È una delle storie di mare più celebri di tutti i tempi quella dell’ammutinamento del Bounty che avvenne il 28 aprile 1789. Si tratta di una storia di amori che si trasformarono in scandali e infine in omicidi.
Ancora oggi i discendenti degli ammutinati del Bounty che popolarono dapprima l’isola di Pitcairn e poi quella di Norfolk parlano una strana lingua mista tra il tahitiano e l’inglese, intrisa di gergo marinaresco.
La missione del Bounty
Tuttavia, l’ordine della partenza era giunto in ritardo rispetto a quanto sperato dal comandante e questo rese di fatto impossibile seguire la rotta prefissata a causa delle avverse condizioni metereologiche che avrebbero trovato sul percorso.
Bligh, nonostante ciò, tentò per 31 giorni di doppiare Capo Horn ma dovette recedere dal suo proposito e dirigersi verso Tahiti navigando infine in direzione est e passando per il Capo di Buona Speranza.
Nel corso del viaggio, a largo della Nuova Zelanda, furono avvistate le isole Bounty che il comandante chiamò così proprio in onore della sua nave.
Il viaggio fu lungo e periglioso e un membro dell’equipaggio perse la vita a causa delle cure mediche inadeguate che l’alcolizzato medico di bordo, il dottor Huggan, non fu in grado di prestargli.
Il ritardo iniziale costrinse la nave a rimanere a Tahiti per 5 mesi, tempo durante il quale gli alberi sarebbero arrivati a maturazione e trasportati più efficacemente.
In questo frangente, i contatti tra i marinari e alcuni ufficiali con la popolazione locale si fecero sempre più stretti e furono determinati anche dalla libertà sessuale delle tahitiane che sconvolse e conquistò i membri dell’equipaggio.
L’ammutinamento del Bounty
Questa si fece ancora più pressante durante il viaggio di ritorno poiché Bligh voleva ad ogni costo recuperare il ritardo accumulato all’andata. Inoltre, il numero sproporzionato di piante a bordo ridusse gli spazi vitali dell’equipaggio e il colmo venne raggiunto quando persino le razioni di acqua vennero ridotte per essere destinate ad alimentare e tenere in vita le piante a bordo.
Le condizioni di vita a bordo risultavano quindi insostenibili ed erano destinate ad accendere presto il conflitto tra l’equipaggio e gli ufficiali. La ribellione, però, probabilmente è da ricercare nel desiderio di parte dell’equipaggio di ritornare a Tahiti e in particolare dalle donne con le quali avevano intrecciato focosi rapporti d’amore che avevano portato molti proprio a sposare le tahitiane.
Alcuni membri dell’equipaggio non vollero ammutinarsi ma furono trattenuti a forza, a causa delle loro competenze specializzate indispensabili al governo della nave, e altri poiché la lancia era piena e non poteva imbarcare più uomini.
Senza possedere carte nautiche riuscirono a raggiungere, dopo 47 giorni di navigazione, la colonia olandese di Timor. La distanza percorsa in quella leggendaria impresa marittima fu di oltre 3.600 miglia nautiche (circa 6.700 chilometri) e ancora oggi rimane un record imbattuto.
Senza reali possibilità di salvezza e nonostante il parco equipaggiamento di cui Bligh e i marinai furono dotati, superando le intemperie e resistendo alla sete che mise tutti a dura prova durante quel viaggio in mare, riuscirono a tornare in Inghilterra e a denunciare l’ammutinamento.
Gli ammutinati del Bounty
L’isola, tuttavia, si trovava sulle rotte della marina britannica e il rischio di venire scoperti e tradotti agli arresti era troppo alto, quindi dopo aver fatto rifornimento e imbarcato le provviste necessarie portarono con loro le donne con le quali avevano intrapreso una relazione per spostarsi in un altro luogo.
Dapprima il Bounty si diresse verso Tubuai, dove avevano intenzione di costruire un fortino creando le basi per una nuova vita. Ma i contrasti con la popolazione di Tubuai costrinsero dopo poco tempo l’equipaggio a tornare a Tahiti.
Da qui Fletcher, con altri 8 marinai, 6 tahitiani, 18 donne e un bambino salparono un’ultima volta alla ricerca di un posto sicuro in cui nascondersi e dopo alcuni giorni sbarcarono su una piccola isola disabitata: Pitcairn, la cui posizione risultava errata sulle carte geografiche. Qui diedero alle fiamme il Bounty e si insediarono in quello che reputarono un luogo ideale in cui iniziare una nuova vita.
Gli anni seguenti furono caratterizzati da violenze e omicidi. Prima fu messa in atto una ribellione da parte degli uomini tahitiani e in un secondo momento le rappresaglie decimarono la restante popolazione.
Dopo alcuni anni, inoltre, uno dei marinai riuscì finalmente a distillare una bevanda alcolica che acuì le violenze tra gli ammutinati, i quali iniziarono ad uccidersi tra di loro. A morire in tali circostanze vi fu anche Fletcher.
Solo nel 1808, la nave americana Topaz giunse sull’isola scovando i pochi rifugiati rimasti ancora in vita e la notizia del ritrovamento degli ammutinati del Bounty si diffuse in tutto il mondo.
Nel 1825 Adams ricevette il perdono reale per morire solamente 4 anni più tardi. Nel 1856 a Pitcairn abitavano 194 persone, tutti discendenti degli ammutinati del Bounty che però non erano più in grado di sopravvivere sull’isola. Per tale motivo, il governo britannico decise di trasferirli nell’isola di Norfolk che oggi appartiene all’Australia.
Nel corso del tempo alcune famiglie tornarono a Pitcairn e sia su quest’isola che a Norfolk ancora oggi si parla uno strano linguaggio misto tra tahitiano e inglese intriso di gergo marinaresco.