Dittatura sanitaria? Forse è proprio ciò di cui avremmo bisogno

La dittatura sanitaria non c'è, anche se la gente ha tanti validi motivi per pensarlo. E forse - al contrario - sarebbe proprio ciò di cui avremmo disperatamente bisogno per far funzionare le cose come negli altri Paesi
MeteoWeb

Molto si è parlato negli ultimi mesi di “dittatura sanitaria“: lo hanno fatto cittadini, manifestanti, esponenti politici e sindacali, associazioni di commercianti. In linea di massima l’hanno sempre fatto a sproposito, anche se gli amministratori nazionali e locali dall’inizio della pandemia ne hanno combinate di ogni e hanno effettivamente assunto scelte e atteggiamenti tendenti al dispotico e al tirannico. Abbiamo sentito – ad esempio – un governatore regionale minacciare l’arrivo dei carabinieri alle feste di laurea “con i lanciafiamme“, dare delle “bestie” ai cittadini che non indossavano la mascherina e inveire contro i bambini che volevano andare a scuola accusandoli di essere cresciuti bevendo “latte al plutonio“.

LItalia ha anche affrontato un lockdown senza eguali nel resto del mondo per durata ed estensione, da marzo a maggio 2020 quando non c’era il coprifuoco notturno perchè avevamo un coprifuoco totale h24. Abbiamo visto rincorrere runner solitari sulle spiagge, elicotteri atterrare in riva al mare per allontanare un bagnante isolato, agenti di tutte le forze dell’ordine elevare multe poi annullate dai Tribunali perchè incostituzionali, delatori aizzati dai massimi organi dello Stato denunciare persino quei genitori che stavano accompagnando a passeggio gli sventurati figli autistici. Tutto il Paese è rimasto in lockdown la scorsa primavera per due mesi abbondanti quando al Centro e al Sud, da Toscana e Marche (comprese) in giù, con i parametri di oggi tutte le Regioni sarebbero sempre rimaste in “zona bianca“. Cioè hanno distrutto l’economia di tre quarti del Paese senza alcuna ragione sanitaria.

Lo Stato, inoltre, ha chiuso attività senza prevedere adeguati indennizzi nè per i titolari nè per i dipendenti, e anzichè incrementare i trasporti e gli orari di apertura al pubblico di ogni tipo di locale per combattere gli assembramenti e dilazionare nel corso del tempo le presenze, gli amministratori locali e nazionali hanno fatto a gara a chi chiudeva di più, come se il problema non fosse il distanziamento per evitare il contagio ma – appunto – le privazioni delle libertà personali come accade nei regimi dittatoriali. Dove, però, non sono arrivati a tanto: nella famigerata Cina comunista, ad esempio, hanno fatto un solo lockdown di un mese e mezzo limitato alla Provincia di Hubei, che conta 59 milioni di abitanti a fronte di una popolazione nazionale di 1 miliardo e 433 milioni. E’ come se in Italia avessimo chiuso soltanto la Provincia di Torino, ed effettivamente lo scorso anno avremmo dovuto chiudere (in modo tempestivo) soltanto le Regioni colpite dal contagio, cioè Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Valle d’Aosta. Invece il Governo italiano prima ha ignorato e sottovalutato il problema, poi s’è affidato all’unico metodo possibile per evitare guai senza prendersi responsabilità: chiudere tutto e accusare i cittadini di essere colpevoli della pandemia con la caccia all’untore per i runner, gli aperitivi, la movida, i viaggi. E dopo un anno siamo il Paese con il più alto numero di morti e le più gravi perdite economiche.

C’è ancora qualche idiota che blatera degli “errori dell’estate“, ignorando che a fronte di un virus che ha un’incubazione compresa tra 4 e 7 giorni, la seconda ondata è iniziata a metà ottobre quando l’estate era finita da un pezzo e dopo 5 mesi di “liberi tutti”, folle e assembramenti senza mascherine in cui il contagio era rimasto completamente azzerato grazie alle condizioni meteorologiche e atmosferiche tipiche della stagione estiva, quando tutti i virus dell’apparato respiratorio non circolano proprio grazie alle condizioni meteo e agli stili di vita. A Napoli il 18 giugno migliaia di persone si sono ammassate in strada per festeggiare la vittoria della Coppa Italia della squadra partenopea, e gli ospedali sono rimasti vuoti nei 4 mesi successivi. La stessa cosa è successa a Reggio Calabria per celebrare il ritorno in serie B della Reggina, ma i nosocomi erano “Covid-free” e tali sono rimasti fino a metà ottobre.

