di Annamaria Lima1 e Benedetto De Vivo2 – Al ripetersi del bradisismo riprendono vigore le diverse interpretazioni scientifico-mediatiche intorno a questo fenomeno. Come ampiamente illustrato in un recente seminario organizzato dal Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse, dell’Università di Napoli “Federico II”, tenuto da A. Lima, per spiegare il bradisismo sono stati elaborati, dai vari studiosi, molti modelli che in ultima analisi sono tutti in funzione della presenza di un corpo magmatico in profondità. Le differenze interpretative sostanziali riguardano il ruolo che assume il magma. Attraverso i modelli si cerca di simulare i sistemi naturali spesso molto complessi nell’obiettivo di capire i meccanismi che li governano. Per i non addetti ai lavori non è sempre semplice comprendere l’affidabilità dei vari modelli elaborati che portati all’attenzione dei media possono anche destare preoccupazione e/o sconcerto. Per i Campi Flegrei la gran parte dei ricercatori ha elaborato modelli che spiegano il bradisismo attraverso la messa in posto, a profondità superficiali, di intrusioni magmatiche che hanno avuto origine da un sistema magmatico più profondo (> 7,5 km) come è stato rilevato da un’indagine tomografica di Zollo et al. (2008). Nell’ultimo decennio, c’è stata quasi una conversione di massa ai modelli che ipotizzano un’intrusione magmatica a livelli superficiali per spiegare il bradisismo più intenso degli ultimi tempi (1982-84) che portò a un sollevamento di quasi 180 cm. Invece solo alcuni prediligono questa teoria per gli eventi di minore entità che si sono susseguiti dal 2006, quando una nuova fase di sollevamento è iniziata e che continua a tutt’oggi ad una velocità media di circa 4cm/anno. Seppure questi modelli siano stati implementati con rigore scientifico e nei minimi particolari sono sempre delle simulazioni teoriche con assunzioni che spesso sono lontane dalla realtà geologico-strutturale, stratigrafica e di permeabilità del sottosuolo dei CF, che si conosce, con un buon dettaglio, sulla base delle numerose perforazioni – che si spingevano fino a 3,2 km di profondità – eseguite negli anni ’70 da joint venture AGIP-ENEL per indagini geotermiche. Perforazioni che non hanno mai trovato la benché minima evidenza di intrusioni magmatiche. Ci sono altri importanti punti deboli in merito all’interpretazione che invoca la presenza di intrusioni magmatiche per spiegare la fenomenologia bradisismica. Il primo è che se un’intrusione magmatica può giustificare il sollevamento, essa non spiega in nessun modo la subsidenza che costantemente segue la fase di sollevamento. Nessun tipo di magma una volta che si è intruso ha la possibilità di ritrarsi! Insomma i magmi “ballerini” non esistono…Il secondo punto invece riguarda la ciclicità del fenomeno. Come si è detto sin da epoche ben antecedenti a quella Romana, il bradisismo si presenta sempre con le stesse modalità, con la stessa deformazione del suolo, con l’area di massimo sollevamento centrata sempre nella zona di Pozzuoli e anche il volume sismogenico è sempre lo stesso. Se gli eventi bradisismici fossero dovuti a intrusioni magmatiche questa riproducibilità sarebbe molto improbabile se non impossibile. Gli studiosi che hanno firmato la pubblicazione, sintetizzata da Roberto Russo sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno di alcuni giorni fa, hanno elaborato modelli che spiegano il bradisismo con la risalita di magma accompagnato naturalmente dai fluidi, che per questo si definiscono di origine magmatica, che andrebbero ad alimentare le acque idrotermali e le fumarole dell’area della Solfatara e dei Pisciarelli ad Agnano, creando appunto nel sottosuolo una colonna di vapore alta 2000 metri. Gli stessi studiosi nell’evento del 2012-13 ipotizzarono la risalita di un’intrusione magmatica inducendo la Protezione Civile ad aumentare lo stato di allerta al livello giallo. Le equazioni utilizzate e i calcoli eseguiti da questi ricercatori sicuramente sono corretti ma dov’è allora l’inghippo? A parer nostro nel modello di partenza che ipotizza intrusioni magmatiche e in alcune assunzioni che vanno necessariamente fatte per l’applicazione dei modelli adottati.
