“Io sono il perfetto esempio di radical chic, perchè dovrei averne vergogna? I veri radical chic sono persone che hanno i soldi, spesso perchè hanno alle spalle famiglie facoltose, e che cercano di arginare l’ondata di consumismo e malagrazia. Qualche volta per espiare un certo senso di colpa per essere nati ricchi. Ma radical chic non è un insulto, anzi. Non c’è niente di male nel rappresentare un’élite che coltiva la sensibilità ambientalista. Dirò di più: guardi il mio cagnolino, Robin. Un barboncino molto ecologico. Non sporca, perchè fa pezzetti piccoli, non aggredisce gli altri animali. I cani di grossa taglia sono inquinanti. I terrier o i bassotti sono fatti per la caccia“.
Fulco Pratesi, 86 anni, fondatore del WWF Italia e leader del movimento ambientalista, si racconta in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera di oggi in cui confessa di essere stato da giovane un cacciatore appassionato. “Io sono del 1934 e fino agli anni sessanta non c’era la cultura del rispetto per la natura. L’unico modo per avvicinarsi a quel mondo era quello predatorio. Quanti safari ho fatto. Poi una volta, era il 1963, mi passò accanto un’orsa con tre cuccioli. Mi commosse. Piansi e decisi di smettere con i fucili. L’ultimo animale che ho ucciso? Per errore, un anno fa, una zanzara. Non sono fastidiose, perchè ogni animale possiede un’anima terrestre, la natura sa bene quali sono i suoi equilibri. Non esistono animali più sacrificabili di altri, è questo il punto. Per esempio, i catti sono ecologici, però uccidono i topi. C’è stato un periodo in cui mi sono messo a seguire gli itinerari dei topi sul Tevere. Avevo imparato dove vanno a nascondersi, che cosa mangiano, dove dormono. Bisogna conoscerli gli animali, è questo il problema italiano perchè la riforma Gentile del 1923 ha escluso le Scienze naturali dall’insegnamento. Un errore molto grave del quale ancora oggi paghiamo le conseguenze. Da dove crede che nasca questa noncuranza davanti ad una catastrofe ecologica come quella che stiamo vivendo? Tutti conoscono Dante, ma quanti conoscono il cervo sardo, per dire? Lo abbiamo riportato noi del Wwf, come il lupo. Pensi che nel 1970 ce n’erano solo cento esemplari, adesso quasi duemila. Abbiamo fatto battaglie per l’orso abruzzese. Mi piace l’Abruzzo perchè lì vanno d’accordo con gli orsi: alcuni lasciano loro il pane, hanno anche fatto un dolce ispirato a loro. A Roma i gabbiani li ho portati io nel 1973. Mi affidarono una gabbianella ferita, la curammo e la mettemmo nello zoo. Poi lei nidificò e oggi… bè, sono tanti. A Milano ci sono i piccioni, ma l’unica specie fastidiosa, colonizzatrice e sfruttatrice di cui non si parla mai è un’altra. Siamo noi umani. Riponevo molte speranze in papa Francesco, anche perchè quel nome mi aveva colpito. Certo, lui si è espresso in favore dell’ecologia e una volta ha anche timidamente accennato al fatto che non bisogna riprodursi come conigli, però poteva dire qualcosa in più“.
La giornalista Roberta Scorranese chiede a Fulco Pratesi come vorrebbe fare per abolire i cimiteri, una sua vecchia idea. “Diciamo che sarebbe meglio smettere di farne. Soprattutto quelli enormi, magari dotati di cappelle votive grandi come palazzi. Mangiano terreno, danneggiano la natura quando il nostro corpo è destinato a scomparire. Io le ho viste le torri dei morti in India, dove secondo i riti zoroastriani lasciano divorare i cadaveri da avvoltoi e nimbi. E’ una provocazione, certo. E la volta in cui l’ho detto i cattolici mi sono saltati addosso. Ricordo un attacco feroce di Vittorio Messori. Dico solo che in Sardegna c’è una magnifica colonia di avvoltoi. Provocazioni a parte, riflettiamo su una cosa. Passiamo la vita a inquinare il pianeta con il nostro corpo, almeno pensiamo che una volta non più vivi torneremo alla terra e basta. Io e mia moglie Fabrizia abbiamo dati disposizioni per venire cremati. Le ceneri saranno disperse in campagna“.
Fulco Pratesi ha fatto l’architetto per anni: “sono orgoglioso della casa di Enrico Cuccia a Meina, sul lago Maggiore. Il direttore di Mediobanca voleva una villa molto raffinata e io avevo qualche remora ma poi, anni fa, quando capitai lì a ritirare un premio, provai a bussare. Mi aprì la vedova che mi abbracciò riconoscente. Ne ho fatte tante di case, anche quella di Filippo Carpi de’ Resmini, già presidente dell’Aci. Correvo anche con le auto sportive, una volta prendemmo parte persino ad un pezzo della Mille Miglia. Ma è stato tanti anni fa, poi mi sono messo a girare in motorino. Oggi Fabrizia ha la macchina, ma questa maledetta artrite reumatoide mi ha rovinato le mani e non guido più da tanto tempo“.
La giornalista chiede a Fulco Pratesi da quanto tempo non fa il bagno, in quanto applica alla lettera alcuni principi anti-spreco. “Da anni. La doccia poi mai. L’ho trovata in questa casa ma l’ho fatta togliere. Sa quanti litri d’acqua consumiamo ogni anno? Come mi lavo? Con la spugna sotto le ascelle e poi ovviamente faccio il bidè. Non serve consumare tanta acqua, basta lavarsi nelle parti critiche con attenzione. Una volta mi chiesero se era opportuno fare pipì sotto la doccia per risparmiare acqua, mi sembrò eccessivo“.
Nel suo salotto, Fulco Pratesi ha appeso dipinti da lui realizzati con animali da palude: “Perchè una delle battaglie più dure per noi è stata quella di togliere alla palude quella patina di disgusto che l’accompagna da secoli. Abbiamo creato le prime oasi, abbiamo ridato dignità ad animali che altrimenti venivano banditi come demoni. Pensi solo ai ratti: lei crede che se avessero una bellissima coda piumata verrebbero trattati cos’ male? mia madre ne aveva uno, si chiamava Baby Boy, lo aveva comprato in piazza Vittorio, a ROma. Stette con lei per anni, quando morì pianse a lungo. Chi ama gli animali, li ama tutti, vede. Io quando scrivo accolgo sulla mano un insetto che non saprei riconoscere, ma mi cammina lungo sulla pelle, sembra conoscerla come la sua casa. Discuto con i cacciatori da decenni, con alcuni di loro sono anche diventato amico. E, mi creda, abbiamo provato a fare delle leggi che coniugassero la caccia con l’ecologia, ma non è stato possibile. Io credo che non sia possibile uscire e sparare ad un uccellino che pesa meno dell’arma, mi dispiace. Ho praticato a lungo anche la pesca, sono stato sui pescherecci, ho risalito il fiume Congo a bordo di una imbarcazione dove, sì, si pescava. Certo, la pesca sembra meno crudele della caccia perchè non vedi l’occhio del capriolo che ti guarda spaurito, ma sempre caccia è. Tanti anni fa ho pianto per un animale, eravamo in campagna e avevamo adottato un agnellino. Un giorno lui trovò una cesta di funghi sotto al tavolo, li mangiò e morì. Versai fiumi di lacrime. Per me ogni animale ha una vita che deve essere rispettata come la mia“.