Molto spesso – inoltre – le scelte adottate per contrastare la pandemia sono state assolutamente controproducenti dal punto di vista della salute e del benessere: la scienza consiglia di trascorrere più tempo possibile all’aria aperta, e invece ci hanno chiuso in casa dando il messaggio che per stare al sicuro bisogna stare chiusi, ignorando che invece è proprio all’interno che ci si contagia più facilmente. La scienza consiglia regolare attività fisica e sportiva, e invece quello dello sport (palestre, piscine etc.) è stato il settore più colpito da chiusure indiscriminate, nonostante siano frequentate in grandissima prevalenza da giovani, che fortunatamente non hanno conseguenze gravi da questo virus.

Bisognava proteggere gli anziani, e invece si è preferito massacrare tutti gli altri. E ancora oggi c’è qualcuno che accusa gli adolescenti e i ragazzi, costretti da un anno a privazioni senza precedenti nella storia, di non capire la gravità della situazione: è al contrario, sono questi ottusi a non capire la gravità delle conseguenze che le misure anti Covid e le assurde restrizioni stanno provocando su un’intera generazione fragile, quella dei più piccoli.

Appare evidente che l’Italia non è e non è stata in una dittatura sanitaria, ma è altrettanto chiaro che la gente ha avuto tanti validi motivi per pensarlo, sentendosi vittima di un regime oppressivo e totalitario. Il libro di successo di Bruno VespaPerchè l’Italia amò Mussolini (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus“, ci fornisce uno spunto molto interessante per analizzare a fondo ciò che è successo in Italia nell’ultimo anno e paragonarlo a una (vera) dittatura come appunto è stata quella fascista un secolo fa.

Le scelte adottate dagli amministratori dell’Italia nell’ultimo anno sono state alimentate esclusivamente dalla necessità di accrescere il proprio consenso. Per farlo, hanno cavalcato la paura della gente, speculando sulla pandemia. In questo, i decisori dell’Italia del 2020 hanno vestito in toto i panni di ogni buon dittatore, che riesce a portare il popolo dalla sua parte soffiando sulle paure dell’opinione pubblica e individuando un nemico da fronteggiare. Che in questo caso è stato il virus.

Una caratteristica tipica di tutti i regimi dittatoriali, però, è che a fronte delle ignobili privazioni delle libertà dei cittadini, le cose funzionano perchè chi decide non è tenuto a rispettare vincoli imposti dalla burocrazia e dai regolamenti tipici delle democrazie. Non è un caso che i Paesi meno trasparenti e democratici (vedi Cina, Russia, Turchia) siano riusciti a fronteggiare la prima fase della pandemia con un’efficienza di Stato che rappresenta un miraggio per qualsiasi democrazia occidentale. Hanno prodotto e inoculato i vaccini in barba ai tempi e alle cautele del mondo occidentale, hanno adottato delle scelte più o meno rigide e poi le hanno fatte rispettare con i controlli, hanno costruito ospedali, distribuito mascherine, prodotto respiratori ed effettuato tamponi con numeri e ritmi assolutamente non paragonabili a quelli americani ed europei.

Adesso, però, anche le migliori democrazie si sono organizzate e non è un caso che Israele, Regno Unito e USA – proprio le più grandi democrazie occidentali – siano i primi Paesi al mondo per numero di vaccini somministrati: in base agli ultimi dati disponibili, Israele ha già vaccinato addirittura il 56% dell’intera popolazione, superando il 98% negli over 60. Il Regno Unito ha raggiunto il 30% di copertura vaccinale e parliamo di un Paese che, a differenza di Israele, ha 68 milioni di abitanti. Stessa percentuale per gli USA che hanno raggiunto le 100 milioni di dosi somministrate: è come se in Italia avessimo già vaccinato tutti due volte. Quindi anche in democrazia le cose possono funzionare.

Artefice di questo grande (nuovo) miracolo americano è stato il Generale Gustave Perna, nominato da Trump e poi confermato da Biden come responsabile dell’operazione “Warp Speed” ideata dal governo americano per la produzione, distribuzione e somministrazione del vaccino. Perna (originario del Sud Italia) è un Generale dell’esercito americano che è stato a lungo capo della logistica dell’US Army: ha pianificato la gestione informatica delle prenotazioni per i vaccini e la loro distribuzione in tutte le città di tutte le contee di tutti gli Stati americani con un’efficienza straordinaria. Degna della migliore dittatura, ma nella più grande democrazia liberale.

