La natura è un grande alleato nella lotta contro SARS-CoV-2, ma esiste un punto d’unione tra Vitamina D e Covid? A questa domanda ha risposto il dott. Domenico Tromba, Responsabile Day service Tiroide Casa della salute Siderno, consigliere dell’Ordine dei medici di Reggio Calabria, membro cda Unime, presidente Associazione Scienza e Vita e segretario Ame Calabria.
“La vitamina D – spiega il dott. Tromba in una nota – non serve solo a fissare il calcio nelle ossa, una funzione che pure è fondamentale per prevenire il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli anziani. Nella sua forma attivata, la vitamina agisce in realtà come un ormone che regola vari organi e sistemi e ha un’azione modulante nei confronti dell’infiammazione e del sistema immunitario“. Una sua carenza è stata associata a diversi tipi di malattie, dal diabete all’infarto, dall’Alzheimer all’asma o alla sclerosi multipla. “È intuitivo e naturale – prosegue l’endocrinologo – è piacevole e ancora di più adesso che è cosa rara: che stare al sole, quindi aumentare le nostre riserve di vitamina D, ci fa bene. Al punto da proteggerci anche dalle peggiori complicazioni da coronavirus, o covid-19“.
“Era già noto che la vitamina D ha innumerevoli benefici per la salute – afferma il dott. Tromba – incluso il potenziamento del sistema immunitario, e che influenza la suscettibilità del corpo alle malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla ma anche all’influenza stagionale. La vitamina D è un composto liposolubile raro negli alimenti, ma che può essere assorbito dagli integratori (anche se non è la stessa cosa). La principale e più sicura fonte naturale di vitamina D proviene tuttavia dai raggi del sole, quando colpiscono la pelle innescando la sintesi di vitamina D. Si è visto come nei giovani adulti un’esposizione al sole estivo (senza protezione solare) di circa il 25/30% della superficie corporea per 15 minuti almeno tre volte alla settimana equivale a una dose orale di 25 microngrammi (1000 UI) di vitamina D“. Quindi, le vacanze estive in mare più di 30 minuti al giorno sono di grandissima importanza per il mantenimento dei valori di vitamina D. “Uno studio, condotto dai ricercatori del Queen Elizabeth Hospital Foundation in Inghilterra – spiega l’endocrinologo – ha trovato un collegamento tra bassi livelli di mortalità per COVID-19 e buone riserve di vitamina D, quindi si può consigliare l’integrazione di vitamina D per proteggere dall’infezione da SARS-CoV-2“.
Diversi studi condotti a livello internazionale sul ruolo immunomodulatore della vitamina D, “suggeriscono che possa svolgere una funzione protettiva verso agenti infettivi, e ora uno studio condotto dall’Università di Padova mostra come la somministrazione di vitamina D in soggetti affetti da Covid-19 con comorbidità abbia potenziali effetti positivi sul decorso della malattia“.
La vitamina D “riduce il rischio di infezioni attraverso diversi meccanismi:
– l’induzione di catelicidina, proteina che frenano la replicazione virale;
– la riduzione della concentrazione di citochine pro-infiammatorie, che danneggiano il rivestimento dei polmoni predisponendo alle polmoniti;
– l’aumento della concentrazione di citochine antinfiammatorie.
Numerosi studi osservazionali e trial clinici, inoltre, indicano che la supplementazione di vitamina D riduce il rischio di influenza.
Queste le principali evidenze a supporto del ruolo della vitamina D nella prevenzione del Covid-19. Questo – conclude il dott. Tromba – ci deve fare riflettere e cercare di utilizzare l’esposizione al sole ove possibile e correggere con farmaci e integratori questa importante vitamina in caso di carenza“.