene Flagship che ha l’obiettivo di sviluppare nuove soluzioni ad alto contenuto tecnologico per favorire la competitività dell’Ue sui mercati internazionali.
I risultati delle due ricerche sono stati presentati in due pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, Acs Nano e Nature Communications, dal team coordinato dalla ricercatrice Camilla Coletti, a capo dei Graphene Labs dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) a Pisa, e da Marco Romagnoli, responsabile dell’Advanced Technologies for Photonic Integration Lab al Cnit a Pisa. Finanziata dalla Commissione Europea nel 2013, l’iniziativa decennale Graphene Flagship è attualmente alla fase di core3, ovvero nella parte di progetto più orientata a raggiungere obiettivi industriali in diversi settori, dal biomedicale, ai compositi, all’energia fino all’optoelettronica. All’interno della Graphene Flagship, l’italiana Camilla Coletti coordina i lavori scientifici del team internazionale dedicato alla produzione del grafene e al suo utilizzo nell’ambito delle telecomunicazioni. La scienziata italiana è coinvolta nel progetto Spearhead Metrograph, dove i dispositivi fotonici a base di grafene, spiegano dall’Iit, “assumono la duplice funzione di ricevitori e trasmettitore di segnali pensando a una loro larga introduzione sul mercato“.
Metrograph promuove la collaborazione tra il mondo accademico e le industrie più avanzate nel settore con l’obiettivo di sviluppare prototipi che abbiano le caratteristiche adeguate per diventare prodotti high-tech. La nuova tecnica, messa a punto nei laboratori del Centro di Iit a Pisa, il Center for Nanotechnology Innovation (Cni) presso il Nest, riguarda la realizzazione di cristalli di grafene dello spessore di un atomo e la loro integrazione su piattaforme fotoniche industriali. I ricercatori sottolineano che questa tecnica “può essere tradotta in un processo automatico trasferibile nella produzione a larga scala“. Il nuovo metodo consente di ottenere 12.000 cristalli di grafene in un singolo wafer, corrispondenti alla configurazione e alla disposizione esatta di cui si ha bisogno per i dispositivi fotonici a base di grafene.
Camilla Coletti, coordinatrice dei Graphene Labs di Iit, osserva che “tradizionalmente, quando si mira ad integrare il grafene su larga scala, si parte dalla sintesi di un singolo strato di grafene ampio centinaia di centimetri quadrati e lo si trasferisce su piattaforme fotoniche (wafer): sarebbe infatti molto difficile trasferire un’area ampia come un ‘lenzuolo’ e spesso quanto un atomo, senza generare grinze e buchi“. “La nostra tecnica -spiega ancora Coletti- permette di ottenere singoli cristalli di grafene, con eccellenti proprietà strutturali ed elettroniche, esattamente dove servono. I cristalli di grafene sono poi trasferiti nelle configurazioni più adeguate per la realizzazione di dispositivi fotonici, in questo caso senza il rischio che si creino difetti“. I gruppi di ricerca italiani hanno applicato la nuova tecnica di produzione alla progettazione di fotorilevatori al grafene ad alta velocità.
I dispositivi fotonici a base di grafene offrono diversi vantaggi: assorbono la luce dall’ultravioletto al lontano infrarosso, consentendo comunicazioni a banda ultra larga, e hanno al loro interno un’elevata mobilità delle cariche elettriche, consentendo una trasmissione dati che supera le reti Ethernet alle migliori prestazioni, infrangendo la barriera dei 100 gigabit al secondo. “Nel grafene quasi tutta l’energia della luce può essere convertita in segnali elettrici” osserva Marco Romagnoli del Cnit a Pisa. “E’ una caratteristica -sottolinea Romagnoli- che permette di ridurre enormemente il consumo di energia e massimizzare l’efficienza dei dispositivi per le telecomunicazioni“.
I ricercatori assicurano che rispetto ai dispositivi classici, “che presentano limitazioni in termini di dimensioni e costi, l’utilizzo di dispositivi a base di grafene permetterebbe di ridurre il consumo energetico, rendendo il futuro delle telecomunicazioni un futuro low-carbon“.
Il lavoro di ricerca ha visto il coinvolgimento, oltre all’Iit e al Cnit, di altre realtà di ricerca italiane, l’Inphotec e il Tecip Institute – entrambe con sede a Pisa, la start-up innovativa CamGraphiC, la multinazionale Nokia, con i gruppi di ricerca in Italia e Germania, e il Cambridge Graphene Centre dell’Università di Cambridge nel Regno Unito.