Al CERN di Ginevra si apre una nuova frontiera nella ricerca della materia oscura e nello studio dei neutrini. Un nuovo esperimento opererà sul più grande e potente acceleratore di particelle al mondo. Il Research Board del CERN ha approvato, infatti, il nono esperimento che utilizzerà il Large Hadron Collider: SND@LHC, ovvero Scattering and Neutrino Detector at the LHC, il nuovo rilevatore di particelle SND.
Progettato per rivelare e studiare i neutrini, SND@LHC sarà posizionato a 480m dal punto di collisione dell’esperimento ATLAS, ad angolo molto piccolo rispetto alla direzione di incidenza dei fasci. L’installazione avverrà nel corso del 2021 in un tunnel sotterraneo che collega LHC al Super Proton Synchrotron, e comincerà a registrare dati nel 2022 quando LHC ripartirà.
L’esperimento SND@LHC coinvolge un gruppo di 180 scienziati di 20 Istituti in 10 Paesi dall’Asia all’America coordinati dal professore Giovanni De Lellis, fisico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e associato INFN. Al progetto collaborano le Università di Bari, Bologna e Napoli e le corrispondenti sezioni INFN.
“L’esperimento aprirà una nuova frontiera nello studio dei neutrini e nella ricerca di materia oscura – commenta il professore Giovanni De Lellis, responsabile internazionale del gruppo di ricercatori -. E siccome una buona parte dei neutrini è originata dai decadimenti di quark pesanti, i neutrini costituiscono un modo unico per studiare la produzione di questi quark, altrimenti inaccessibile“.
SND@LHC è un apparato sperimentale molto compatto, di circa 2 m3 di volume, che ha l’ambizioso obiettivo di concentrare in un volume così compatto le apparecchiature che consentono di effettuare tutte le misure necessarie a identificare i neutrini e a studiarne le loro proprietà.
Ipotizzati dal fisico austriaco Wolfgang Pauli nel 1930 e osservati per la prima volta nel 1956, i neutrini, tra le particelle elementari più enigmatiche dell’Universo, sono studiati utilizzando sia sorgenti naturali che artificiali, come gli acceleratori. SND@LHC misurerà neutrini di energia mai raggiunta prima prodotti per la prima volta da un collisionatore di particelle, ovvero un acceleratore che fa scontrare due fasci di particelle, aprendo così una nuova frontiera nella fisica del neutrino.
“L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare fornisce un contributo determinante alla realizzazione dei rivelatori delle particelle prodotte nell’interazione dei neutrini e allo sviluppo dei sistemi di analisi dei dati che verranno acquisiti nei prossimi anni. Questo progetto apre un nuovo filone di ricerca a cui contribuiscono ricercatori che hanno esperienze e formazione diversa, creando una sinergia particolarmente proficua”, sottolinea il professore De Lellis.
Inoltre, SND@LHC ricercherà anche nuove particelle, molto debolmente interagenti con la materia che non sono previste dal Modello Standard delle particelle e dei campi e che potrebbero costituire la cosiddetta materia oscura dell’Universo. L’apparato SND, infatti, consta di una regione cosiddetta del bersaglio dove i neutrini interagiscono nel materiale di tungsteno e rivelatori traccianti di risoluzione micrometrica ricostruiscono il vertice dell’interazione. Tale regione è seguita da un calorimetro che misura l’energia dei neutrini e da un sistema di identificazione dei muoni. L’apparato è in grado di misurare anche il tempo che intercorre tra la produzione e l’interazione dei neutrini, distante circa 480m, distinguendoli così da eventuali nuove particelle di massa più grande che viaggerebbero più lentamente.