La violenta eruzione dell’Etna di ieri mattina ha provocato danni e disagi sul versante orientale del vulcano, particolarmente colpito dalla ricaduta di cenere, lapilli, pietre e bombe vulcaniche che hanno coperto il suolo di un’abbondante coltre nera fin sulle coste orientali dell’area compresa tra Giarre e Acireale. Nei paesi più colpiti (Milo, Santa Venerina, Zafferana Etnea) sono stati misurati fino a 30kg di cenere per ogni metro quadro, un quantitativo enorme. Gravi danni soprattutto alle automobili, con i parabrezza distrutti dalle bombe vulcaniche, cioè “gocce” di roccia ardente superiori ai 6cm. Questi frammenti di lava hanno colpito il versante orientale in modo incessante per quasi un’ora a causa delle condizioni meteo: la presenza dell’Anticiclone garantisce da giorni una stabilità particolarmente anomala per il periodo invernale, e i venti sono completamente assenti. Proprio l’assenza di venti ha determinato una ricaduta di cenere, pietre e bombe vulcaniche sul versante orientale dell’Etna in modo particolarmente persistente dopo l’eruzione, mentre solitamente i venti spazzano via la nube eruttiva molto più rapidamente determinando “piogge” di cenere più brevi e innocue. Molto raramente la cenere è caduta con tale abbondanza, arrivando a provocare gravi disagi alla viabilità persino sull’autostrada A18 Messina-Catania, nel tratto di Giarre.
La situazione è ancora critica stamani. A Giarre, dalle prime ore di questa mattina sono entrati in azione i mezzi della Igm, che gestisce il servizio di igiene urbana, per la rimozione della cenere vulcanica che si e’ depositata sul manto di strade e piazze. Gli interventi che prevedono l’impiego di alcune squadre, in questa prima fase, stanno interessando i principali assi viari ad alta densità veicolare e nel centro storico. Uomini e mezzi dell’azienda hanno concentrato gli sforzi, già dalle 7 di questa mattina, in piazza Duomo, piazza Arcoleo, corso Italia e via Callipoli. Le operazioni proseguiranno poi, come l’impiego di bob cat, soffiatori e spazzatrici in tutta la città. Igm d’intesa con l’Amministrazione comunale rinnova l’invito ai cittadini di depositare all’esterno delle abitazioni, i sacchetti di raccolta cenere vulcanica, che dovranno essere trasparenti, derivanti dallo spazzamento delle proprie abitazioni, di terrazze, balconi, cortili. Più critica la situazione a Milo, Santa Venerina e Zafferana, dove per pulire ci vorrà più tempo e sono coinvolti direttamente tutti i cittadini. Ieri dopo l’eruzione ci sono stati anche numerosi incidenti stradali provocati proprio dalla cenere sull’asfalto.
Le condizioni meteorologiche sono risultate determinando anche per l’incendio scoppiato dopo l’eruzione sul Monte Rinatu: siamo in pieno inverno ma quest’anno ha fatto poco freddo e soprattutto ha piovuto pochissimo. Il clima secco degli ultimi mesi ha determinato una condizione di vegetazione precocemente secca già a fine febbraio. Così l’erba, il fogliame e gli arbusti dell’area etnea hanno preso fuoco molto facilmente all’arrivo del materiale piroclastico incandescente. Se l’inverno fosse stato più piovoso, certamente la vegetazione rigogliosa e verde avrebbe impedito l’innesco del rogo e le bombe vulcaniche incandescenti si sarebbero spente senza innescare un incendio.
L’incendio del monte Rinatu, nella parete settentrionale della Valle del Bove a quota medio-bassa, ha preoccupato i residenti etnei ben consapevoli che se da un lato le eruzioni sommitali non sono particolarmente preoccupanti, l’Etna può aprire bocche eruttive a quote inferiori e in quel caso può determinare vere e proprie catastrofi anche nei centri abitati. La vista del fumo provocata dall’incendio ha preoccupato gli etnei, ma l’INGV ha chiarito subito che non c’era nessun motivo di preoccuparsi proprio perchè non si trattava di alcuna nuova bocca eruttiva ma “semplicemente” di un incendio determinato dall’eruzione e dalle condizioni meteo particolarmente secche di questo periodo.
Il vulcanologo dell’INGV Boris Behncke ha spiegato che “Non sarebbe la prima volta in questi anni che materiale caldo lanciato dal Cratere di Sud-Est abbia raggiunto distanze piuttosto notevoli. Nei casi del 23 febbraio e del 23 novembre 2013, bombe incandescenti sono cadute fino a 5-6 km di distanza; una di esse l’ho trovata nel secondo di questi eventi nei pressi della chiesetta di Magazzeni, raffreddata superficialmente ma ancora incandescente all’interno. La questione se si tratta di “lapilli” o “bombe” non è fondamentale in questo caso: bombe sono frammenti con diametri di più di 6.4 cm, al di sotto si chiamano lapilli. Questi termini non dicono se si tratta di frammenti lavici densi o porosi, ma è proprio questa distinzione che fa la differenza: se sono frammenti densi, anche dalle dimensioni di lapilli, mantengono più facilmente il calore che frammenti porosi. Nel 2013 sono cadute bombe molto porose con diametri fino a mezzo metro a 5-6 km di distanza, ma non erano più incandescenti quando sono arrivate a terra“.
Pochi giorni fa, in un’intervista concessa a MeteoWeb, il Presidente dell’INGV Carlo Doglioni ha detto: “Stiamo monitorando l’evoluzione dell’eruzione in corso: dipenderà molto dai volumi di lava che si sono accumulati nella camera magmatica e che stanno risalendo in superficie. Dobbiamo avere la massima attenzione perché le eruzioni possono evolvere con colate che possono arrivare alle infrastrutture sui fianchi dell’Etna come avvenne nel 2001, oppure a eruzioni che si avvicinano agli insediamenti abitativi come nel 1991 e 1993. L’Etna in genere riversa i suoi prodotti nella Valle del Bove, nel suo fianco orientale, verso lo Ionio. Talora però le lave si riversano sul fianco meridionale, con bocche e fessure che si sviluppano anche a quote minori dei crateri sommitali, come sul fianco meridionale quando vi fu la più imponente eruzione nel 1669 che distrusse vari villaggi e arrivò fino a Catania. L’Etna è un gigante buono che però può arrabbiarsi e diventare molto pericoloso”.