“La valutazione probabilistica della pericolosità sismica è un approccio multidisciplinare che mira a prevedere il verificarsi di terremoti e il conseguente scuotimento del suolo. Tali valutazioni si basano sull’applicazione di uno schema probabilistico che ha l’intento di considerare l’incertezza propria del sistema Terra. Tipicamente, questo schema include almeno due classi di modelli statistici sviluppati per descrivere i fenomeni sismici: i modelli che descrivono la sorgente sismica ed i modelli che descrivono lo scuotimento del suolo. Anche se, secondo questo schema, non c’è una prescrizione scientifica per definire la scala temporale delle previsioni, le analisi probabilistiche del rischio sismico più comuni considerano finestre di previsione di 30-50 anni”. Queste analisi sono l’argomento di uno studio pubblicato su Reviews of Geophysics, dal titolo “Analisi probabilistica del pericolo sismico a scale regionali e nazionali: stato dell’arte e sfide future”.
“Anche se i metodi e i presupposti centrali della modellazione probabilistica della pericolosità sismica sono rimasti ampiamente invariati per oltre 50 anni”, in questo studio, gli esperti riesaminano “le più recenti iniziative, che affrontano il difficile compito di soddisfare sia le richieste della società sempre più sofisticate che di mantenere il passo con i progressi della ricerca scientifica”, si legge nello studio.
“La necessità di fornire stime della pericolosità più accurate e spazialmente più precise deve essere bilanciato da una migliore quantificazione dell’incertezza e con nuove sfide, come il passaggio dalla pericolosità indipendente dal tempo alle previsioni dipendenti dal tempo, ossia specifiche per l’intervallo temporale di interesse. Affrontare queste sfide richiede lo sviluppo di modelli scientificamente fondati, che integrino tutte le informazioni disponibili, e l’utilizzo di modelli matematici adeguati per quantificare i diversi tipi di incertezza , oltre allo sviluppo di un’adeguata fase di test del modello per verificare la sua capacità predittiva”. Nello studio, gli esperti sostengono di aver riesaminato “lo stato dell’arte della Modellazione della Pericolosità Sismica Nazionale (NSHM) e come gli approcci più innovativi cerchino di affrontare le sfide future”.
Per quanto riguarda l’Italia, gli esperti scrivono che “nel 2015, il Centro di pericolosità sismica (CPS) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è stato incaricato dal Dipartimento di Protezione Civile (DPC) di coordinare la comunità scientifica nazionale verso lo sviluppo di un nuovo modello di pericolosità sismica di riferimento, che potrebbe essere considerato per rivedere le norme edilizie basate sul precedente modello MPS04. Come primo passo, i rappresentati del CPS e del DPC hanno fissato alcuni vincoli chiave, che possono essere riassunti come segue: (i) l’utilizzo di metodologie standard secondo lo stato dell’arte internazionale nell’analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA); (ii) l’utilizzo di procedure aperte e trasparenti che garantiscano risultati riproducibili; (iii) l’utilizzo di formati che devono essere negoziati con i decisori politici; (iv) il coinvolgimento più ampio possibile della comunità scientifica italiana nella proposta di dati, modelli e approcci; (v) un’esplorazione e una rappresentazione coerente dell’incertezza epistemica nel modello della pericolosità sismica; (vi) l’implementazione di una solida fase di test; e (vii) il ricorso ad una sessione di elicitazione con esperti indipendenti nazionali e internazionali per valutare l’affidabilità di ciascun componente del modello di pericolosità sismica”, si legge nello studio.
“La definizione finale del modello di pericolosità, indicato come MPS19, è stata sottoposta ad un processo di revisione partecipativo di una commissione di valutazione nominata dalla Protezione Civile. A seguito del processo di revisione, la Commissione Nazionale dei Grandi Rischi ha accettato la valutazione finale della commissione di valutazione sulla qualità scientifica di MPS19”, scrivono gli esperti.
“Il modello MPS19 si basa sull’analisi probabilistica della pericolosità sismica (PSHA), cioè descrive in modo probabilistico varie misure dell’intensità del moto del suolo atteso sul territorio italiano“, sottolineano gli autori di un articolo pubblicato su Annals of Geophysics dal titolo “Il nuovo modello di pericolosità sismica italiano (MPS19)”. Tra le novità introdotte, vi è “MPS19cluster”, ossia un tentativo di correggere il classico modello PSHA per tenere conto delle eventuali scosse premonitrici e repliche, che sono state rimosse dal catalogo mediante la tecnica di declustering. Infatti fra gli aspetti critici emersi nel corso dello sviluppo del modello MPS19, gli autori inseriscono quanto segue: “Uno dei presupposti di base nell’analisi PSHA è che la sismicità sia stazionaria e che i terremoti siano indipendenti nel tempo, una volta che il clustering a breve termine (ad esempio le repliche) è stato rimosso mediante il declustering. In altre parole, la dipendenza dal tempo non è inclusa in questo tipo di modellazione. Crediamo che in futuro saranno necessari più sforzi per verificare questo presupposto”.