Del resto, sin dai primi anni 2000, collaborando con ricercatori americani di chiara fama e punti di riferimento della magmatologia mondiale, abbiamo elaborato un modello che non coinvolge direttamente il magma, dando un’interpretazione assolutamente “non conformista” del fenomeno su riviste scientifiche (De Vivo e Lima, 2006, Developments in Volcanology 9, Elsevier, 289-317 ; Bodnar et al., 2007, Geology, 35(9), 791-794; Lima et al., 2009, Earth Sc. Review, 97, 44-58; Lima et al., in press) e a livello divulgativo (De Vivo et al., 2009, Le Scienze, 2009, Dic., 496, 96-103; Geo&Geo-RAI 3). Il modello da noi sviluppato (vedi figura) prevede una formazione geologico-statigrafico-strutturale a forma di anticlinale (campana) che riesce a conservare per millenni i fluidi senza sostanziali modificazioni. Senza dimenticare che la scala dei tempi umani, è ben diversa rispetto alla scala dei tempi geologici… Questi fluidi, nel nostro modello, sarebbero parte di un sistema idrotermale che evolve su tempi brevi, dell’ordine di 1-100 anni e sarebbero confinati da uno strato impermeabile. Quest’ultimo sarebbe una sorta di valvola: quando è completamente integro e chiuso, non consentendo il passaggio dei fluidi verso l’esterno, si innesca un evento di sollevamento per la pressione esercitata dai fluidi stessi (in condizione di pressione litostatica); quando la pressione litostatica, frattura il livello impermeabile sovrastante (costituito da uno spesso strato di materiale visco-elastico – riscontrato dai sondaggi AGIP-ENEL intorno alla profondità di 3 km), i fluidi passano dallo stato di pressione litostatica a idrostatica, producendo idrofratturazione (da parte dei fluidi pressurizzati) dello stato impermeabile, con conseguente incremento di attività fumarolica e liberazione di fluidi gassosi. A questo processo poi fa seguito la fase di subsidenza. Nel momento in cui lo strato impermeabile si frattura lasciando depressurizzare il sistema e favorendo la subsidenza si innescano delle reazioni di precipitazione dei composti e degli elementi trasportati in soluzione dai fluidi idrotermali, che causerebbero la chiusure delle fratture e della richiusura del sistema, pronto a caricarsi per la fase successiva di sollevamento. Il processo è del tutto simile a quello che si verifica, nella propria cucina, mettendo in cottura la pasta, con l’uso di una pentola a pressione…
Questo sistema idrotermale è comunque collegato al sistema vulcanico più profondo, che evolve su tempi lunghi dell’ordine di 103-104 anni, che fungerebbe da motoree che, secondo dati ottenuti dallo studio dei pozzi geotermici (dati in De Vivo et al., 1989; J. Volc. Geoth. Res.), è in una situazione stazionaria e in raffreddamento. Tutto il modello è stato elaborato sulla base delle conoscenze acquisite negli anni anche da altri studi e validato da calcoli termodinamici per verificare la compatibilità delle forze in gioco (vedi Bodnar et al, 2007; Lima et al., 2009). Da tali calcoli risulta che l’energia in gioco generata da questo processo è tale che se il sistema fosse rigidamente “chiuso” si giustificherebbe il sollevamento di intero territorio dei CF fino a 40 m. … e questo nel passato geologico dei CF si è verificato (vedi presenza di terrazzo marino di La Starza, a circa 40 metri al disopra di attuale livello marino).
L’aumento di sismicità con ipocentri intorno a 2,5 – 3 km, in base al nostro modello, rappresenta la zona dove avviene la fratturazione idraulica dello strato impermeabile più superficiale che trattiene i fluidi. La sismicità a livelli più profondi indicherebbe la fratturazione di uno strato rigido e impermeabile che racchiude invece il magma in lento raffreddamento (che produce la cristallizzazione procedendo dall’esterno verso l’interno della camera magmatica). Nella sostanza, nell’evoluzione di questo processo, che può durare dalle decine alle centinaia di migliaia di anni, i fluidi magmatico-idrotermali esercitano una spinta verso l’alto (e non il magma direttamente) determinando il bradisismo positivo. Quando poi la pressione interna (litostatica), vince la resistenza di 2 livelli impermeabili (quello “magmatico/cristallino” più profondo – >7,5 km – e quello più superficiale- fra 2,5 e 3 km), il sistema si frattura e si apre rispetto ai fluidi e inizia la subsidenza che dura fino a quando i fluidi depressurizzati entrano in ebollizione, depositano minerali lungo le fratture e “autosigillano” il sistema. I tremori e la sismicità di bassa magnitudo che si registrano a livelli molto superficiali spesso non sono riconducibili, in senso stretto, al fenomeno bradisismico ma a perturbazioni della falda superficiale (esempio: per apporto variabile di acqua meteorica, vedi Scafetta e Mazzarella, 2020). Va fatto rilevare che i fluidi in ebollizione causano anche tremore “vulcanico” con sismicità di bassa magnitudo.
È da rimarcare che nei CF, le eruzioni associate al sollevamento del suolo sono rare: l’unico caso documentato negli ultimi 4.000 anni è stata l’eruzione del Monte Nuovo nel 1538, e forse un piccolo evento freatico (eruzione di acque, vapori, gas e a fanghi bollenti) del 1198. Secondo il nostro modello, con il progredire del raffreddamento del magma, il guscio impermeabile migra a maggiore profondità, l’energia e la variazione di volume – associate con la generazione dei volatili – diminuiscono. La probabilità di un’eruzione nei CF oggi è, quindi, molto bassa e nel tempo essa dovrebbe ancora diminuire. Lo scenario può cambiare, e la possibilità di un evento eruttivo divenire maggiormente probabile, solo con l’arrivo di nuovo magma da maggiori profondità nella camera di alimentazione dei CF (situata a più di 7,5 km di profondità). E’ da evidenziare che allo stato non esistono evidenze che dimostrino l’arrivo di nuovo magma e che comunque studi dettagliati in altri vulcani del mondo, dimostrano che agli episodi di sollevamento del suolo non seguono di norma le eruzioni. Queste ultime sono eventi assolutamente eccezionali.
Autori: 1Annamaria Lima, Prof. Univ. Napoli Federico II; 2Benedetto De Vivo: Prof. Straordinario presso Univ. Telematica Pegaso, Napoli; e Adjunct Prof.: presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA; Nanjing Univ, Nanchino, Cina; Hubei Polytechnic Univ, Huangshi, Cina; 2019 Gold Medal Award dell’Association of Applied Geochemistry