In Israele il deserto del Negev fiorisce di anemoni e antiche civiltà

Il deserto del Negev non è solo un'arida distesa nel cuore di Israele ma un multiforme paesaggio geologico che una volta l'anno fiorisce di anemoni e un tempo fu dimora delle antiche civiltà nabatee ed egizie
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Ben oltre la metà del territorio israeliano è costituito da quello che è conosciuto come deserto del Negev, che non è solo una distesa di sabbia e roccia ma anche dimora di antiche civiltà come quella dei Nabatei e degli Egizi che hanno saputo piegare l’arida terra ai dettami della civiltà.

Oggi il viaggiatore può percorrere questo territorio ed essere sorpreso da fioriture inattese, da coltivazioni rigogliose, da ruscelli che si insinuano tra canyon suggestivi e oasi di pioppi che preludono all’incontro con il Mar Rosso che avviene a Eilat, l’antico porto di re Salomone e sede di una delle più settentrionali barriere coralline del pianeta.

Il deserto del Negev

Oltre il 62% del territorio d’Israele è occupato dal deserto del Negev, ma non si tratta di una semplice distesa arida di sabbia e roccia ma di una varietà di paesaggi naturali che comprendono: vigneti, campi di fiori e coltivazioni, piscine naturali e formazioni geologiche straordinarie.

Un oceano ricopriva quello che ora conosciamo come deserto del Negev, ma nel corso di centinaia di milioni di anni le acque si ritirarono ed emerso delle alture che schiacciati divennero tre imponenti crateri, il più grande dei quali misura 40 chilometri di lunghezza, fino a 10 chilometri di ampiezza e 500 metri di profondità, si tratta del Makhtesh Ramon, generato da un fenomeno unico al mondo.

A connettere il bordo del cratere con il Mar Rosso è la strada asfaltata 40 che attraversa da Nord a Sud tutto il territorio israeliano, da qui si diramano molti sentieri che connettono i viaggiatori con i luoghi più iconici di questo deserto come le aziende agricole della strada del vino, o l’area del Negev settentrionale che una volta all’anno si ricopre di un tappeto di anemoni rossi.

Il Negev dominio dei Nabatei

La via dell’incenso era il percorso carovaniero che metteva in collegamento l’Arabia con il Mediterraneo passando attraverso Petra.

Il popolo dei Nabatei si insediò anche nel deserto del Negev, ne sono testimonianza le 4 città di Haluza, Avdat, Mamshit, Shivta. Tra il III secolo a.C. e il II secolo d.C., i Nabatei presero il controllo delle rotte carovaniere e dei commerci e perfezionarono tecniche costruttive e complessi sistemi di irrigazione che consentirono loro di terraformare un deserto arido in campi fertili adibiti a coltivazione.

Verso il confine con l’Egitto nel Shivta National Park vi è una delle più straordinarie testimonianze di questa capacità di sfruttare la natura e piegarla alle esigenze della civiltà che i Nabatei espressero attraverso un complesso sistema di raccolta delle acque pluviali, costituito da canali, dighe e piscine.
Una delle documentazioni costruttive più significative nello Shivta Nation Park è costituito dai resti della chiesa settentrionale che si è conservata durante il corso dei secoli grazie al manto sabbioso del deserto che l’ha preservata per noi fino ad oggi.

Avdat è Patrimonio dell’Unesco poiché tra le città Nabatee è quella che si è meglio conservata, si trova su una collina smussata che si trova in posizione dominante sulla distesa desertica circostante, e fu edificata da questo popolo come stazione di sosta per le carovane.

Il periodo di maggiore fioritura fu quello tra il II e il I secolo a.C., mentre il declino si abbatté sulla città durante il periodo imperiale romano, risorse quindi nel III secolo d.C. quando passò nelle mani dei Costantinopolitani. La fine definitiva giunse dapprima sottoforma di dominazione persiana e poi come evento sismico distruttivo nel VII secolo d.C..

La natura desertica del Negev

A punteggiare il deserto del Negev appaiono di tanto in tanto oasi di pioppi, alberi che riescono a sopravvivere grazie alle inondazioni periodiche grazie alle quali resistono ai lunghi periodi di siccità.

Il Wadi Zin, è un canyon solcato da un torrentello che trasporta acqua durante tutto l’anno e si insinua tra le pareti rocciose sino a giungere a una miracolosa sorgente che sorge all’ombra di pioppi, pistacchi e acacie.

Il Timna National Park si trova a circa 25 chilometri da Eilat, la città che ai tempi del biblico re Salomone era un porto che veniva usato dai mercanti per commerciare sino al Corno d’Africa e in tutta la Penisola Arabica.

Nella valle che ha la forma di un ferro di cavallo domina il monte Timna che conta 453 metri di altezza di rocce sedimentare di un fulgido rosso.

Qui si trovano formazioni rocciose dall’aspetto di funghi giganti: si tratta del risultato dell’erosione dei venti che nel corso del tempo hanno modellato le pietre del deserto conferendo loro le forme più originali come il più riconoscibile di tutti che prende proprio il nome di Fungo.

Sono state chiamate Pilastri di re Salomone, ma il luogo prende anche il nome di Valle dei Graffiti poiché si possono riconoscere disegni rupestri con raffigurazioni di attività venatoria di caccia agli struzzi e agli stambecchi ma sono evidenti anche le immagini dei carri da battaglia egizi.

Proprio gli Egizi fin dal periodo imperiale sfruttavano le miniere di rame qui presenti e di quel laborioso periodo industriale sono ancora presenti i pozzi di estrazione e i forni per la fusione del minerale.

Il rame poi diveniva nelle mani sapienti degli artigiani una moltitudine di armi, oggetti ornamentali, oggetti di culto ma anche utensili da lavoro domestici tipici del periodo risalente al XIV-XII secolo a.C.

Il tratto del Negev che si getta nelle acque del Mar Rosso viene detto deserto dell’Arava si giunge quindi a Eilat.
Oggi ad attrarre i flussi turistici in questo luogo è il mare che si concede anche al più inesperto dei visitatori grazie alle barche con il fondale trasparente, alle battute di snorkeling o scendendo a 6 metri di profondità nell’osservatorio submarino.

In Israele la barriera corallina è lunga solamente 1.200 metri ma è una delle più a Nord del mondo e annovera oltre 600 specie di pesci tropicali e 100 di coralli.

Nella Coral Beach Nature Reserve si trova il miglior punto di osservazione che consente di ammirare tra le molteplici forme di vita marina qui presenti anche le iridescenti meduse, e il velenosissimo pesce leone, dalla magnifica quanto pericolosa livrea.

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