Il Giappone ha deciso di rilasciare in mare l’acqua radioattiva trattata e accumulata nella centrale nucleare di Fukushima, rimasta gravemente danneggiata dopo il terremoto del marzo 2011. La decisione è stata resa nota dal premier, Yoshihide Suga, un brutto colpo per l’industria ittica locale che si era opposta al progetto.
Suga ha incontrato i membri dell’esecutivo, incluso il ministro dell’Industria Hiroshi Kajiyama, per formalizzare la decisione, che arriva a 10 anni esatti dalla catastrofe: il governo giapponese ha deciso di procedere malgrado la netta opposizione dell’opinione pubblica, dell’industria della pesca e dei rappresentanti dell’agricoltura locale.
L’operazione inizierà tra circa due anni, durante i quali l’operatore della centrale, Tokyo Electric Power, filtrerà le acque per eliminare gli isotopi nocivi e costruirà le necessarie infrastrutture. L’operatore ha raccolto circa 1,2 milioni di tonnellate di acqua in oltre mille tank sul sito.
La manutenzione giornaliera della centrale di Fukushima Daiichi genera l’equivalente di 140 tonnellate di acqua contaminata, che, nonostante venga trattata negli impianti di bonifica, continua a contenere il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Circa un migliaio di serbatoi si sono accumulati nella area adiacente all’impianto, l’equivalente di 1,25 milioni di tonnellate di liquido, e secondo il gestore della centrale, la Tokyo Electric Power, le cisterne raggiungeranno la massima capacità consentita entro l’estate del prossimo anno.
Il triplice disastro di Fukushima è stato prodotto dal terremoto magnitudo 9 e il successivo tsunami, che ha provocato il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo all’interno dei reattori, a cui seguirono esplosioni di idrogeno ed emissioni di radiazioni.