Va ricordato tuttavia che il nuovo modello di pericolosità sismica MPS19 non è l’unico modello disponibile per il territorio italiano. Da oltre due decenni, infatti, sono disponibili anche le mappe neo-deterministiche (NDSHA), che si basano su modelli fisici di generazione e di propagazione delle onde sismiche, anziché su modelli empirici probabilistici. Tali mappe, al contrario di quelle PSHA, sono state validate dall’attività sismica di questo millennio.
La nuova mappa MPS19, in particolare quella che descrive lo scuotimento del suolo con una probabilità di superamento del 2% in 50 anni, ossia la nuova mappa probabilistica ricolorata è fornita all’inizio nell’articolo. Rispetto al modello precedente (Figura 2a), indicato come MPS04, molte aree risultano apparentemente più pericolose. Per facilitare il confronto, la scala dei colori in Figura 2b) è la stessa usata per le mappe neo-deterministiche: ogni intervallo corrisponde ad un grado di intensità macrosismica. Questo non vuol dire che è aumentata la pericolosità sismica delle aree, ma che è solamente cambiato il modo di rappresentarla. Nel modello precedente (Fig. 2a), per esempio, alcuni colori potevano dare un senso di falsa sicurezza: basti pensare al terremoto del 2012 in Emilia, avvenuto in una zona che, essendo rappresentata in verde, ha potuto indurre qualcuno a pensare che in quell’area la pericolosità fosse bassa e quindi il modello fosse sbagliato. La stessa zona è invece rappresentata in rosso nella carta NDSHA come evidente nell’articolo “Improving Earthquake Hazard Assessments in Italy: An Alternative to “Texas Sharpshooting” apparso in Eos, Vol. 93, No. 51, 18 December 2012.
Tutto ciò richiama alla mente i contenuti dell’articolo “Seismic Design Value Maps: Past, Present and Future” pubblicato dalla rivista STRUCTURE, marzo 2016, pp. 14-17, http://www.structuremag.org/wp-content/uploads/2016/02/C- CS-Hamburger-Mar161, contenuti che possono essere brevemente così riassunti: “Notando la fluttuazione nei valori di progettazione specificati nelle successive edizioni del codice antisismico, gli ingegneri strutturali [anche negli USA] hanno espresso incredulità nella validità della scienza su cui si basano le mappe probabilistiche e insoddisfazione per la continua evoluzione dei requisiti di progettazione degli edifici. Inoltre, poiché la definizione delle mappe è diventata sempre più complessa, i progettisti non comprendono lo scopo delle mappe e di ciò che rappresentano. È importante sottolineare che le mappe forniscono i valori di progettazione una precisione che è inappropriata, data la sostanziale incertezza nei valori rappresentati.”
Delle due mappe messe a confronto nella Figura 2, quella di sinistra è il modello MPS04. La mappa a destra, invece, è ottenuta ricolorando la mappa del modello MPS04 secondo i criteri di risoluzione della mappa neo-deterministica.
In sostanza, come si intuisce confrontando la Figura 1 e la Figura 2b, ora l’Italia sta indirizzando la mappa di pericolosità sismica nazionale, ancora basata sul metodo PSHA, verso le colorazioni del metodo neo-deterministico. In generale, “l’approccio neo-deterministico fornisce valori più elevati rispetto a quelli dell’approccio PSHA nelle aree in cui sono osservati forti terremoti e nelle aree identificate come inclini a grandi terremoti, mentre fornisce valori più bassi di PSHA nelle aree a bassa sismicità” si legge in uno studio pubblicato su Pure and Applied Geophysics dal titolo “Analisi deterministica e probabilistica del rischio sismico: un confronto sul territorio italiano”. Queste differenze suggeriscono che l’adozione dell’approccio NDSHA può consentire una stima più robusta ed affidabile della pericolosità sismica, superando i limiti dimostrati dell’approccio PSHA, soprattutto per quelle aree caratterizzate da una prolungata quiescenza (per esempio in siti tettonicamente attivi dove in tempi storici si sono verificati solo eventi di dimensioni contenute), dove i modelli di probabilità sono poco vincolati.
L’adozione del metodo NDSHA, che si basa sulla modellazione di un gran numero di sismogrammi sintetici realistici generati mediante simulazione del meccanismo di sorgente e della propagazione, fra l’altro è coerente con il paragrafo 3.2.3.6 delle attuali Norme Tecniche (NTC2018, http://ntc.archliving.it/2019/02/18/capitolo-3-azioni-sulle-costruzioni/#art32), che recita “L’uso di storie temporali del moto del terreno generate mediante simulazione del meccanismo di sorgente e della propagazione è ammesso a condizione che siano adeguatamente giustificate le ipotesi relative alle caratteristiche sismogenetiche della sorgente e del mezzo di propagazione e che, negli intervalli di periodo sopraindicati, l’ordinata spettrale media non presenti uno scarto in difetto superiore al 20% rispetto alla corrispondente componente dello spettro elastico.”