Da quando è scoppiata la pandemia da SARS-CoV-2, l’Italia è sempre stata il Paese con uno dei tassi di mortalità peggiori nel mondo. Nel mese di marzo 2021, i morti legati al Covid-19 segnalati in Italia hanno sempre oscillato tra i 300 e i 500 al giorno. Ma quanto sono affidabili questi dati?
L’Osservatorio Europeo EuroMoMo ha pubblicato i dati per la mortalità aggiornati alla settimana del 15-21 marzo. L’Osservatorio Europeo fornisce il totale dei decessi settimanali per tutta Europa, mentre per i singoli Paesi fornisce una stima, indicando una deviazione statistica dalla media storica. Per quanto riguarda il continente, il bollettino dell’Osservatorio riporta: “In generale, le stime aggregate della mortalità per tutte le cause per i Paesi della rete EuroMoMo sono ora tornate a livelli normali, dopo un periodo con un sostanziale eccesso di mortalità osservato in alcuni Paesi. Tuttavia, qualche Paese potrebbe avere ancora un certo eccesso di mortalità”.
Per quanto riguarda l’Italia, l’Osservatorio Europeo calcola l’indice di mortalità a -0,4, sotto la media. Nel relativo grafico (che riportiamo di seguito), si può notare chiaramente il picco di decessi a marzo 2020, in piena prima ondata, ma rispetto agli anni 2015-2019, l’indice non è mai sceso sotto lo 0 per questo periodo dell’anno. Ne consegue che, dal punto di vista della mortalità, in questo momento non vi è un’emergenza, in quanto i dati sono rientrati nella media, anzi adesso sono addirittura al di sotto.
Come è possibile allora che ci siano 400 morti Covid al giorno, che sarebbero almeno 12mila morti in un mese? Se fosse così, per mantenere i dati nella media, dovrebbero essere calati significativamente i decessi per altre patologie, come tumori, malattie cardiache, ecc. ma non è così.
Già a febbraio, conferme sulla mortalità rientrata nella media erano arrivate dal rapporto del Sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera (SISMG). “Complessivamente l’andamento stagionale della mortalità mostra il valore in linea con l’atteso”, si legge nel rapporto, in cui si “evidenzia l’anomalia della mortalità osservata nel 2020 rispetto alle variazioni stagionali (valori massimi nel periodo dicembre-febbraio e valori minimi nel periodo giugno-agosto), osservato nei 5 anni precedenti. Nel 2020 si sono verificati due picchi di mortalità in corrispondenza della prima fase (marzo-aprile) e della seconda ondata (ottobre-dicembre) dell’epidemia Covid-19. Il forte incremento della mortalità osservata (linea rossa) nella prima fase dell’epidemia di COVID-19, è stato seguito da una riduzione che ha riportato la mortalità in linea con i valori di riferimento (linea nera) a fine maggio. A partire dalla seconda metà di ottobre si è osservato il secondo incremento della mortalità che ha raggiunto il picco nella seconda metà del mese di novembre per poi tornare ai valori di riferimento a gennaio 2021”, spiega il rapporto.
Nell’ultimo rapporto dell’ISTAT, viene spiegato che la mortalità del 2021 nel bimestre gennaio-febbraio è stata “a livello medio nazionale di poco superiore a quella della media 2015-2019”: come evidenzia la tabella seguente, estrapolata dal rapporto, a gennaio-febbraio 2021, sono stati rilevati 126.866 decessi, contro i 125.741 decessi del periodo 2015-2019.
Viene allora spontaneo porsi delle domande sul numero di morti, nell’ordine di diverse centinaia, che ogni giorno viene riportato come legato alla pandemia da SARS-CoV-2 in Italia. Il problema, sollevato da diversi esperti già dalla prima ondata, è che vengono considerati come morti per Covid-19 tutte quelle persone che risultano positive al tampone, senza avere la certezza che il decesso sia dovuto effettivamente all’infezione o a qualche altra patologia. È anche questo uno dei fattori, insieme agli errori in termini di terapie commessi durante la prima ondata, che contribuisce a fare dell’Italia un Paese con uno dei tassi di mortalità più alti del mondo per quanto riguarda la pandemia da SARS-CoV-2.