Eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: i “confetti” del Teatro Romano di Ercolano, un unicum in ambiente vulcanico

Gli insoliti “confetti” carbonatici ritrovati nei depositi dell’eruzione vesuviana del 79 A.D. sono forse meno noti di altri famosi reperti, ma sicuramente contribuiscono a rendere unica la storia di questo evento e del suo impatto sul territorio
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“Il teatro romano di Ercolano, in provincia di Napoli, fu completamente sepolto durante l’eruzione del 79 A.D. da potenti strati di cenere e lapilli. La costruzione era stata già danneggiata dal terremoto del 62 A.D. L’edificio era stato costruito in età augustea e poteva contenere duemila cinquecento persone (figura 1). È stato il primo edificio nell’area vesuviana ad essere scoperto, nel 1710, da un contadino, durante gli scavi di un pozzo. Il contadino, Ambrogio Nocerino, durante gli scavi trovò alcuni pezzi marmo che vendette“, si legge in un articolo pubblicato sul blog INGVvulcani a cura di Massimo Russo.

Il pozzo destò interesse in Emanuele Maurizio d’Elboeuf, nobile francese che era stato nominato luogotenente generale della cavalleria asburgica a Napoli. Il d’Elboeuf acquistò il terreno del contadino, e iniziò ad esplorarne il sottosuolo mediante cunicoli sotterranei. Scoprì statue, colonne e un dolium, contenitore di terracotta usato per la conservazione di olio o vino.

Nel 1730 iniziarono scavi sistematici e le prime mappature del sito archeologico di Ercolano; il luogo divenne una tappa obbligata del Grand Tour. Il teatro è ancora oggi per la maggior parte sepolto sotto la coltre di tufo.

Ma andiamo a capire cosa sono i “confetti” di cui si parla.

In un breve appunto inedito del 1955 (o 1956), il mineralogista e vulcanologo Antonio Parascandola scrive a proposito del Teatro:

In Ercolano ho potuto constatare la presenza di cabasite [NdR: un minerale] nel tufo e anche nel tufo ricoperto di calcite nel teatro di tale città. Difatti le acque percolanti attraverso questo tufo non solo sciolgono il carbonato di calcio da frammenti di calcare metamorfosato in tale massa disseminato, ma anche la calcite della malta di sovrastanti edifici ed incrosta di un naspro calcitico [NdR: con naspro si intende una sottile patina, come la glassa su un dolce] con piccole stalattiti il tufo, non solo, ma tale acqua cadendo a terra incrosta i frammentini di tufo formando numerose concrezioni analoghe ai “confetti” di Tivoli.

Questi “confetti” o “perle”, sono geologicamente indicate come pisoliti. Sono formazioni abbastanza comuni nelle grotte carsiche calcaree, ma in ambiente vulcanico costituiscono un unicum.

Recentemente sono venuto in possesso del materiale raccolto da Parascandola donatomi dal nipote Pasquale. Tra i reperti erano presenti alcuni frammenti che, secondo la descrizione, si sono formati per la dissoluzione e precipitazione della calcite dei blocchi di calcare metamorfosato presente nei depositi piroclastici da flusso dell’eruzione del 79 A.D.

La formazione delle concrezioni calcaree è dovuta al ben noto processo chimico che porta alla dissoluzione della calcite (CaCO3) in presenza di acqua (H2O) e anidride carbonica (CO2):

CaCO3 + CO2 + H2O ? Ca2+ + 2HCO3 + H2O

La diminuzione di anidride carbonica in soluzione inverte la direzione di questa reazione con conseguente precipitazione della calcite:

Ca2+ + 2HCO3 ? CO2 ? + H2O + CaCO3?

Le stalattiti si formano in questo modo (Figura 2). Se la goccia d’acqua, satura in CaCO3 scorre lungo una superficie sovrastante (il tetto) leggermente inclinato si possono formare delle “vele” (Figura 3).

Figura 3 – Stalattite carbonatica con parte a “vela” di 8 cm.

“Più interessante, invece, è la presenza di pisoliti libere su alcune zone del pavimento tufaceo del teatro. Qui l’acqua di caduta ha inizialmente creato delle vaschette concave, che si sono formate per erosione meccanica. Il percolare dell’acqua ha formato lentamente delle sfere calcitiche più o meno perfette che si sono accresciute concentricamente intorno ad un germe, solitamente un granello di sabbia o un minuscolo sassolino.

Fino a che l’accrescimento è piccolo e lo stillicidio è continuo, la pisolite viene fatta continuamente rotolare dalle gocce d’acqua, si mantiene libera e si accresce uniformemente in tutte le direzioni. E’ così che acquisisce la forma sferica. Quando il peso aumenta, la pisolite smette di spostarsi e si ancora sul fondo della vaschetta che man mano si calcifica a sua volta. Il meccanismo di formazione è spiegato in Figura 4″.

Figura 4 – Meccanismo di formazione di pisoliti in grotta.

“Le pisoliti vengono denominate pittorescamente anche “confetti” o “perle”. Sono generalmente di colore bianchissimo simile alla porcellana smaltata. Le dimensioni arrivano fino a due o tre centimetri.

Nel carosello in basso alcune delle formazioni descritte prelevate da Antonio Parascandola dalle vaschette del teatro Romano di Ercolano. Questi insoliti “confetti” carbonatici sono forse meno noti di altri famosi ritrovamenti nei depositi dell’eruzione del 79 A.D., ma sicuramente contribuiscono a rendere unica la storia di questo evento e del suo impatto sul territorio”, conclude l’articolo di Massimo Russo.

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