La notte scorsa l’Etna ha dato spettacolo con il suo tredicesimo parossismo in meno di un mese. Un evento che secondo gli esperti non si discosta di molto dagli altri, ma che ha avuto un risentimento particolarmente forte, essendo stato avvertito dalla popolazione fino in Calabria. Non solo in Sicilia e in modo particolare nel versante orientale del vulcano, ma anche in alcune zone di Reggio Calabria i cittadini sono stati risvegliati da boati e vetri che vibravano, con fenomeni simili in tutto e per tutto a quelli di un terremoto. Ma cosa è accaduto nel vulcano? E perché questo forte risentimento? Lo abbiamo chiesto a Salvatore Giammanco, Primo Ricercatore presso l’INGV-Osservatorio Etneo, Sezione di Catania, che ha approfondito ai microfoni di MeteoWeb la questione della propagazione delle onde dovuta a particolari eventi atmosferici.
“Tra tutti gli eventi atmosferici è in particolare il vento quello che guida molto un maggiore risentimento dell’attività. C’è anche da dire che quella della notte scorsa è stata una fontana di lava molto energetica che, insieme al tremore vulcanico, ha aggiunto il massimo tra tutti gli eventi avvenuti, ma non si tratta di nulla di eccezionale. Siamo sempre nella norma dell’attività vulcanica. In merito al risentimento e alla percezione da parte della popolazione bisogna tenere in considerazione che le onde di pressione prodotte dall’attività eruttiva si propagano nell’atmosfera per via del vento, ma anche della densità dell’aria e dell’umidità. In ogni caso è sempre un qualcosa di esterno al vulcano. Non è nulla di più di quello che ha fatto fino a questo momento l’Etna. Nelle colline reggine, ad esempio, può essere stato maggiormente avvertito perché le onde di pressione si propagano proprio verso l’alto. I Monti Peloritani posti proprio di fronte alla Calabria fanno sì che le onde di pressione vengono bloccate, mentre quelle più alte riescono ad arrivare a distanze enormi”. Ne consegue che nei territori calabresi posti a livello del mare il risentimento sia inferiore rispetto a quelli posti più in alto, come ad esempio in collina.
“Anche la morfologia del territorio gioca un ruolo fondamentale – prosegue Giammanco -. Durante l’eruzione del 2014 si aprirono delle bocche eruttive piccole, esplosive ed effusive, quasi all’interno della Valle del Bove, che funge da cassa di risonanza. Non era nulla di eccezionale, ma per il punto in cui si era formato produceva rimbombi e faceva tremare i vetri delle case fino a Catania. La gente terrorizzata e ricevetti diverse segnalazioni, ma era quesitone di posizione della bocca eruttiva, nulla di più. Basta che la sorgente dell’eruzione sia più superficiale e le onde sonore si propagano maggiormente. Le giornate molte nuvolose, ad esempio, fanno sì che non si senta molto l’attività eruttiva – precisa l’esperto INGV -, perché le nuvole bloccano la propagazione delle onde sonore. L’Etna andrà avanti così per mesi” e speriamo continui con innocui parossismi come quelli che stiamo vedendo ormai da settimane, in modo da evitare un’eruzione più forte utile a disperdere tutto il gran quantitativo di energia accumulato dal vulcano.
Quello che la popolazione siciliana sta vivendo in queste settimane è semplicemente il ciclo naturale dell’Etna, “è la vita che ci viene donata dal vulcano. Dobbiamo ringraziare i vulcani anche per l’acqua che ci regalano. Senza vulcani non esisterebbero gli oceani, dato che il 98% la loro acqua arriva proprio dal magma. E l’Etna – conclude Giammanco – ogni giorno ci regala da 1 a 2 milioni di tonnellate di acqua che poi ricade come pioggia”.