La collaborazione dell’esperimento satellitare DAMPE (DArk Matter Particle Explorer), dedicato allo studio della materia oscura nello spazio, che vede un importante contributo dell’INFN, ha misurato con un’accuratezza senza precedenti il flusso di nuclei di elio nei raggi cosmici fino ad altissime energie (80 TeV). Il risultato, che aumenta la precisione delle misure analoghe effettuate nel passato da altre missioni spaziali, è stato pubblicato ieri sulla rivista Physical Review Letters (PRL). Grazie alla grande superficie di rivelazione di cui è dotato e all’intervallo di energia che è in grado di esplorare, DAMPE ha raccolto un elevato numero di nuclei di elio fino ad altissime energie, osservando un andamento inatteso del loro spettro energetico. Oltre a confermare un’attenuazione nella diminuzione del flusso all’aumentare dell’energia intorno al TeV, i dati raccolti dal rivelatore hanno infatti messo in evidenza per la prima volta una più rapida diminuzione (“softening”) del flusso a energie di 34 TeV, pari a circa 34.000 volte l’energia corrispondente alla massa a riposo di un protone.
Il risultato, ottenuto analizzando l’intero set di dati acquisiti da DAMPE fino alla metà del 2020, potrà contribuire a elaborare modelli teorici più accurati per la descrizione delle sorgenti di raggi cosmici e dei meccanismi di diffusione di questi ultimi nel mezzo interstellare. “Questa nuova caratteristica nello spettro di energia dell’elio nei raggi cosmici, combinata con l’analoga struttura già osservata da DAMPE per i protoni a circa 14 TeV, sembra indicare una dipendenza del “softening” dalla carica piuttosto che dalla massa del nucleo, anche se quest’ultima dipendenza non può essere esclusa del tutto. Ciò che invece si può asserire con certezza è che le caratteristiche evidenziate da DAMPE negli spettri energetici di protoni ed elio hanno importanti implicazioni per i modelli sull’origine e l’accelerazione dei raggi cosmici galattici”, come spiega Margherita Di Santo, componente della collaborazione DAMPE, attualmente post-doc al GSSI, autrice di una tesi di dottorato presso l’Università del Salento che ha riguardato proprio l‘analisi dei dati di DAMPE per la misura del flusso dell’elio nei raggi cosmici.
A più di 100 anni dalla scoperta dei raggi cosmici, sono ancora molte le domande senza una risposta esaustiva sulla loro origine, sui meccanismi di accelerazione fino alle energie più elevate e sulla propagazione nella Galassia e nello spazio intergalattico. “Lo studio della composizione della radiazione cosmica, cioè dell’abbondanza dei diversi nuclei che la compongono, dai protoni fino ai nuclei più pesanti, e dei loro spettri energetici, può rivelarsi estremamente utile per far luce su questi fenomeni”, spiega Antonio Surdo, ricercatore dell’INFN di Lecce e membro della collaborazione DAMPE, che è stato tutor della Dottoressa Di Santo nel suo lavoro di tesi. “L’esperimento DAMPE è in grado di misurare la carica e l’energia dei singoli nuclei, anche oltre il ferro, con una precisione ed un’abbondanza di dati finora mai raggiunte. Le energie esplorate si avvicinano alle energie accessibili agli apparati di rivelazione posti sulla superficie terrestre ad alta quota. Pertanto, queste misure forniscono informazioni uniche per far luce sulla complessa fenomenologia dei raggi cosmici e sulle sorgenti galattiche.”
Lo scopo di DAMPE, lanciato in orbita nel dicembre 2015 dall’Agenzia spaziale cinese, è cercare la sfuggente materia oscura, studiando le particelle di alta energia di origine astrofisica, in particolare il flusso dei raggi cosmici che investono incessantemente il nostro pianeta. DAMPE è anche in grado di fare astronomia-gamma, cioè di studiare le sorgenti di raggi gamma galattiche ed extragalattiche, distinguendo i fotoni cosmici dalle particelle cariche e misurandone la direzione di arrivo e l’energia con grande precisione. Misure fondamentali nella ricerca di particelle che possono essere generate dalla materia oscura che si ipotizza pervada tutta la galassia.
L’esperimento è frutto di una collaborazione internazionale tra l’INFN, con le sezioni di Perugia, Bari, Lecce e il gruppo collegato dell’Aquila, la Chinese Academy of Sciences (CAS), le Università di Perugia, Bari e del Salento, il Gran Sasso Science Institute e l’Università di Ginevra. Nella collaborazione DAMPE operano oltre 100 tra scienziati, dottorandi e tecnici.
Il contributo italiano
Uno dei componenti chiave del DAMPE è il cosiddetto tracciatore, il cui compito è ricostruire la direzione di arrivo dei raggi cosmici. Costituito da strisce di silicio e fogli di tungsteno, il tracciatore è stato realizzato in Italia con il coordinamento dell’INFN di Perugia. L’esperimento ha un peso di 1.400 kg mentre tutto il satellite pesa circa 1.900 kg. Un altro importante componente è il calorimetro a cristalli di germanato di bismuto (BGO), che ha il compito di misurare l’energia dei raggi cosmici ed è stato realizzato con una tecnologia che consente di ottenere una risoluzione migliore rispetto a tutti gli altri esperimenti nello spazio. L’apparato ha nella parte superiore due strati di scintillatori plastici che emettono luce al passaggio delle particelle consentendo di misurarne con elevata precisione la carica elettrica. Nella parte inferiore è posto un rivelatore di neutroni che migliora la capacità dell’esperimento nel distinguere eventi dovuti all’arrivo di fotoni ed elettroni, da quelli dovuti all’interazione di protoni e nuclei. Il contributo italiano alla realizzazione e alla conduzione dell’esperimento è stato determinante. Gli scienziati italiani hanno collaborato con i colleghi cinesi e svizzeri nella progettazione, costruzione e messa a punto dell’apparato, hanno coordinato i test dei rivelatori sia in laboratorio sia su fasci di protoni, elettroni e ioni presso gli acceleratori del CERN a Ginevra (che test sono stati fatti in laboratorio? Anche quelli con acceleratori sono test in laboratorio), hanno contribuito alla scrittura dei software di analisi e di simulazione e sono impegnati nell’analisi dei dati e nell’interpretazione dei risultati.