La realizzazione della pila rappresentò l’epilogo di un lungo ed entusiasmante dibattito che coinvolse l’intera comunità scientifica dell’epoca e che ebbe come protagonista Alessandro Volta che il 20 marzo del 1800 annunciò al mondo l’invenzione della pila.
Visse tra il Settecento e l’Ottocento e fu uno studioso e inventore molto prolifico che si applicò non solo allo studio dei fenomeni elettrici ma si dedicò anche alle caratteristiche e alle potenzialità del metano, che grazie alle sue intuizioni divenne uno dei gas più utilizzati per le attività umane.
Le esperienze e le prime invenzioni di Volta
A sua disposizione venne messo il gabinetto di scienze naturali all’interno del Seminario, un laboratorio in cui condusse numerosi esperimenti che lo fecero allontanare per sempre dal sacerdozio che era la strada desiderata dalla sua famiglia.
Già alla fine degli anni Settanta del Settecento metteva in dubbio le interpretazioni più autorevoli e accreditate dell’epoca sui fenomeni elettrici e nel 1775 realizzò la prima delle sue invenzioni: l’elettroforo perpetuo.
Si trattava di un disco con un manico perpendicolare che utilizzato con un panno di lana era in grado di ottenere una carica elettrica da utilizzare in particolari esperimenti.
Dopo aver ottenuto la cattedra di fisica sperimentale presso l’Università di Pavia, negli anni seguenti si dedicò alla ricerca pratica. Partendo dagli studi eccellenti di molti dei suoi contemporanei realizzò numerose invenzioni tutte connesse con lo sfruttamento dei fenomeni elettrici.
Anche se posti a distanza, se uno dei due conduttori veniva caricato sul secondo parallelo viene indotta elettricità di tipo opposto senza che vi fosse la trasmissione di elettricità per contatto. Le cariche di tipo opposto, richiamate sulle superfici affacciate dei due dischi rimanevano “condensate” per effetto dell’attrazione reciproca.
Seguirono molte altre invenzioni importanti per misurare in modo più scientifico e accurato l’elettricità a cui fece seguito la proposta di introdurre misure standard.
L’invenzione della pila
Non fu una scoperta casuale né tantomeno improvvisa poiché furono necessari anni di studi e di osservazioni di lavori precedenti.
Proprio negli anni in cui Volta nasceva, Jurgen Georg von Kleist realizzava il prototipo di un condensatore di elettricità che venne chiamato “bottiglia di Leida” e che venne utilizzata nella seconda metà del XVIII secolo per gli esperimenti tra gli altri dell’italiano Luigi Galvani.
Sull’elettricità animale le teorie di Galvani sostenevano che gli animali erano percorsi da un “fluido elettrico” e che questa elettricità fosse generata dal cervello e trasportata dai nervi ai muscoli dove veniva immagazzinata.
Volta notò che il movimento della rana era molto più accentuato quando nell’esperimento venivano utilizzati metalli differenti tra di loro e su questa base contestò fermamente l’ipotesi di Galvani intuendo che non era la rana ad essere la causa diretta del passaggio della corrente.
La versione ultima della sua invenzione era costituita da una colonna di dischi di zinco alternati a dischi di rame che avevano come strato intermedio un cartone imbevuto di acqua salata o resa comunque acida; le piastre erano dei conduttori debolmente carichi, che agivano incessantemente, in modo che la loro carica si ristabilisse da sé dopo ogni scarica, collegando i due poli della colonna con un conduttore elettrico si realizzava quindi un circuito in cui passava una corrente continua.
Ma come si generava elettricità? Nel sistema di Volta, ogni disco creava una differenza di potenziale tra il metallo e la soluzione di cui era imbevuto il cartone, in questo caso era lo zinco ad assumere il potenziale più negativo rispetto al rame e lo squilibrio che si creava consentiva il passaggio di una corrente elettrica dal rame allo zinco quando i due elettrodi venivano collegati a un filo conduttore.
L’annuncio “politico” della scoperta
Volta pronunciava queste parole in merito alla sua invenzione: «Questo è il gran passo, fatto sulla fine dell’anno 1799, passo che mi ha condotto ben tosto alla costruzione del nuovo apparato scuotente; il quale ha cagionato tanto stupore a tutti i Fisici; a me grande soddisfazione»
Volta non era solo un grande scienziato ma anche un intelligente “politico”. In quegli anni, le due più prestigiose istituzioni scientifiche dell’epoca in Europa erano la Royal Society a Londra e la Royal Societé di Parigi e, con entrambe le istituzioni lo scienziato intratteneva da sempre fitte corrispondenze tecnico-scientifiche.
La pubblicazione di una ricerca, richiedeva un grande quantitativo di esami e verifiche che potevano durare anche degli anni. Tuttavia, la lettera alla Royal Society finì nelle mani di Tiberio Cavallo, lo scienziato membro della società con cui Volta aveva un consolidato rapporto di stima scientifica e di amicizia.
Cavallo bruciò le tappe e consentì a Volta di pubblicare l’articolo dopo solo 5 mesi, nel settembre del 1800, con il titolo: “On the Electricity excited by the mere Contact of conducting Substances of different Kinds”.
In tal modo Volta fu consacrato senza discussione come genio e a lui fu assegnata la paternità della pila senza che altri potessero batterlo sul tempo.
La lettera fu, inoltre, scritta in francese, una scelta lungimirante poiché in quegli anni infuriava la guerra tra Napoleone e gli austriaci, che rientrati in Lombardia nell’aprile del 1799 avevano soppresso l’università dismettendo e persino incarcerando i professori e costringendo Volta a rientrare a Como.
Tre mesi dopo la comunicazione con la Royal Society, tuttavia Napoleone, grande estimatore del comasco, dopo la vittoria a Marengo del 14 giugno 1800, riaprì l’università di Pavia, reintegrando Volta come Professore di Fisica Sperimentale e nominandolo direttore del Gabinetto di Fisica.
Volta ricevette numerosi riconoscimenti negli anni successivi alla sua invenzione e alcuni furono politici come la nomina a senatore del Regno d’Italia sempre da parte di Napoleone.
Inoltre, quando i rappresentanti dei paesi più tecnologicamente avanzati si incontrarono a Parigi per definire le principali unità di misura, non ebbero dubbi nell’assegnare alla “tensione elettrica” proprio in nome di Volt.