Non è un caso se ieri il neo premier Mario Draghi ha rimosso il commissario di Conte, Domenico Arcuri, sostituendolo con il Generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo che dal 7 novembre 2018 è Comandante Logistico dell’Esercito. Proprio il ruolo della logistica è di fondamentale importanza per la distribuzione dei vaccini, come dimostra l’esempio americano. E l’Italia nelle vaccinazioni fino ad oggi ha fallito in toto, così come aveva già fallito per i tamponi, per i respiratori, i posti letto di terapia intensiva e tutto ciò che serviva per fronteggiare la pandemia con efficienza di Stato senza chiudere tutto e scaricare le colpe sulla gente.

Ancora oggi sui vaccini c’è chi ritiene erroneamente che il problema sia la mancanza di dosi, mentre altri blaterano di “no vax” e obbligatorietà con l’unica necessità di individuare colpevoli a cui scaricare le responsabilità dello Stato. Come se non ci fossero file chilometriche di milioni di italiani vogliosi di vaccinarsi!

Foto Dominic Lipinski / Ansa

Sui vaccini, è chiaro che se la mancanza è solo europea, visti i successi degli altri Paesi già citati, è comunque una grave responsabilità dei nostri amministratori. Ma i numeri dicono un’altra cosa: in base agli ultimi dati aggiornati stamattina, in Italia sono già arrivate 6.293.860 dosi ma ne sono state somministrate soltanto 4.354.008, pari al 69,2%. Ci sono 2 milioni di dosi pronte e disponibili, che però non vengono somministrate lasciando milioni di persone esposte al rischio di ammalarsi e intasare gli ospedali. Se davvero il nostro problema fosse quello della mancanza delle dosi, avremmo dovuto somministrare il 100% dei vaccini disponibili. Invece l’attuale situazione significa che anche se avessimo ricevuto cento milioni di vaccini, saremmo fermi alle somministrazioni attuali per la scarsa organizzazione e le inefficienze di un sistema che già a fine dicembre si era inceppato perchè i medici degli ospedali pubblici erano in ferie per le festività natalizie e non potevano somministrare i vaccini, proprio mentre il sistema produttivo italiano era in ginocchio per le chiusure adottate proprio per evitare di intasare gli ospedali dove il personale pagato dallo Stato se ne poteva stare beatamente in ferie. Un cortocircuito clamoroso e inaccettabile.

Ecco, alla luce di tutto questo forse una (vera) dittatura sanitaria all’interno del nostro contesto democratico sarebbe proprio ciò di cui avremmo bisogno. Come USA, Regno Unito e Israele, c’è l’assoluta necessità di fare in fretta anche in deroga a regolamenti e burocrazie tipiche di ogni democrazia. Che ci importa di passare dall’UE? Che ci importa di far firmare 11 fogli di consenso informato? Che ci importa di tenere i vaccinati sotto osservazione 30 minuti dopo l’inoculazione? Nelle più grandi democrazie non si perdono in queste quisquilie, e ormai anche tanti Paesi europei minori come Serbia, Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, hanno abbandonato il regolamento comunitario adottando in autonomia altri vaccini. Che ci sia anche qualche stupido che continuasse a parlare di “dittatura sanitaria“, tanto c’è comunque lo stesso. Ma almeno faremmo funzionare le cose.

Anche perchè – non bisogna dimenticarlo mai – democrazia non significa anarchia, ricatti delle minoranze e governo di tutti. Significa, in soldoni, che la maggioranza vince. E governa. E fa le cose. Altrimenti la democrazia diventa un pantano di inefficienza e incapacità che distrugge lo Stato e fa collassare il sistema.

E se dittatura sanitaria significa fare i vaccini, ben venga.
E se dittatura sanitaria significa avere un’unica voce tecnico-scientifica che consiglia il governo, ben venga.
E se dittatura sanitaria significa stabilire delle regole e poi farle rispettare, ben venga.

In Italia, invece, non abbiamo avuto alcuna dittatura sanitaria (purtroppo). I vaccini non vengono somministrati, il governo per un anno intero si è piegato a un Comitato tecnico-scientifico composto da una task force di decine di pseudo scienziati che dovevano indicare la strada da seguire ma invece erano ogni giorno a litigare in TV dicendo tutto e il contrario di tutto confondendo ulteriormente la gente. Inoltre, anzichè imporre il distanziamento e l’adozione dei protocolli anti contagio controllando con gli agenti che venissero rispettate le regole e punendo in modo esemplare chi invece non si adattava alle esigenze delle misure anti pandemia, abbiamo preferito chiudere tutto per tutti dopo avergli anche fatto spendere i soldi per mettersi a norma.

No, la dittatura sanitaria non c’è. Ma forse è proprio ciò di cui avremmo bisogno.

Condividi